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Censimento 1 (Salvini) batte censimento 2 (Di Maio) 3-0

di maio salvini

Mai nella storia patria la parola “censimento” ha avuto tanta gloria come negli ultimi giorni, grazie alle uscite al fulmicotone del ministro Matteo Salvini, presto imitate da quelle del ministro Luigi Di Maio.

Però c’è censimento e censimento, direbbe il filosofo, a dimostrazione del fatto che in questo momento è il leader della Lega quello più lucido dei due. Cominciamo allora dal censimento dei rom, che tante levate di scudi ha suscitato nella comunità progressista, globalista e, soprattutto, radical chic.

In buona sostanza il ministro dice di voler conoscere quanti sono, dove sono, quanto guadagnano e cosa fanno queste persone, rendendo quindi più stringente un meccanismo di controllo sulle loro vite. Malefico Salvini, verrebbe da dire, vuoi mettere sotto controllo questi spiriti liberi, refrattari alle costrizioni, bandiere senza macchia dell’autodeterminazione dei popoli.

Peccato che poi ognuno di noi potrebbe facilmente fare i conti sulla propria pelle, provando a calcolare che cosa conosce lo Stato delle nostre vite attraverso codice fiscale, residenza, dichiarazione dei redditi, registro delle imprese, anagrafe tributaria, tesserino sanitario, pubblico registro automobilistico, registro delle ipoteche, cassetto fiscale, casellario giudiziario e chi più ne ha più ne metta.

Quindi sfugge ai benpensanti da un tanto al chilo la più semplice delle domande: perché quello che vale per il rag. Rossi di Bordighera o Cosenza deve essere tabù per una famiglia rom o sinti? Qui non si tratta di aderire acriticamente alla proposta di Salvini, si tratta di comprendere a fondo le ragioni della profonda rabbia che c’è nella pancia di milioni di italiani, rabbia che può essere placata solo da un Stato giusto e rigoroso con tutti, ma capace di comprendere il significato vero della parola “tutti”.

Poi c’è il censimento del ministro Di Maio, sparato nell’etere durante una puntata di Porta a Porta. Dice il ministro dello Sviluppo Economico che è tempo di individuare tutti i raccomandati nella Pubblica Amministrazione e dentro la Rai, come simbolo di mercimonio e ineguaglianza. Bene, sul piano del principio si potrebbe essere d’accordo, perché anche sotto questo profilo va detto che la nostra amata Italia sa dare il peggio di sé.

Però credo si debba prendere quella del ministro come una battuta, una reazione (anche un po’ polemica) all’iniziativa del suo collega del Viminale.
In caso contrario dovremmo domandare al ministro Di Maio cosa intende farne di quell’elenco (peraltro impossibile da compilare), poiché il raccomandato è figura impalpabile che tende a mimetizzarsi perfettamente nell’ambiente in cui opera, protetto da norme, contratti e così via.

Non è il caso, come appare subito evidente, di procedere su questo terreno. Però è invece chiaro il punto politico di tutta questa storia dei censimenti: oggi come oggi il pallino politico è tutto nelle mani della Lega e di Salvini. Di Maio ed il suo movimento inseguono goffamente, dopo anni di proclami bellicosi ed ultimativi. Già, governare è proprio una brutta bestia.

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