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Dalla Libia all’Egitto, passando per gli Usa. Il ministro Trenta incontra l’ambasciatore del Cairo

Forte della leadership riconosciuta dal presidente americano Donald Trump al premier Giuseppe Conte, l’Italia continua a puntellare i legami con i Paesi del nord Africa. Dopo aver fatto tappa, la scorsa settimana, in Tunisia e Libia, il ministro della Difesa Elisabetta Trenta ha incontrato oggi l’ambasciatore d’Egitto Hisham Mohamed Moustafa Badr. La stabilità della regione, il dossier libico e il caso Regeni sono stati al centro di un colloquio che rappresenta una tessera di un puzzle ben più corposo, il quale ha visto impegnarsi parallelamente anche i ministri di Interno ed Esteri, Matteo Salvini ed Enzo Moavero Milanesi, in diversi incontri e visite nei Paesi nordafricani. Per l’Italia, la priorità resta la Libia, un Paese su cui le ambizioni di poter giocare un ruolo da protagonisti (schivando le mire francesi) sono uscite rinvigorite dalla visita a Washington del presidente del Consiglio, che ha incassato anche il lancio di una Cabina di Regia italo-statunitense dedicata al Paese.

L’INCONTRO A PALAZZO BARACCHINI

“L’Italia reputa l’Egitto un partner ineludibile nel Mediterraneo, affinché quest’area raggiunga un assetto stabile, pacifico e libero dalla presenza terroristica”, ha detto il ministro Trenta nel corso del colloquio con l’ambasciatore egiziano. La titolare del dicastero Difesa ha inoltre evidenziato l’intenzione del governo italiano di rafforzare la collaborazione esistente tra i due Paesi, a partire proprio dal dossier libico, per cui i due si sono detti d’accordo sulla necessità di attuare un processo “inclusivo”. Così come era stato qualche settimana fa al Cairo tra Salvini e il presidente Abd Al Fattah Al Sisi, l’incontro odierno ha trattato anche del caso Regeni. “Stante il positivo esito della cooperazione tra le autorità giudiziarie dei due Paesi – spiega il ministero – è stata auspicata una rapida svolta”.

IL DOSSIER LIBICO

D’altra parte, il dialogo con l’Egitto risulta fondamentale nella soluzione del complicato puzzle libico. Non si arriva alla stabilizzazione del Paese senza passare dal Cairo. E lo ha capito il governo Conte, che ha già mandato nel Paese il ministro dell’Interno e si appresta a inviarci anche quello degli Esteri. Difatti, il presidente al Sisi ha un rapporto privilegiato con il generale Khalifa Haftar, che controlla la Cirenaica guidando l’Esercito nazionale libico (Enl) e che si propone quale alternativa al Governo di accordo nazionale (Gna) riconosciuto dalle Nazioni Unite e presieduto da Fayez al Serraj. Pur proseguendo la linea di piena legittimazione dell’esecutivo di Tripoli, il governo italiano ha ormai abbracciato il concetto di inclusività, ben consapevole che il generale Haftar non può essere escluso dal processo di riconciliazione. Proprio “inclusivo” è stato l’aggettivo più usato dal ministro Trenta nel corso della recente visita in Libia, durante la quale ha annunciato che “in un secondo tempo, cercherò di incontrare anche il generale Haftar”.

UNA MISSIONE NEL SUD

Nella stessa occasione, il ministro italiano era inoltre tornato sull’ipotesi di una missione italiana nel sud del Paese, richiesta dal governo libico e poi annullata a causa delle “fake news date da gruppi contrari alla stabilizzazione” che avevano descritto le intenzioni italiane come finalizzate alla creazione di una base militare. “La collaborazione nel sud della Libia ci è stata richiesta ed è nostro interesse; cercheremo di organizzare una missione di ricognizione al più presto”, ha annunciato Trenta appena tornata dalla trasferta nordafricana. Ciò passa anche da Haftar, che non ha mai nascosto l’intenzione di estendere il proprio controllo anche nel sud del Paese.

LA SPONDA STATUNITENSE

Tutto questo beneficerà senza dubbio della sponda offerta a Conte dal presidente americano ieri alla Casa Bianca. All’Italia è stato riconosciuto il ruolo di leadership nel nord Africa, con tanto di Cabina di regia per la Libia che, ci ha spiegato il generale Vincenzo Camporini, potrebbe tradursi in uno steering committee per dare subito efficacia agli obiettivi di stabilizzazione. Innegabile la spallata alla Francia di Emmanuel Macron, storicamente insofferente per le ambizioni italiane in nord Africa e ora costretta ad accettare l’appoggio americano a Roma. Si tratta di un duro colpo per Parigi, che già si era vista superata quando Ghassan Salamé, inviato della Nazioni Unite in Libia, aveva elegantemente scartato l’ipotesi lanciata da Macron per le elezioni entro la fine dell’anno. Ora che il nostro Paese ha conquistato il ruolo di leader nello scacchiere nordafricano, la vera sfida sarà mantenerlo e metterlo a frutto. L’annunciata conferenza del prossimo autunno sarà il vero banco di prova.

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