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Possiamo aprire alla Russia solo stando con la Nato. Parla Nicola Latorre

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Donald Trump lancia la nuova bordata: “Dobbiamo riammettere la Russia al G8”. Giuseppe Conte ritwitta e si dice d’accordo: “È nell’interesse di tutti”. Che sia sorto un nuovo asse? Non sembra; anche se l’impressione è che l’Italia abbia le carte in regola per essere un buon interlocutore tra Mosca e Washington, a patto che riesca a farsi promotore dell’annunciata “apertura” a Mosca nel pieno contesto euro-atlantico. Isolate prese di posizioni su sanzioni o missioni internazionali rischiano di ritorcersi contro i nostri stessi interessi. È d’accordo Nicola Latorre, già presidente della commissione Difesa del Senato, con una lunga esperienza in tema di relazioni internazionali e politica di sicurezza, a cui abbiamo chiesto quale strada dovrà percorrere il governo per non perdere credibilità di fronte agli alleati tradizionali e, paradossalmente, anche con la Russia. Se riducessimo la nostra rilevanza nell’Alleanza Atlantica, “perderemmo anche l’interesse che Mosca ha nei nostri confronti”.

Prima di incontrare i colleghi delle sette potenze mondiali in Canada, Donald Trump ha proposto l’idea di riportare la Russia nel G8. Come vede tale affermazione del Presidente americano?

Onestamente, ritengo che l’uscita di Trump sulla candidatura russa per rientrare nel G8 sia più uno scoop. Come ogni posizione assunta dall’attuale Presidente degli Stati Uniti è bene far passare 72 ore prima di commentare.

Il premier Conte si è detto comunque d’accordo con il tycoon. Certo, resta da capire qual è la linea del governo italiano sulle sanzioni e soprattutto sulla Nato. Che idea si è fatto?

Innanzitutto è bene ricordare che l’Italia è sempre stato un Paese di frontiera dell’Alleanza Atlantica, anche e soprattutto nel rapporto con la Russia. Storicamente, dalla fine della Seconda guerra mondiale, abbiamo mantenuto con costanza questo ruolo. Nel corso della Guerra fredda siamo stati la frontiera della Nato verso il Mediterraneo, ma anche il confine verso est. Personalmente, dunque, continuo a pensare che, così come è stato nell’ultima fase del governo Gentiloni, dobbiamo continuare a essere all’interno dell’Alleanza Atlantica il Paese che più di tutti gli altri lavora affinché si riapra il dialogo tra l’Occidente e la Russia.

Eppure alcuni posizioni espresse dal nuovo esecutivo sembrano essere più isolate e radicali, in particolare sull’ipotesi di rimuovere le sanzioni. Da Washington e Bruxelles sono arrivati messaggi significativi. Come rispondervi?

Credo che anche il segretario generale della Nato Jens Stoltenberg abbia detto parole importanti in questo senso. Ora, dobbiamo continuare a svolgere il ruolo che abbiamo avuto nel passato rafforzandolo sempre di più, ma soprattutto mantenendo il forte impegno di lavorare all’interno dell’Alleanza, senza prestarci a operazioni (e il riferimento è alle sanzioni, ndr) che rischiano di destrutturare tanto la Nato quanto l’Unione europea.

Ma che cosa, secondo lei, sta preoccupando gli alleati?

L’errore più grande che si rileva in questa fase è mettere sullo stesso piano la partecipazione all’Alleanza Atlantica e l’apertura con la Russia. È questo il vero limite della posizione espressa dal nuovo governo. Al contrario, ritengo che prima di tutto sia opportuno confermare un netto rispetto degli impegni euro-atlantici, sia per ragioni valoriali, sia per ragioni di carattere strategico. Solo successivamente possiamo essere un Paese che lavora affinché l’insieme dell’Alleanza riapra il dialogo e perché si creino le condizioni per superare le sanzioni.

E se invece il governo gialloverde decidesse di proseguire unilateralmente sull’apertura alla Russia? C’è la possibilità che l’Italia ponga il veto al rinnovo delle sanzioni Ue di fine luglio, scavalcando la solidarietà atlantica?

Spero che non si commetta un errore del genere. Da un punto di vista strategico, infatti, i benefici dell’appartenenza all’alleanza transatlantica sono imparagonabili rispetto all’annunciata apertura alla Russia, sia in termini di sicurezza e interesse nazionale, sia per le questioni che più afferiscono alla difesa. Ciò vale anche da un punto di vista economico: non si possono neanche lontanamente paragonare le relazioni commerciali che abbiamo con gli alleati euro-atlantici con quelle che abbiamo con la Russia. Si tratta di un ragionamento di carattere strategico che è opportuno sottolineare. Di conseguenza, se si mettesse in discussione il nostro ruolo nel contesto atlantico, sacrificandolo sull’altare dei rapporti con Mosca, commetteremo l’errore fatale per la nostra stessa sicurezza e per l’interesse nazionale.

In definitiva, lei sta consigliando di continuare a promuovere un dialogo con la Russia ma di farlo sempre e comunque dentro i confini di Nato e Unione europea?

Assolutamente sì. Possiamo essere un interlocutore fondamentale anche per la Russia solo se sapremo mantenere questo ruolo. Qualora diventassimo un Paese marginale dell’Alleanza Atlantica, o un membro privo di ruolo rilevante, perderemmo l’interesse che Mosca ha nei nostri confronti.

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