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Diciamolo: l’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti è stata una follia

basilicata, ballottaggi

Occorre punire tutti i reati, in particolare quelli particolarmente odiosi che sanno di corruzione, concussione e così via, cioè tutte quelle condotte che alterano il fisiologico comportamento delle amministrazioni dello Stato in favore di questo o quello.

Occorre moralizzare i comportamenti pubblici, indirizzandoli verso sobrietà e compostezza (nelle intercettazioni in voga in questi giorni leggiamo ben altro invece), perché la democrazia moderna deve essere innanzitutto stile.

Occorre agire sulla macchina burocratica, perché nelle sue infinite lentezze e defatiganti procedure s’insinua come un veleno a lenta penetrazione il morbo del malaffare, del comportamento in favore di qualcuno.

Però, quando avremo finito di appassionarci a cene più o meno ufficialmente organizzate dal M5S, quando avremo cessato di incuriosirci del fatto se Casaleggio e Lanzalone erano oppure no allo stesso tavolo, quando avremo spulciato tutte le richieste di biglietti per una partita della Roma pervenute al Parnasi, ci resterà una domanda enorme, incombente, brutale.

Come intende la Repubblica Italiana finanziare la politica?

Vuole continuare sulla demenziale strada imboccata negli ultimi dieci anni, quella cioè di eliminare ogni pubblico finanziamento, o intende rinsavire, prendendo magari spunto da quanto fanno Francia, Spagna e Germania, cioè i più importanti Paesi UE oltre il nostro?

Già perché nessuno dice che siamo l’unica nazionale continentale che ha scelto questa linea, portatrice di guai che iniziano a vedersi con plastica evidenza.

Si prenda l’inchiesta oggi sotto gli di tutti.

Il gruppo Parnasi finanzia una associazione vicina alla Lega e una fondazione vicina al PD.

Tutto ciò è anche effetto della linea scelta dal Parlamento, spronato in tal senso dal combinato disposto di due fattori, cioè l’emergere negli anni passati di casi tutt’altro che edificanti e del bombardamento grillino contro il Palazzo.

Lo stesso M5S però, giunto al potere, inizia a fare i conti con la complessità della stanza dei bottoni, di cui la Via Crucis del sindaco Raggi (da Marra a Lanzalone) è prova evidente.

Governare è arte difficile, servono professionisti attrezzati e dai nervi saldi, perché completare procedure amministrative e ben altra cosa che vergare comunicati stampa.

E allora si torna a bomba alla nostra domanda: vogliamo un sistema politico capace di reggersi sulle sue gambe o lo vogliamo sempre alla mercé di questa o quella elargizione?

Abbiamo scelto la seconda strada, ma non pare foriera di buoni risultati, nemmeno per quelli che l’hanno sbandierata per anni nelle piazze e sui social network (grillini in testa).

Ridiamo dignità alla politica, finanziandola in modo ragionevole ma punendo in modo devastante chi non rispetta le regole (il primo ministro spagnolo ha appena perso la poltrona proprio per un caso di questo genere, legato alla gestione finanziaria del suo partito).

Smettiamola però di prenderci in giro, perché è esattamente questo stiamo facendo.

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