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Ospedali, istruzione e strade. Ecco da dove deve partire Salvini in Libia

Libia

Nell’imminente visita in Libia il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, non parlerà solo di immigrazione e di lotta al terrorismo, ma anche di economia, infrastrutture, ospedali. L’ha spiegato in un paio di colloqui con il Messaggero e il Giornale lasciando intendere di voler rinsaldare i rapporti con il governo di Fayez al Serraj (riconosciuto dall’Onu) e insistendo anche sul ruolo della Guardia costiera libica, che forse avrebbe bisogno di qualche mezzo in più. È molto probabile che quello in preparazione sarà solo il primo di una lunga serie di contatti che il nuovo governo dovrà avere anche con altre componenti fondamentali della Libia: dal generale Khalifa Haftar alle tribù del Fezzan e ai sindaci che nello scorso agosto presentarono al Viminale un elenco di progetti che fu girato a Bruxelles.

ACQUA, OSPEDALI, SCUOLE

È certo che negli ultimi giorni, nelle riunioni al ministero e con le informazioni che arrivano dall’ambasciatore a Tripoli, Giuseppe Perrone, Salvini ha compreso meglio la situazione che deve affrontare. Fu il Sole 24 Ore il 14 settembre dell’anno scorso a pubblicare l’elenco dei 12 progetti che i sindaci libici avevano presentato all’allora ministro dell’Interno, Marco Minniti, che lo girò all’Unione europea. Le città coinvolte sono Sabratha, Zwara, Bani Walid, Janzur, Zawia, Khoms, Al Shueref, Kufra, Qartum, Sorman, Almaya e Misurata. Chiesero impianti di desalinizzazione, ospedali, costruzione di scuole e università, nuove strade e manutenzione di quelle esistenti e altro ancora: proposte concrete e lungimiranti perché se una comunità vuole puntare sull’istruzione è un buon segno. Salvini, dunque, dovrebbe ripartire da qui.

L’ECONOMIA LIBICA

Le cifre spiegano perché aiutare certi Paesi dovrebbe essere interesse comune. Consideriamo che il traffico di esseri umani attraverso la Libia vale da 1 miliardo a 1 miliardo e mezzo di dollari l’anno. Nello scorso luglio l’International Crisis Group, un’organizzazione indipendente con sedi in Europa e negli Stati Uniti, presentò un report sull’importanza del Fezzan e del dover considerare quelle libiche le frontiere meridionali dell’Europa. Formiche.net se ne occupò all’epoca ed è utile ricordare oggi qualche numero.

Un giornalista libico della tribù Tebu spiegava che un ragazzo disoccupato può guadagnare tra i 125 e i 190 dollari per ogni viaggio dai confini meridionali a Sebha, capitale del Fezzan dove ci sono lager pieni di migranti (i prezzi si riferiscono al marzo 2017). Facendo un viaggio alla settimana si arrivava facilmente a 500 dollari al mese, che equivalgono a oltre quattro mensilità di stipendio di un poliziotto. Ma se il giovane fosse proprietario di un’auto, per ogni viaggio guadagnerebbe circa 3.750 dollari e il costo del mezzo, 10.000 dollari, sarebbe ammortizzato facilmente. Per questo molti giovani Tebu hanno abbandonato gli studi. Lo stesso report spiegava il drastico cambiamento nell’agricoltura dopo la guerra del 2011. Sotto il regime di Gheddafi esistevano numerose aziende agricole di Stato e l’ex capo di una di queste aziende nell’area di Obari, il progetto agricolo Maqnusa, raccontava che nel 2010 questo progetto generava 25 milioni di dollari l’anno, con 250 dipendenti, 6.000 ettari coltivati, 15.000 pecore, 500 mucche e 300 cammelli. L’anno scorso erano rimasti 300 ettari e 1.000 pecore.

Salvini se ne renderà conto di persona quando incontrerà le autorità libiche: aiutare quell’economia, così come quelle di altri Paesi africani, è indispensabile e i numeri di quel report sono così chiari che possono capirli anche a Bruxelles.

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