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Mai una gioia. Tav, Tap, aereo di Stato. Chi paga il populismo del governo?

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“La #TAV non si fa, l’airbus non si usa, i contratti a termine si limitano, il #CETA non si firma….. ma qualche messaggio in positivo no?”. A chiederselo è Andrea Montanino, direttore del Centro Studi di Confindustria. Non ha tutti i torti, a ben vedere. Questo governo corre il rischio di compromettere le relazioni con i partner economici internazionali con cui, nel corso degli anni, ha progettato e avviato grandi opere, con un costo per l’Italia, anche economico, non di poco conto. L’ultimo dossier su cui il governo si è pronunciato, dalla voce del ministro dei trasporti Danilo Toninelli, è l’alta velocità Torino-Lione, la Tav, tema caro alla base dei 5 Stelle su cui il ministro ha prima aperto a modifiche, salvo poi tornare indietro dopo le proteste dei militanti. Ora arriva una nota da Palazzo Chigi che rimette le cose in ordine, almeno per ora: “Il dossier sulla Tav – fanno notare – al momento non è ancora giunto sul tavolo del presidente del Consiglio, dunque nessuna decisione è stata ancora presa e soprattutto non ci sono state valutazioni al riguardo”. Stephane Guggino, delegato generale del comitato della Transalpine, che promuove la linea ad alta velocità Lione-Torino , però, fa sapere che “abbandonare il progetto costerà all’Italia tanti, tanti soldi”.

I ritardi del governo italiano su un’altra grande opera, il gasdotto Tap che dovrebbe passare dalla Puglia su cui lo scontro tra governo centrale e amministrazione reginale prosegue da anni, hanno fatto traballare anche i rapporti tra l’Italia e un’altro partner internazionale, ossia l’Azerbaijan. Durante la visita del Presidente della Repubblica Mattarella nel paese di Iham Aliyev, infatti, il presidente azero ha manifestato una certa preoccupazione per i ritardi dell’Italia sul suo tratto di competenza dei lavori. “Se non avete più intenzione di portare avanti l’opera non dovete che dirlo, abbiamo rotte alternative, l’Austria e altri Paesi sarebbero ben felici”, avrebbe detto il presidente Aliyev, sottolineando però che ci sarebbero delle panali da pagare per uscire dal progetto. Penali che, come sottolinea uno studio della Socar, un ente energetico azero, e della Bp, oscillano tra i 40 e i 70 miliardi di euro. Le valutazioni del governo di Roma sono più ottimistiche e stimano perdite per 15 miliardi, che però si andrebbero a sommare anche ai danni per i mancati profitti. Insomma, tante penali e niente energia.

Allo stesso modo si può leggere la vicenda, mediaticamente molto sponsorizzata, della rescissione del contratto del cosiddetto Air force Renzi. Una sostanziosa quota pentastellata del governo aveva annunciato ieri il taglio delle spese per l’aereo di Stato voluto da Matteo Renzi nel 2015, ma il costo dell’operazione non è certo zero. Con la rescissione del contratto, ha spiegato il generale Leonardo Tricarico a Formiche.net, “si perderebbe quasi per intero l’importo del leasing a termini contrattuali e si risparmierebbe soltanto il costo di esercizio da qui al termine del leasing. Questo vuol dire carburante, handling, esercizio vero e proprio del mezzo. Non è conveniente”. Insomma: al momento le decisioni del governo su Tav, Tap e Air force Renzi costano all’Italia una pessima immagine di inaffidabilità a livello internazionale, molte e carissime penali e nessun risultato. Il tutto a carico dei cittadini (“E io pago!” direbbe Totò). Mai una gioia.

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