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Come combattiamo il jihadismo in Italia. Parlano Blengini, Angelosanto e Galzerano

terrorismo Angelosanto , Alli, Poliziotti al meeting di Cl

“C’è una difficoltà dei terroristi a portare avanti attentati su larga scala e per questo possiamo dire che c’è un rischio ridotto, ma attenzione a non sottovalutare Al-Qaeda perché si sta rafforzando moltissimo nei paesi del Maghreb”. Lo ha affermato il comandante del Ros dei carabinieri, Pasquale Angelosanto, intervenendo alla biblioteca del Senato alla conferenza “Terrorismo e antiterrorismo in Italia: conoscere, contrastare, prevenire”, promossa dall’Ispi e dal Program on Extremism della George Washington University di Washington. Alla conferenza hanno partecipato anche il vice direttore operativo dell’Agenzia Informazioni e Sicurezza Interna (Aisi), Valerio Blengini, e Claudio Galzerano, direttore del Servizio per il contrasto all’estremismo e del terrorismo esterno.

Blengini ha ricordato i risultati sinora raggiunti in materia di anti-terrorismo. “Ad oggi, in Italia, abbiamo individuato circa 80 soggetti che erano in fase di radicalizzazione: alcuni sono stati espulsi, altri sono stati classificati come ‘pericolosi’, altri sono stati affiancati e osservati. Il bilancio è comunque indubbiamente positivo, siamo sulla strada giusta”, ha detto il vicedirettore, sottolineando anche l’importanza della capacità di intervenire al momento giusto nel processo di radicalizzazione dell’individuo. Per farlo, ha spiegato, “abbiamo esteso la rete per raggiungere questi soggetti su tutto il territorio, in maniera assolutamente importante”. Blengini ha inoltre precisato che “c’è una presa in carico caso per caso”, sottolineando la necessità di formare anche gli insegnanti “perché” abbiamo visto che sono sempre più giovani” gli individui che si radicalizzano.

Secono il rapporto Ispi sarebbero circa 130 i foreign fighters legati all’Italia, quasi tutti maschi (il 90,4%). Di cui, 76 hanno aderito all’Isis, 18 a Jabhat al Nusra, 5 sono entrati a far parte dell’Esercito libero siriano e 31 hanno operato con formazioni minori. Non sembra, ad oggi, che alcun foreign figher presente nella lista ufficiale italiana abbia preso parte direttamente ad attacchi terroristici in occidente. Tra questi, il 44% possedeva precedenti penali e il 22,4% aveva trascorso un periodo in carcere. Tra questi emerge il nome di Moez al Fezzani, figura di spicco della galassia jihadista italo-tunisino-libica e reclutatore di diversi militanti in territorio italiano. La destinazione più popolare dei foreign fighters “italiani” è la Siria, scelta nell’88% dei casi come Paese di destinazione.

Decisamente staccata la Libia (5,6%) e l’Iraq (2,4%). In controtendenza rispetto agli altri Paesi occidentali, un alto numero dei foreign fighters legati all’Italia è di origine straniera, solo 24 foreign fighters risultano infatti essere di nazionalità italiana, la maggior parte proviene dai Paesi del Nord Africa (50,4%). Il 66,4% è composto da immigrati di prima generazione, mentre quelli di seconda generazione sono il 16,8% del totale. Inoltre, la maggior parte dei foreign fighters è nata all’estero. Guardando alla distribuzione sul territorio, emerge il dato della Lombardia, da cui proviene il 31,7% degli individui. Significativi anche i dati di Emilia Romagna (12,1%) e Veneto (10,6%).

Commentando questo quadro, Galzerano ha affermato che è necessario “trovare degli strumenti per gestire in futuro la radicalizzazione degli immigrati di seconda o terza generazione in Italia”. Dal 2015 l’Italia ha espulso circa 290 sospetti estremisti. Il successo si spiega soprattutto soprattutto grazie all’assenza quasi totale, nel nostro Paese, di seconde o terze generazioni di immigrati, al contrario di quanto accade in Paesi come il Belgio o la Francia. “La cittadinanza italiana non viene riconosciuta a pioggia: si diventa italiani al termine di un processo estremamente complesso”, ha spiegato Galzerano. “Con l’acquisto della cittadinanza italiana da parte dei maggiorenni, ci dobbiamo porre il problema dell’impossibilità di ricorrere a questi strumenti di natura preventiva per le prossime generazioni”.

Nel lungo periodo, ha aggiunto Galzerano, occorrerà agire sui figli dei migranti che si radicalizzano e che beneficiano allo stesso tempo della cittadinanza italiana. “Ci è capitato il caso di un marocchino naturalizzato italiano che ha giurato sulla Costituzione italiana, e poi ha deciso di giurare fedeltà al califfo Abu Bakr al Baghdadi: il fatto di giurare fedeltà allo Stato islamico è o non è in contraddizione con aver giurato sulla Costituzione italiana?”.

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