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Il petrolio torna a Tripoli. Ma resta il nodo sui proventi

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Nelle ultime ore la situazione nella Mezzaluna petrolifera libica si è sbloccata. La Noc (National Oil Corporation) di Tripoli ha revocato la causa di forza maggiore nei porti di Ras Lanuf, Sidra, Harraga e Zuetina dopo che questi ultimi gli sono stati riconsegnati in gestione dall’Esercito nazionale libico. Una svolta che giunge dopo giorni di tensione e preoccupazione dovuti al 25 giugno scorso, quando Haftar aveva deciso di affidare i terminal alla Noc parallela che fa riferimento al governo non riconosciuto di al Baida.

I danni provocati dal blocco ammonterebbero a 1 miliardo di dollari, senza parlare della distruzione dei depositi di greggio di Ras Lanuf, città particolarmente colpita dagli scontri di giugno. Il tutto mentre resta ancora aperto il nodo sulla distribuzione dei proventi petroliferi. In ogni caso la ripresa delle attività di produzione dovrebbe tornare a livelli normali entro le prossime ore, e diverse sono state le reazioni positive di diversi attori internazionali a riguardo. Tra questi l’ambasciatore italiano in Libia Giuseppe Perrone che su Twitter si è espresso sugli “ottimi risultati che provano che i libici possono lavorare insieme per un bene superiore, mettendo al primo posto l’interesse della nazione”. Anche il presidente e i membri del consiglio di amministrazione della Noc di Tripoli, inoltre, hanno “elogiato il comando generale dell’Esercito nazionale libico per aver messo al primo posto gli interessi nazionali”.

La questione che tuttavia resta insoluta e non dirada del tutto le perplessità e le preoccupazioni che avevano tenuto banco in queste ultime settimane, riguarda la distribuzione dei guadagni dovuti al greggio. Il presidente della compagnia petrolifera libica, Mustafa Sanallah, ha evidenziato la necessità di avviare quanto prima un dibattito nazionale sull’equa distribuzione delle entrate petrolifere. “La vera soluzione è la trasparenza: rinnovo la mia richiesta alle autorità responsabili, al ministero delle Finanze e alla Banca centrale di pubblicare i bilanci e le spese pubbliche nel dettaglio”.

E proprio in questo contesto si inserisce la richiesta fatta al Consiglio di Sicurezza dell’Onu del premier Fayez al Serraj di istituire una commissione d’inchiesta internazionale con esperti finanziari per controllare i conti e le operazioni condotte dalla Banca centrale libica di Tripoli e di Baida, in modo da approfondire e indagare sulla trasparenza delle operazioni.

Quando si parla di trasparenza sulla maggiore fonte di ricchezza dello Stato libico, però, si deve scavare davvero a fondo. Il comparto energetico, infatti, rappresenta circa l’80% dell’export e più del 60% del Pil della Libia. Percentuali che pesano come un macigno anche sull’accesso al potere politico e che dunque molto hanno influito sulle azioni del generale Haftar, che comunque continua a presidiare i terminal della Mezzaluna con le sue guardie, nonostante abbia deciso di consegnare i porti alle autorità del governo riconosciuto.

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