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Frau Angela motori e guai. Ecco come Audi fa traballare ancora Berlino

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I tedeschi la sanno lunga. Ma non così lunga da riuscire a mettersi al riparo dalle bufere che, ormai con una certa frequenza, colpiscono la loro economia. Certo, nei decenni Berlino ha dato prova di sapersi rialzare alla svelta dopo rovinose cadute. Due sconfitte mondiali, l’esperienza del comunismo, la riunificazione dopo la caduta del muro. E oggi, prima economia dell’Ue. Ma non basta. I guai teutonici sono ancora tanti e, peggio, abbracciano grosse fette di industria: le banche e le auto per esempio. Il caso Audi, sta lì a dimostrarlo.

Tre settimane fa a mettere apprensione ad Angela Merkel erano le gambe molli di Deutsche Bank (qui l’approfondimento sulla banca tedesca), alle prese con una massiccia ristrutturazione resasi obbligatoria dopo anni di bilanci gonfiati da operazioni a dir poco disinvolte. Oggi invece è arrivata la mazzata sulla prima casa automobilista tedesca (e del mondo), proprio nel giorno dell’atteso vertice tra il premier Giuseppe Conte e la cancelliera.

Il ceo di Audi (controllata Volkswagen), Rupert Stadler, è stato fermato dalle autorità tedesche nell’ambito dell’inchiesta sul dieselgate, lo scandalo sulla falsificazione delle emissioni di vetture munite di motore diesel. Secondo quanto comunicato dai magistrati, l’arresto è motivato dal rischio di occultamento delle prove. Stadler è accusato di frode, dichiarazioni false e omissioni. Soltanto una settimana fa la procura di Monaco II aveva disposto perquisizioni nelle abitazioni private e negli uffici personali del manager e di un altro membro del board.

Crollo del titolo in Borsa a Francoforte a parte (-3,6% a metà seduta), non proprio una buona notizia per il costruttore di Wolfsburg, al quale lo scandalo dieselgate è costato finora più di 27 miliardi di dollari tra richiami di veicoli, procedimenti giudiziari in oltre 50 Paesi del mondo e sanzioni. L’ultimo salasso, di 1 miliardo, decisa dalla procura di Stato di Braunschweig e che Volkswagen ha accettato di pagare, riconoscendo di fatto le sue responsabilità.

E così in Germania la pattuglia di manager sotto inchiesta un tempo a capo dell’industria automobilistica si infoltisce anche del manager Audi. Ad oggi nell’ambito del dieselgate sono indagati l’ex amministratore delegato di Volkswagen, Martin Winterkorn, e il suo successore Martin Muller, oltre che l’attuale capo del consiglio di sorveglianza del gruppo, Hans Dieter Poetsch, e l’attuale ceo di Volkswagen, Herbert Diess.

Ora, come leggere tutto questo? Il dieselgate ha creato non pochi problemi ai rapporti tra Italia e Germania. Un esempio, la combinazione di colpi scambiati tra Roma e Berlino nel gennaio del 2017 quando le autorità americane accesero un faro su Fca, accusata di aver perpetrato presunte scorrettezze nell’ambito delle emissioni diesel. In quell’occasione, il dieselgate in Germania era esploso già da due anni, ministro dei Trasporti tedesco Alexander Dobrindt non esitò a sparare cannonate contro l’Italia e il gruppo degli Agnelli, chiedendo all’Europa di obbligare Fca a un immediato ritiro di grossi stock di auto. La risposta italiana non si fece attendere: “Pensate a Volkswagen” dissero gli allora ministri Carlo Calenda e Graziano Delrio.

Detto e (quasi) fatto visto che la Germania è tornata a distanza di un anno e cinque mesi a rivivere l’incubo del dieselgate. Adesso l’industria teutonica delle quattro ruote traballa davvero, non c’è più da scherzarci. Se il gruppo tedesco dovesse fronteggiare nuove multe, al netto dei risarcimenti, ci potrebbe essere qualche problema di liquidità.

Di sicuro il Movimento Cinque Stelle se ne guarda bene dallo starsene zitto e buono dinnanzi ai grossi guai industriali tedeschi. “L’arresto dell’amministratore delegato dell’Audi”, ha attaccato l’eurodeputata grillina Eleonora Livi, getta una ombra inquietante sul sistema automobilistico tedesco. Questa vicenda giudiziaria si somma alla multa di 1 miliardo di euro inflitta settimana scorsa a Volkswagen, sempre per lo scandalo dieselgate. Tutte le case automobilistiche, non solo quelle tedesche, devono chiarire una volta per tutte la loro posizione e rimediare a errori e frodi verso gli automobilisti. Con lo scandalo dieselgate è stata messa a repentaglio la salute dei cittadini e questo non è accettabile”.

 

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