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Tria è la migliore chance dell’Italia in Europa. E su Fincantieri… Parla Fitoussi

Nessuno scontro istituzionale fra Mef e Mise. Il comunicato congiunto di Giovanni Tria e Luigi Di Maio getta acqua sul fuoco e dissipa le voci di una rottura fra i due dicasteri. Una stima inserita all’ultimo minuto nella relazione tecnica allegata al dl dignità di Di Maio, che prevede un effetto collaterale da 8000 esuberi annui, aveva creato non poco imbarazzo alla compagine di governo. Ora che il ministro dell’Economia ha preso le distanze dalle stime, definite “prive di basi scientifiche e in quanto tali discutibili”, nel mirino finisce, ancora una volta, il presidente dell’Inps Tito Boeri. “Non penso proprio che Tria abbia firmato controvoglia il comunicato, né che sia stato lui a modificare la relazione tecnica”. Non ha dubbi Jean Paul Fitoussi, economista francese di fama mondiale e docente alla Luiss. Intervistato da Formiche.net, Fitoussi prende le difese di Tria, “uno spirito libero e un bravissimo economista” e spezza una lancia per il decreto legge di Di Maio. Dopotutto il giovane ministro sta lavorando di più alle riforme sociali del suo amico e connazionale Emmanuel Macron, che “in soli sei mesi è riuscito a tagliare la protezione sociale”.

Jean-Paul Fitoussi, condivide i dubbi sollevati da La Tribune sull’accordo fra Naval Group e Fincantieri?

Non ho davvero capito l’articolo de La Tribune, che non aggiunge nulla di nuovo a ciò che già sapevamo. Se il lungo negoziato con Fincantieri per Stx dovesse risolversi in un nulla di fatto l’Italia e la Francia avrebbero perso invano molto tempo prezioso e diversi punti decimali del Pil.

Nell’articolo viene citato l’ex tesoriere della Lega Francesco Belsito, ora al centro delle indagini sui finanziamenti al Carroccio, un tempo mediatore fra Fincantieri e il governo libico.

Quello è un attacco politico. Tutte le ditte hanno questo genere di problemi. Secondo questo ragionamento l’Italia potrebbe rifiutarsi di siglare un accordo con un’azienda francese se questa ha fatto affari con uno Stato che finanzia l’Isis, e le assicuro che ne sono diverse.

Le accuse del quotidiano parigino nascondono un ripensamento del governo francese?

Mi sembra che i francesi non abbiano le idee chiare, il capitalismo francese è in una fase di pesante ristrutturazione, ha completamente dimenticato il principio di simmetria. Se la Francia si tirasse indietro farebbe un grosso sbaglio, esattamente come ha fatto un anno fa. È un gioco in cui nessuno vince.

Come procedono invece in Francia le riforme sul lavoro?

Direi non bene. In due mesi Macron è riuscito a ridurre la protezione del lavoro e in sei mesi a tagliare la protezione sociale. Il rapporto con i sindacati è ai minimi.

Meglio il dl dignità di Di Maio?

Aspetto di vedere i dettagli per dare un giudizio. L’idea generale mi è sembrata intelligente, interessante e soprattutto necessaria. Le nostre società soffrono di un deterioramento terribile della dignità. I lavoratori dipendenti e gli imprenditori sono maltrattati dalle istituzioni, e chi non ha un lavoro e ha perso la dignità viene considerato un fannullone dallo Stato. Una parte della stampa, forse con un po’ di cattiveria, sostiene che alla fine gli italiani ci guadagneranno poco più di un euro a testa. Spero che si siano sbagliati a scrivere e intendessero 100 euro a testa, che già sarebbero pochi. Non c’è bisogno di altre mance elettorali.

Si riferisce agli 80 euro di Renzi?

Gli 80 euro sono molto di più di una semplice mancia. Alla fine dell’anno diventano 1000 euro, non proprio una cifra irrisoria. In Europa il trend unico è quello di una drastica riduzione della protezione sociale. Il dl dignità di Di Maio ha il merito di andare nella direzione opposta.

Sul decreto è andato in scena uno scontro istituzionale fra i ministri Tria e Di Maio. A far da pomo della discordia una stima aggiunta last minute nella relazione tecnica che prevede 8000 posti di lavoro persi all’anno. Ora un comunicato congiunto ha gettato acqua sul fuoco. Crede che Tria lo abbia fatto controvoglia?

Non penso proprio. Tria fa qualcosa solo se ne è davvero convinto. È uno spirito libero, non rinuncerebbe mai alla sua indipendenza. E non scenderà a compromessi andando contro le sue convinzioni, tanto meno su politiche che continueranno a dispiegare i loro effetti anche molto dopo la fine di questo governo.

Sembra che la manina che ha ritoccato la relazione tecnica fosse di Tito Boeri..

Boeri ha le sue ragioni, tutto il resto è un gioco politico. Non sarò io a dare un giudizio in merito.

Lei vede nel n.1 del Mef un freno all’attuazione del programma di governo?

Tria invita alla responsabilità, e ha ragione. Sta provando a dire chiaramente e fermamente qual è la sua posizione e qual è la linea rossa da non attraversare. Procede passo passo, con trasparenza, esattamente come dovrebbe fare qualsiasi governo quando inizia ad attuare il suo programma.

Mi sembra soddisfatto delle sue prime settimane al Mef.

Soddisfatto o no, io mi fido molto di Tria perché è veramente un buon economista. Non ce ne sono tanti oltre a me e lui (ride, ndr). Non importa se un economista è di estrema sinistra o di estrema destra, e non è certo questo il caso. Importa che il popolo sappia di avere un ministro dell’Economia che sa di cosa parla.

Eppure in ambienti di governo c’è chi vede in Tria un ostacolo per l’attuazione del programma.

Non è così. È inutile parlare di programma senza tener conto dei vincoli europei. Promettendo di spendere decine di miliardi di euro come e quando si pare non si otterrà nulla da Bruxelles. Alzare la voce qualche volta serve, lo abbiamo visto con l’immigrazione, ma non è questo il caso. Tria vuole fare le cose step by step. La sua presenza al Mef rassicura l’Europa e questo è l’unico modo per strappare qualche concessione.

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