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Nuovo purgatorio o salvezza? Il dilemma del nuovo governo nell’analisi di Polillo

Come cambierà la politica italiana dopo il giuramento del governo Conte? Su questo interrogativo si arrovellano le penne più appuntite del giornalismo italiano e non solo. Del resto il gioco vale la candela. Tentare di decifrare il futuro dell’Italia è tutt’altro che un esercizio accademico. A seconda di come andrà potremmo avere un nuovo “purgatorio” – termine usato da Antonio Fazio, governatore della Banca d’Italia – all’indomani della nascita dell’euro. Oppure un inizio di salvezza.

Una scuola di pensiero mostra lo scetticismo più profondo. Il populismo non é un cibo per i palati più fini. Gli si rimprovera l’eccessiva rozzezza, la ruvidità dei toni, un profilo programmatico quanto mai incerto e contraddittorio. Il tutto nel ricordo del bel tempo andato. Che porta ad imaginare una sorta di riedizione del “fronte popolare” tenendo, tuttavia, le porte ben serrate nei confronti della creatura – Forza Italia – di Silvio Berlusconi. Rispetto al quale le pregiudiziali restano anche nel momento del bisogno.

Non sapremo dire che prospettiva abbia una simile proposta. Ma non abbiamo visto Matteo Renzi partecipare alle manifestazioni indette a favore della Repubblica e del tricolore. Comunque le preoccupazioni sono legittime. Sono anche condivisibili? Hanno, in altre parole un retroterra analitico in grado di supportarle? Il tentativo più sofisticato è stato quello di Angelo Panebianco sulle pagine del Corriere della sera. Con l’obiettivo di individuare uno schema teorico all’interno del quale collocare i primi vagiti di quella Terza Repubblica, tanto vagheggiata da Luigi Di Maio.

Le analogie trovate riguardano soprattutto le varie esperienze sud americane: dall’Argentina al Venezuela. Non proprio un buon viatico. É un accostamento possibile? Non ne siamo convinti. Le strutture economiche e sociali di quei Paesi sono troppo diverse, rispetto all’Italia. Paesi ancora non del tutto usciti dal vecchio limbo del Terzo Mondo. Caratterizzati da una debole industrializzazione, dalla presenza di una borghesia compradora, spesso al servizio delle grandi multinazionali, e dalle sconfinate favelas. Le loro principali risorse sono quelle naturali – il petrolio del Venezuela – sul cui sfruttamento sono state costruite economie monoculturali. L’esatto opposto di quanto avviene in Italia, con quel reticolo di piccole e medie imprese capaci di reggere alla concorrenza dei grandi player internazionali.

Se questa spiegazione non convince é necessario tornare agli aspetti più specifici della recente storia nazionale. Se l’Italia non é mai uscita da guado, la spiegazione sta nella persistenza di un consociativismo che ha operato solo in negativo. Le due principali forze antagoniste – il centro destra ed il centro sinistra – hanno subito una sorta di reciproco assedio. Nessuna delle due é riuscita a realizzare quel programma con cui si erano presentati di fronte ai propri elettori. Al tempo stesso l’alternanza, che pure si é realizzata, altro non é stato che un ricominciare sempre da capo. Dopo aver disfatto quello che il precedente governo aveva semplicemente abbozzato.

La fisica insegna che due forze contrapposte, aventi più o meno la stessa potenza, genera l’immobilismo. Si spiegano così i magri risultati lungo la rotta della modernizzazione del Paese. Un’inerzia relativa, che ha sguarnito le sue difese di fronte ad avvenimenti incontrollabili come la crisi del 2009. Sono quindi queste le cause lontane, il peccato originale che ha generato i risultati elettorali del 4 marzo. Un muro che é definitivamente crollato a causa delle debolezze delle sue fondamenta. In un momento in cui gli stessi numi tutelari del precedente equilibrio,vale a dire il Partito popolare europeo ed i socialisti, a loro volta indeboliti, non sono più riusciti a garantire la necessaria rete di protezione.

Era auspicabile che i risultati elettorali avessero consacrato un vincitore. Ma così non é stato. I due migliori perdenti, dopo tanti affanni, sono stati costretti a formare un governo, con un programma che é la contraddittoria sommatoria delle rispettive promesse elettorali. Un equilibrio stabile? In questo caso Angelo Panebianco ha perfettamente ragione. Al di là di qualsiasi considerazione filosofica, il Paese non possiede le risorse necessarie alla bisogna. Quelle contraddizioni, superate sul piano volontaristico, torneranno, quindi, a mordere. Difficile prevedere come o quando. Ma prima o poi sarà il momento della verità. Capace di portare indietro le lancette dell’orologio? Non facciamoci illusione. Siamo entrati in una nuova fase della vita politica italiana. Ed il futuro non consente ritorni al passato.

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