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Facebook coinvolta nella disinformazione in Italia. Il report Osce

Di Federica De Vincentis
fake news, Facebook

Al netto di qualche iniziativa isolata – come la task force anti-fake news voluta dal ministero dell’Interno e una limitata azione dell’Agcom – durante le scorse elezioni politiche in Italia la maggior parte degli interlocutori ascoltati dall’Osce non considerava la disinformazione un problema reale durante la campagna. Mentre le misure messe in campo da Facebook – nonostante le dichiarazioni fatte ieri all’Europarlamento dal social network e smentite proprio da questo documento – sono state, di fatto, trascurabili.

SCARSA ATTENZIONE

Il dato, contenuto nel report finale sulla tornata elettorale del 4 marzo realizzato dall’Ufficio per le Istituzioni Democratiche e i Diritti Umani dell’Osce, pone in evidenza la scarsa attenzione rivolta nella Penisola agli effetti delle cosiddette bufale, spesso unite a una profilazione specifica degli utenti, come emerso poco dopo il voto con il caso Cambridge Analytica che ha però coinvolto soprattutto le presidenziali americane e il referendum nel Regno Unito sulla Brexit.

BENE POSTALE E AGCOM

Nel documento viene rimarcato quanto fatto dalla squadra anti-bufale del Servizio di Polizia postale e delle comunicazioni guidato dal direttore Nunzia Ciardi (16 casi di disinformazione deliberata poi sottoposti a fact-checking e pubblicati sul proprio sito web anche grazie alla possibilità di raccogliere segnalazioni dai cittadini). E anche all’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom), sebbene possa contare su poteri molto limitati quando si parla di media online, viene riconosciuto il merito di aver avviato delle linee guida di autoregolamentazione in base alle quali colossi come Facebook e Google hanno accettato di fornire un accesso equo alle loro piattaforme per tutti i candidati, per identificare chiaramente i pagamenti della pubblicità politica, e per rispettare il periodo di silenzio di 24 ore per la campagna e il divieto di due settimane di sondaggi sull’opinione pubblica.

LE AZIONI DI FACEBOOK

Meno rilevante, soprattutto se si considerano le svariate possibilità e le enormi risorse a disposizione, è stato l’impegno di Facebook. Secondo il report, il gruppo di Menlo Park ha collaborato con una realtà italiana (probabilmente Pagella Politica) per identificare e smascherare qualsiasi tentativo di disinformare deliberatamente il pubblico durante la campagna.

Proprio ieri Richard Allan, vice presidente per le policy solutions della compagnia, è stato audito al Parlamento Ue a Strasburgo nel terzo incontro tenuto dall’istituzione comunitaria con i vertici del social network sul tema della disinformazione (al suo posto avrebbe dovuto esserci la direttrice operativa Sheryl Sandberg).

Nell’occasione, rileva EuDisinfoLab, il manager ha rimarcato il ruolo svolto da Facebook nel contrastare la disinformazione durante le elezioni italiane, spiegando che queste azioni erano ben delineate nel report dell’Osce, dal quale, come riportato, si evince solo un impegno limitato.

TOO LITTLE, TOO LATE?

Semmai, lo dimostra la tempistica degli svariati annunci fatti dal fondatore e ceo Mark Zuckerberg, le prime mosse concrete del social network sono giunte solo dopo. Sentito dal Congresso prima e dal Parlamento europeo poi, il giovane manager ha spiegato che i nuovi sistemi di intelligenza artificiale implementati dopo le recenti vicissitudini sarebbero in grado di rilevare il 99% dei contenuti inappropriati pubblicati sulla piattaforma, e ha annunciato l’assunzione di numerosi addetti al controllo di contenuti potenzialmente inappropriati. Per alcuni si tratta di passi tardivi; per altri è il segno di una maturità finalmente arrivata.

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