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Qatar, ovvero come resistere all’embargo nel difficile gioco di equilibri nel Golfo

Di Eleonora Ardemagni
qatar

365 giorni di rottura diplomatica, embargo e boicottaggio: molto è cambiato per il Qatar. Ma non nella direzione che auspicavano le monarchie vicine. Il 5 giugno 2017, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti (Eau), Bahrein ed Egitto rompevano le relazioni diplomatiche con l’emirato, accusandolo di terrorismo: l’obiettivo era punire e modificare la politica regionale disallineata di Doha (su Fratelli Musulmani, Iran e Al-Jazeera).

La frattura nel Golfo non si è ricomposta. Né la mediazione ufficiale del Kuwait, né quella informale degli Stati Uniti hanno smussato i contorni di una crisi che è, innanzitutto, uno scontro personale e di potere fra principi ed emiri: il principe ereditario degli Eau Mohammed bin Zayed Al-Nahyan e il principe ereditario saudita Mohammed bin Salman Al-Saud (MbS) contro l’emiro qatarino Tamim bin Hamad Al-Thani.

Questa crisi di lungo periodo sta ridisegnando la strategia politica, economica e geopolitica del Qatar. Archiviato, di fatto, il Consiglio di Cooperazione del Golfo (Ccg) in favore della diarchia Riad-Abu Dhabi, gli Stati Uniti annunciano summit trilaterali con sauditi ed emiratini in tema di sicurezza regionale. E assistono a una disputa che mina quel fronte anti-Iran sognato dal presidente Donald Trump.

DIPLOMAZIA E LITIGI

“Non c’è possibilità di riconciliazione” ha affermato il ministro degli affari esteri del Bahrein: Doha non ha fatto mea culpa (ma ha firmato con Washington un memorandum sul contrasto al terrorismo) e nessuno, nel Golfo, vuole rischiare di perdere la faccia. L’annuale vertice del Ccg, svoltosi a Kuwait City il 4 dicembre, è durato poche ore: solo Kuwait e Qatar hanno partecipato al più alto livello. Il 10 aprile, Trump ha ospitato l’emiro del Qatar alla Casa Bianca: ma il consueto vertice con il Ccg a Camp David è rinviato.

Emiratini e qatarini litigano ancora pubblicamente: molte fonti, anche statunitensi, confermano ormai che l’attacco hacker all’agenzia di stampa qatarina, che diede il là alla crisi dopo che alcune dichiarazioni dell’emiro vennero ritoccate, fu organizzato da Abu Dhabi. Qatar ed Eau si accusano di reciproche violazioni dello spazio aereo, nonché di alimentare trame di Palazzo, dando ospitalità e voce mediatica (come nel caso dello shaykh Abdullah bin Ali Al-Thani), a personalità reali critiche nei confronti delle politiche dell’attuale emiro.

Il Qatar ha annunciato che vieterà le importazioni di prodotti provenienti dai paesi che lo boicottano: un gesto per nulla distensivo e che dice molto del livello di autonomia economico-commerciale che i qatarini hanno raggiunto quest’anno. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, l’impatto dell’embargo sulle attività economiche di Doha è stato transitorio, comunque già assorbito: nel 2017, il Prodotto interno lordo (Pil) del Qatar è stato del 2,1% (quasi invariato rispetto al 2,2% del 2016) e le stime per il 2018 sono del 2,6%.

ROTTE, PORTI E ALLEANZE

Adesso, i primi partner mediorientali del Qatar si chiamano Turchia e Iran: proprio l’opposto di ciò che Abu Dhabi e Riad volevano ottenere. In marzo, la Turkey’s Investment Support and Promotion Agency ha aperto un ufficio a Doha: l’emirato aveva prima ospitato il Turkey-Qatar Business Forum per promuovere scambi bilaterali e trasporti commerciali attraverso l’Iran e l’Iraq. Nel 2017, l’export iraniano non-oil verso Doha è cresciuto più del 100%, così come aumenta il traffico aereo (ovvero, a lungo termine, maggiori scambi culturali).

Un incontro del comitato economico Iran-Qatar si è appena tenuto nell’emirato per dare impulso agli investimenti e una delegazione qatarina ha espresso la volontà di investire nelle infrastrutture portuali dell’Iran durante una visita ai porti di Abadan, Khomeini port (entrambi nel Khuzestan con minoranza araba), Busher e Bandar Abbas (sulla costa meridionale). Tuttavia, Doha non potrà spingersi troppo fra le braccia di Teheran: il rischio sarebbe quello di rovinare il rapporto, ancora cordiale, con la Casa Bianca.

Lo stesso vale per la relazione Qatar-Russia: come rivelato da Le Monde, re Salman vuole impedire che i qatarini acquistino il sistema missilistico di difesa S-400 da Mosca e, in una lettera al presidente francese Emmanuel Macron, minaccia, nel caso, persino l’azione militare contro Doha.

Inoltre, si intensificano i contatti fra Qatar e Pakistan. Doha esporta gas a Islamabad: nonostante i pakistani abbiano fin qui cercato di rimanere neutrali nella disputa intra-Golfo, le autorità del Paese asiatico intendono aumentare commercio e visti turistici con Doha. D’altronde, il Pakistan è il grande rivale dell’India e New Delhi è oggi partner privilegiato degli Eau, ovvero i più accesi accusatori del Qatar.

LA MOSSA SAUDITA

Infine, c’è un segnale forte. Come dichiarato da fonti ufficiali saudite a più media del regno, l’Arabia Saudita intende scavare un canale marittimo lungo l’unico confine che il Qatar ha con la terraferma, Salwa, che è territorio di confine anche per Riad. In quest’area, i sauditi realizzerebbero, in dodici mesi, un nuovo polo industriale ed economico punteggiato di porti, con una base militare, resort, spiagge private e persino un sito di smaltimento per le scorie nucleari del reattore che verrà. Insomma, l’ennesima puntata della saga dei mega-progetti (Neom, Kaec, Red Sea Project, Qiddiya), che tanto entusiasma MbS. Ma che stavolta trasformerebbe il Qatar in un’isola.

Qui l’articolo pubblicato sul sito Affarinternazionali.

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