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Brexit, così la May trova l’accordo e nessun ministro ha consegnato le dimissioni

Era stato dato per assodato che il governo May sarebbe morto questo fine settimana. E invece non è entrato neanche in coma. L’accordo per la Brexit è stato trovato a Chequers Court, la residenza di campagna del primo ministro. Dodici ore per convincere i suoi ministri a siglare un accordo – definitivo – da presentare all’Unione Europea.

Dopo una lunga giornata di colloqui e una settimana di polemiche al veleno, il gabinetto dei ministri ha concordato quel che Theresa May aveva proposto e che poche ore prima aveva anticipato alla Merkel. “Una posizione collettiva per il futuro dei nostri negoziati”, così il primo ministro inglese si era espresso prima di portare a casa il risultato. La Bbc ha giudicato il piano come “soft” e assolutamente allineato alle intenzioni del primo ministro, non escludendo, comunque, modifiche ulteriori.

Al momento l’accordo raggiunto prevede che il Regno Unito “manterrà un regolamento comune per tutti i beni”, compresi i prodotti agricoli. Ovviamente dopo la Brexit e con il Regno Unito che si impegna con un trattato sull’armonizzazione delle frontiere.
Durante la mattinata, prima dell’inizio dei lavori, la May aveva fatto appello al senso di responsabilità dei ministri e al dovere di superare le divisioni interne per il bene del Paese. Annunciando, inoltre, che non avrebbe avuto paura di eventuali dimissioni: i ministri dimissionari senza manfrine sarebbero stati sostituiti da una classe di giovani promettenti. A Chequers, infatti, per tutto il giorno ci sono stati taxi pronti a riaccompagnare a Londra qualche ministro dimissionario.

Alla fine i ministri non hanno opposto alcun braccio di ferro e hanno sottoscritto tutti l’accordo presentato dalla May che prevede la creazione di una zona di libero scambio per le merci e i prodotti industriali e agricoli.
“Questa è una proposta che sono convinta sia positiva per la Gran Bretagna e per l’Unione Europea, e conto che sia accolta bene, – ha dichiarato alla stampa la May. – C’è ancora molto lavoro da fare con la Ue prima di ottobre, ma è importante che al termine di discussioni dettagliate siamo arrivati a questo punto, la prospettiva di un futuro positivo per la Gran Bretagna”.

La Gran Bretagna, dopo marzo 2019, resterà quindi allineata alle regole Ue per poter facilitare gli scambi commerciali, ma potrà stabilire le proprie tariffe e sarà quindi libera di negoziare accordi commerciali bilaterali con Paesi terzi. Il compromesso proposto dalla May prevede un “accordo doganale facilitato”, il che allinea il Regno Unito totalmente alle regole Ue sulle merci, ma non sui servizi. Il traffico di merci industriali e prodotti agricoli, pertanto, sarà consentito andando quindi a vincere i timori di blocchi ai confini espressi dal mondo del business.
Il sistema si basa su controlli telematici al confine, in modo da rendere certo che le merci sono destinate alla Gran Bretagna o alla Ue.

Le regole per quel che riguarda i servizi – che rappresentano l’80% dell’economia del Paese – saranno diverse, ma gli accordi sul riconoscimento reciproco verranno discussi a breve. Fino ad ora, infatti, le trattative sui servizi finanziari e altri settori si sono arenate sui dettagli pratici dell’equivalenza.

Quanto alla libertà di circolazione delle persone, essa finirà perché la Gran Bretagna intende “riprendersi il controllo delle frontiere”. E su questo non si transige. Gli accordi verranno stipulati per continuare a consentire ai cittadini di vivere e lavorare in Gran Bretagna e ai cittadini britannici di fare altrettanto nei Paesi dell’Unione.
Il Parlamento, ad ogni modo, è assicurato del fatto che i deputati avranno l’ultima parola e potranno sempre rifiutarsi di incorporare le nuove regole nella legislazione britannica.

Il documento di cento pagine sui rapporti futuri Unione europea e Regno Unito sarà la base per il “White Paper” che verrà inviato a Bruxelles la prossima settimana. E’ previsto che le discussioni su servizi, immigrazione e Corte di Giustizia verranno rinviate a dopo la data ufficiale della Brexit, il 29 marzo 2019, perché le regole attuali resteranno comunque in congelatore fino al dicembre 2020 (la fine del periodo di transizione).

Alla Ue resta comunque la facoltà di respingere l’accordo raggiunto a Chequers. Il capo negoziatore Michel Barnier ha rivolto un sorriso sornione alla May, dicendosi pronto a modificare l’offerta se la posizione britannica cambierà, ma ha avvertito che il tempo stringe. “Nei negoziati su Brexit ci sono ancora troppe domande e troppo poche risposte”, ha bofonchiato Barnier.

Nel frattempo, prima che la riunione di Checkers prendesse il via, l’esponente per antonomasia dei Brexiteers, Jacob Rees Mogg, rilanciava su Twitter un sondaggio, dal piglio polemico, che rivelava le tendenze degli elettori ad accordi fatti. E prevedendo una presa di distanze dal partito conservatore se non arriverà la Brexit sperata. Secondo i dati di BMG Research, commissionati da Change Britain, ben il 32% degli elettori non voterà i Tories e solo il 6% sarà disposto a sostenere il partito. Più di un quarto degli elettori sarà meno propenso a sostenere il Partito conservatore se l’accordo raggiunto significherà che l’Ue conserverà un controllo sostanziale sulle facoltà del Regno Unito di negoziare gli accordi di libero scambio.

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