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Ripartire dal Libro bianco. Il generale Arpino scrive al ministro Trenta

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Primo auspicio è che il nuovo ministro della Difesa recepisca il lavoro finora fatto per la riforma delle Forze armate e del sistema-difesa nazionale. Purtroppo il Libro bianco, dopo una gestazione inspiegabilmente lunga in fase di predisposizione, è andato avanti a sbalzi, con il solo passaggio parlamentare di un disegno di legge delega in una Commissione. Le deleghe previste invece sono molte, tutte importanti per il successo complessivo dell’operazione. Per fare le cose in modo ordinato appare opportuno ripartire da qui, sia pure cogliendo l’occasione per qualche ripensamento su alcuni punti che, trascorsi oltre tre anni dalla prima stesura, potrebbe essere assai opportuno rivedere.

In particolare, nel settore della governance (Capitolo VII), l’accentramento di un eccessivo numero di attività necessarie al processo decisionale politico a livello di Gabinetto del ministro – almeno in termini di conseguenze pratiche – alla luce di precedenti esperienze non sembrerebbe un elemento che ben rappresenti il massimo dell’efficienza e della snellezza. Come si sa, ogni organo ha una naturale tendenza a proliferare, ingrandendosi. Il rischio è che in pochi anni il ministro si trovi con un “gabinetto-mostro” e inutili sovrapposizioni con lo Stato maggiore. Ciò va evitato. Se è vero che il primo consigliere militare del ministro, in frequente rapporto, è il capo di Stato maggiore della Difesa, allo stesso modo ogni cosa può essere snellita con un appropriato rapporto tra il capo di gabinetto e il sottocapo di Smd, e dei capi ufficio del Gabinetto con i corrispondenti capi reparto di Smd. Come già avviene con il segretariato generale della Difesa. Esperienza sperimentata, che, lo possiamo assicurare con cognizione di causa, può funzionare assai bene, senza mettere mano alla struttura.

In altre parole, si tratta solamente di trovare il tempo, la volontà e il coraggio di portare a compimento la “Riforma Andreatta” del 1997. Poi, occorre che vengano recepite le nuove possibilità offerte dal contesto europeo per l’industria, in termini di ricerca applicata all’ammodernamento della produzione. Il rischio è che al nostro Paese rimangano le briciole rispetto a uno schiacciasassi come il rinnovato asse pigliatutto franco-tedesco, nonostante il ruolo promotore dell’Italia nel rilancio di molte iniziative. Settori della nostra industria duale, specie in Difesa e Spazio, mantengono tuttora capacità di primo piano, che vanno tenute in debito conto anche nel quadro del mini-asse franco-italiano attualmente in discussione con il nome di “accordi del Quirinale”. Occorre vigilare, perché va evitato di non cogliere, per ottusa carenza di finanziamenti, le possibilità del Fondo europeo per la Difesa (Edf).

In sintesi, a nostro avviso le priorità per il nuovo inquilino del “Pentagono” di via XX Settembre sono tre: il completamento (ministeriale e parlamentare) delle azioni sul Libro bianco, un ruolo proattivo (operativo e di pensiero) a livello Nato ed europeo e un mirato finanziamento del settore, per poter dignitosamente partecipare ai programmi continentali. Servono volontà e risorse, due aspetti su cui pende ancora qualche incognita. Il 2 giugno abbiamo avvertito nell’aria una sorta di rinnovato entusiasmo. I buoni propositi nel “contratto” sono molti. Ora è necessario ordinarli per priorità, rifinirli se occorre e trasformarli poi in programmi fattibili. Diamo per certo che, almeno nel settore della difesa, ci sia un’esperienza più che sufficiente per procedere.

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