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Perché il Pd tifa Salini e fa la guerra a Foa. Nel mezzo il dilemma di Forza Italia

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Le nomine dei vertici Rai sono da sempre fonte di polemica. È il banco di prova tipico che misura capacità e ambizioni delle nuove maggioranze. Il battesimo per la coalizione gialloverde è stato alquanto tormentato. Le indicazioni sono arrivate tardi e dopo un negoziato “vivace” fra Lega e Movimento 5 Stelle. L’esito è ormai noto. Luigi Di Maio è riuscito a imporre Fabrizio Salini, un manager senza precedenti di successo: era stato direttore di rete (e non ad) di La7 salvo essere sostituito molto rapidamente da Urbano Cairo con Andrea Salerno, un capostruttura di Rai Tre. Salini però è legatissimo al Pd e all’ex dg Antonio Campo Dall’Orto (per non dire delle quote nella società di produzione di Simona Ercolani, altra figura di riferimento del renzismo). Per questa ragione, la scelta è stata salutata senza polemiche.

Queste hanno invece investito il candidato alla presidenza, il giornalista Marcello Foa. Espressione della Lega, si tratta certamente di un professionista che non nasconde le sue idee personali. Per quanto insegni all’Università Cattolica di Milano ed abbia un curriculum più che dignitoso, i suoi tweet (molti certamente discutibili) hanno indignato la stampa e il Pd ne ha fatto pietra dello scandalo. In realtà, Foa ha bisogno dei due terzi dei voti in Vigilanza. In poche parole, la maggioranza più Forza Italia (se possibile, con Fratelli d’Italia). Il partito di Berlusconi è reduce da una intesa con i Dem sulla presidenza delle commissioni dove ha ottenuto proprio la guida della Vigilanza. Accetterà ora la lusinga della Lega? Foa d’altra parte è un ex del Giornale e probabilmente, in caso di intesa, gli azzurri potrebbero ottenere qualche posizione nelle testate e nelle reti. D’altra parte, in molti fanno notare che Forza Italia, se non sosterrà il candidato di Salvini, potrebbe assumere il ruolo di guida di fatto dell’opposizione segnando un gran punto a favore con la bocciatura di Foa. Questo però vorrebbe dire allargare in modo assai rilevante il solco che divide le due anime del centrodestra.

Per Forza Italia si tratta quindi di un passaggio delicato e già si vede lo scontro fra colombe e avvoltoi. A intervenire oggi è stato poi Antonio Tajani. Il presidente del Parlamento europeo e vice di Berlusconi ha preso tempo. “Le nomine – ha fatto notare – dovranno essere votate dalla Commissione di Vigilanza. Se ci sarà una maggioranza, la proposta del governo passerà. Se non ci sarà si troveranno altre soluzioni. Noi le stiamo esaminando perché non siamo stati parte della decisione. Vedremo il da farsi. Mercoledì – ha concluso – prenderemo le nostre decisioni”.

Insomma le prossime ore segneranno lo stato di salute dei due forni del centrodestra. E il portavoce del Cav in Parlamento, Giorgio Mulè, dopo aver accolto la scelta dei vertici Rai con grande prudenza, torna sugli assetti di viale Mazzini con un tono diverso. “Il metodo utilizzato dal governo – ha scritto su Facebook – ci ha sorpreso, la maggioranza non ha tenuto conto del ruolo dell’opposizione, e ha sbagliato. Serviva una verifica preliminare visto che il presidente della #Rai è una figura di garanzia. Il momento dell’informazione che viviamo pretende un’ampia condivisione: il nome di #Foa non la avrà e questo contraddice lo spirito della nomina… vediamo se intenderà chiarire alcune prese di posizione sul Capo dello stato, sui diritti civili, sui vaccini per dimostrare che è super partes, cioè un Presidente di garanzia”. Il prezzo è alzato.

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