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Girotto ci spiega perché il M5S non è contro Confindustria. Anzi

Valorizzare le eccellenze italiane, puntare sull’economia circolare e dialogare con associazioni e grandi imprese per crescere in modo virtuoso. Il decreto dignità spiegato da Gianni Girotto, senatore del Movimento 5 Stelle di lungo corso e presidente della decima commissione del Senato (Industria, commercio e turismo) in una conversazione con Formiche.net ha percorso i provvedimenti contenuti nel decreto dignità – il cui testo verrà pubblicato in Gazzetta Ufficiale nei prossimi giorni – anticipati dal ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro Luigi Di Maio durante la presentazione delle linee programmatiche dei suoi ministeri nella giornata di ieri. Dialogo aperto con Confindustria sui temi del lavoro, ha chiarito Girotto, e l’interesse da parte di governo e associazione degli industriali di valorizzare le piccole e medie imprese, elemento fondamentale dell’economia italiana.

Costo del lavoro e lotta alla precarietà: come intende intervenire il decreto dignità su questi temi?

Il decreto dignità è il primo provvedimento con cui andiamo a intaccare questa enorme materia: la ratio è favorire le assunzioni stabili e contrastare il precariato, tutelare le giovani generazioni, sfavorire i contratti a termine e i rinnovi in maniera che siano agevolati i contratti a tempo indeterminato. Abbiamo inserito anche i lavori interinali, quindi in sostanza: vita breve per i contratti a termine che, senza giusta causa, non potranno avere durata superiore a un anno, invece finora potevano essere rinnovati fino a tre anni, ma soprattutto il fatto che dopo 12 mesi il contratto si potrà rinnovare solo per un altro anno con l’obbligo di indicare la causale, cosa che era stata tolta. Inoltre il datore di lavoro non può più rinnovare il contratto 5 volte, ma quattro. Abbiamo esteso la possibilità di impugnare il contratto, da 120 giorni attuali ai 180 giorni previsti dal decreto dignità, e poi il contratto a termine viene reso più costoso per il datore di lavoro perché ogni volta che lo rinnova i contributi addizionali salgono dello 0,5%.

Meno contratti a termine per incentivare quelli a tempo indeterminato, quindi…

La ratio parte dal dato che nel 2017 l’84% del totale dei nuovi contratti sono stati a termine, quindi l’esigenza era porre un argine a questa tendenza. La motivazione che sottende tutto questo è che, se guardiamo i confini interni, che sono necessari per avere una visione del settore industriale italiano, il guadagno per l’imprenditore è di breve termine, perché annualmente io deprimo la classe media e il suo potere d’acquisto e a quel punto scendono anche gli acquisti. Una dinamica che si ritorce anche a sfavore degli stessi imprenditori. Poi c’è il tema di andare a recuperare i soldi dati ad aziende che avrebbero dovuto lavorare in Italia e che invece hanno deciso di delocalizzare.

In cosa consiterà il provvedimento?

Con questo provvedimento ci sarà il perseguimento di tutte quelle imprese che hanno usufruito di incentivi e invece hanno poi delocalizzato in Europa o fuori Europa. C’è una differenza per chi va fuori Europa, che avrà anche una sanzione, mentre per chi ha delocalizzato in Europa ci limiteremo a chiedere il ritorno di quanto percepito.

Secondo alcuni commentatori questa misura spaventa gli investitori.

È tutto il contrario. Un investitore serio capisce che in questo modo la concorrenza sleale viene eliminata. Qui il problema principale è la concorrenza che i cosidetti “furbi” fanno agli imprenditori seri e onesti, perché arrivano nel mercato con prezzi stracciati anche grazie agli incentivi a cui non avrebbero dovuto avere diritto. Io sfido chiunque ad andare da un cittadino e chiedere: “Credi che sia giusto che un’azienda prenda dei finanziamenti pubblici italiani, pagati con le tue tasse e poi se ne vada all’estero a produrre e quindi sposti la ricchezza all’estero?”. Credo che sia assolutamente una misura di buon senso. Un’ora fa (ieri, ndr) ho avuto un incontro con Confindustria e questo è stato da loro confermato. In questa maniera gli imprenditori onesti sono tutelati e si combatte quelli disonesti.

Parlando di Confindustria, il ministro Di Maio ha confermato la lotta al gioco d’azzardo parlando però anche di una “lobby affiliata a Confindustria” che vorrebbe contrastare il provvedimento. Ha avuto modo di parlare anche di questo con gli industriali?

Confindustria non ha centrato i suoi appunti su questo, ma sfido chiunque a darci torto. Solo l’anno scorso sono stati spesi, vado a memoria e non vorrei sbagliarmi, 102 miliardi dai cittadini nel gioco d’azzardo e su questi 102 miliardi lo Stato ha incassato 9 miliardi, quindi questo significa che il resto dei soldi va a altri soggetti che hanno grossissimi guadagni. È il classico esempio di spirale perversa, perché se io spendo 100 euro in azzardo, e non ho una vincita e quindi li perdo, non li spendo più per comprarmi il gelato, i vestiti, per sistemare l’abitazione e via dicendo. Questi 102 miliardi di cui allo Stato ne son tornati solo 9, con un saldo passivo di 90, sono soldi che vengono tolti all’economia reale e questo non credo sia possibile confutarlo.

Insomma, conseguenze anche su lavoro e consumi…

Abbiamo bruciato 70 milioni di euro di lavoro sempre per il gioco d’azzardo e dai dati che abbiamo si sono persi 150 mila posti di lavoro perché quando diventa un fenomeno che il soggetto non controlla più, alla fine si arriva a perdere il posto di lavoro. Mi fa piacere aver letto pochissime ore fa la dichiarazione di Damiano Tommasi, presidente dell’Associazione Italiana Calciatori, che si è detto favorevole alla nostra misura. Questo è estremamente significativo, perché quando una persona che ha fatto dello sport la sua professione si dice favorevole allo stop della pubblicità sul gioco d’azzardo, si capisce che abbiamo colpito nel segno. Ricordiamoci, inoltre, che secondo quello che dice l’antimafia, nel 2017 gli ambiti in cui la malavita ha avuto maggiori interessi sono due: droga e azzardo. Quindi la criminalità ha in mano una grossissima parte di questo circuito. Non parliamo poi dei dolori familiari, ma non ci vuole un grande esperto per capire che una persona non si rovina dall’oggi al domani. C’è un lungo percorso di distruzione prima di arrivare alla bancarotta familiare, con tutto quello che ne consegue. Abbiamo dato lo stop alla pubblicità e alla sposorizzazione e penso sia una svolta epocale perché facciamo capire che non è eticamente corretto, perché si agisce sulla debolezza personale.

In che senso?

Mi permetto una digressione. 10 anni fa, prima di essere parlamentare, sul mio blog personale feci un post su questo argomento perché già allora circolavano numeri impressionanti di miliardi di euro di perdite, in cui spiegavo che si tratta di circonvenzione di incapace. Se si va a leggere la definizione nel Codice Penale di “Circonvenzione di incapace”, si legge che si verifica quando qualcuno, sfruttando le debolezze altrui ne consegue un illecito guadagno. Ecco, io sono convinto che la pubblicità sul gioco d’azzardo vada a sfruttare la debolezza psicologica delle persone per conseguirne un guadagno.

Parliamo di Sud. Il Movimento 5 Stelle ha avuto consensi quasi plebiscitari alle scorse elezioni nelle regioni del sud Italia. Quali provvedimenti sono previsti per il suo sviluppo?

Faremo quello che abbiamo predicato negli anni passati, al Sud come nel resto d’Italia. Abbiamo una serie di nuove economie date dal progresso tecnologico che riguardano, ad esempio, le fonti rinnovabili. Decarbonizzazione, economia circolare, è quello che ci chiede l’Europa, ed è quello che ci chiede il buon senso. Non possiamo continuare a consumare e aumentare lo sfruttamento delle risorse in maniera indefinita. Le risorse sono finite, nel senso geometrico del termine, non possiamo continuare a sfruttarle e l’economia circolare in questo senso è un obbligo.

Ma passando dalla teoria alla pratica?

Secondo gli studi internazionali, possiamo creare mezzo milione di posti di lavoro nel settore delle energie rinnovabili e questo è un conteggio che tiene conto già della perdita dei posti di lavoro nel fossile. Abbiamo un altro mezzo milione, e ci teniamo bassi nelle stime, sul tema delle ristrutturazioni edili. Abbiamo un patrimonio edile che, punto primo, è soggetto a terremoti, purtroppo, e poi è tremendamente inefficiente, perché sprechiamo il 60% dell’energia che un edifico utilizza per riscaldarsi d’inverno e rinfrescarsi d’estate. Questa è una fetta che vale il 40% del consumo totale complessivo nazionale. Nel momento in cui riesco a dimezzare questo consumo, e si può fare, ecco che immediatamente diminuisce del 20% il fabbisogno energetico che per il momento è soddisfatto – ancora – dall’estero. Questo significa che divento anche politicamente più autonomo, perché più un’azienda, un’impresa, uno Stato, è energeticamente indipendente più è politicamente forte e può permettersi di non subire ricatti. Poi aggiungerei un settore di cui la politica si è dimenticata da decenni.

A cosa si riferisce?

Parlo dello sfruttamento boschivo. Noi abbiamo un patrimonio boschivo che utilizziamo al 20% come ricrescita annua complessiva del patrimonio, mentre il resto di Europa lo usa al 60%. Noi, che siamo un Paese che ha boschi da nord a sud, sfruttiamo solo al 20% questa risorsa. Una delle principali conseguenze è che 350mila posti di lavoro, e lo dicono le associazioni di categoria, non vengono creati perché non abbiamo un ottimale livello di sfruttamento, che, per gli ambientalisti, rassicuro subito, è sfruttamento sull’accrescimento annuo non si tratta di disboscare. Eppure siamo il maggiore importatore di legname al mondo, una cosa che sembra impossibile. Siamo un Paese piccolo, ma il primo importatore di legna da ardere, come se importassimo l’acqua minerale di cui siamo ricchissimi. Sono 350 mila posti di lavoro diretti e 100 mila sulla filiera indotta distribuiti su 1800 comuni montani che si stanno spopolando da decenni perché hanno perso questa filiera.

Economia circolare vuol dire anche petrolchimica e chimica verde.

L’Italia è all’avanguardia nel passaggio dalla petrolchimica alla chimica verde, ma possiamo fare di più. Abbiamo perso 100 mila posti di lavoro negli ultimi 10 anni sull’abbigliamento, che è la seconda filiera più inquinante al mondo. Io credo che un sistema per fermare questa emorragia sia incentivare la filiera pulita perché abbiamo tutte le tecnologie, penso ad esempio alla filiera di Prato molto avanti nella produzione di filati e di tessuti senza l’utilizzo di quelle famose 400 sostanze tossiche che attualmente vengono impiegate altrove. Avere un capo di abbigliamento che non solo abbia il valore del Made in Italy, ma abbia anche questo plus di sostenibilità ambientale ci valorizzerebbe molto di più all’estero.

E sulla petrolchimica?

Le plastiche, lacche, colle, vernici e solventi che vengono fatte su base petrolchimica si possono fare su base biomassa. Anche qui, la tecnologia è già pronta, abbiamo delle punte di diamante in Italia e si tratta di ampliarle. Ho avuto un recentissimo colloquio con Eni che ha capito perfettamente che le rinnovabili sono il futuro e così la chimica verde. Ci hanno fornito i loro piani di sviluppo, come si è visto anche dalle anticipazioni sui giornali, ovviamente verificheremo che si tramutino in realtà ma la trasformazione è in atto.

Un tema su cui invece si è dibattuto in questi giorni è quello dei voucher. Cosa prevederà il decreto?

Non verranno eliminati tout curt, ma vengono previsti per i settori turistico e agricolo, per combattere il precariato Per evitare però il rischio di abuso verranno definite specifiche tipologie, anche con l’aiuto del Parlamento. Il lavoro stagionale agricolo sussiste ed è giusto lasciare la porta aperta, ma devo definire l’ambito in maniera precisa perché non si abusi di questo strumento.

C’è un sentimento anti-impresa in questo provvedimento?

Tutt’altro, c’è una tutela delle aziende sane. Noi l’abbiamo detto in tutte le salse: non esiste questa dicotomia impresa/lavoratore. Entrambi devono essere tutelati. Un’azienda non lavora bene se i lavoratori non lavorano bene e non hanno poi la capacità di spesa di acquistare i prodotti e i servizi dell’azienda stessa. È una dicotomia che è stata alimentata da altri soggetti negli anni passati per altri scopi. Una società è prospera quando tutte le classi sociali sono in equilibrio, sia gli imprenditori che i prestatori di lavoro. Non può esserci un sovra beneficio per alcuni soggetti, perché si crea uno squilibrio che peggiora la situazione complessiva. Anche Confindustria ha concordato con noi sulla necessità di tutelare la stragrande maggioranza degli imprenditori che sono onesti e non devono avere concorrenza sleale.

Quale sarà la sua priorità in commissione?

Ce ne sono tante: temporalmente il recepimento di questo decreto che non è nella mia commissione, ma alla Camera. Nella commissione da me presieduta, invece, abbiamo per esempio l’urgenza nel settore energetico e nel settore rinnovabili, che stanno aspettando il decreto Fer da molto tempo e agiremo su questo per dare certezze agli operatori delle fonti rinnovabili. Siamo in calo di produzione di elettricità da fonti rinnovabili, basta guardare i dati di Terna, mentre abbiamo obiettivi per il 2030 che implicano che dovremmo aumentare di almeno sei volte la quantità di impianti rinnovabili. Decreto sulle fonti rinnovabili, quindi, e poi la tutela del Made in Italy, ma ne abbiamo tante altre in programma.

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