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Da Washington Emilio Carelli ci racconta Trump e il vertice di Helsinki

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“Male, molto male. Qui tutti sono delusi dal summit di Helsinki”. La voce di Emilio Carelli tradisce un po’ di preoccupazione. È a Washington Dc, dove ha partecipato a un dibattito dell’Atlantic Council, uno dei più influenti think thank d’oltreoceano, fra due pezzi da 90 della politica statunitense: il senatore repubblicano Marco Rubio, noto alle cronache per aver provato (e fallito) la corsa alla nomina del partito durante le presidenziali del 2016, e il senatore democratico Mark Warner, vecchia colonna dell’asinello. Poco importa l’appartenenza politica, dalle parti di Capitol Hill non tira una buona aria. “L’impressione è che Trump voglia riportare la Russia a una forza che non ha da anni e creare instabilità nella società americana” racconta a Formiche.net il deputato pentastellato, approdato nel Movimento alle ultime elezioni dopo una lunga carriera da giornalista.

Carelli non è certo alle prime armi quando si parla di politica americana, che ha seguito sempre con un occhio di riguardo anche grazie alla direzione di SkyTg24. E però deve essersi sentito un po’ solo al convegno dell’Atlantic Council, dove è andato in scena un vero e proprio processo contro il Presidente Trump, accusato di aver regalato a Putin un piedistallo che non vedeva da tempo. Ci ha provato, Carelli, membro di un partito che assieme alla Lega non fa mistero di cercare un dialogo con Mosca, a spiegare la bontà di allentare le tensioni con i russi. Nulla da fare. “Sono infuriati con Trump. Ce l’hanno con lui perché in conferenza stampa ha completamente ignorato i risultati dell’inchiesta sul Russiagate. Peggio, ha dato credito alla versione di Putin. Anche se Mueller non ha dubbi: i russi hanno interferito nelle elezioni”. Già, il Russiagate. Quello che Trump ama definire, con intervalli di due ore fra un tweet e l’altro, “witch hunt”, “una caccia alle streghe”. “Può essere che il team di Trump non ne sapesse nulla, ma ci sono comunque dodici agenti russi indagati, e, ha ricordato Warner, ci sono le prove di un attacco contro il comitato elettorale di Hillary Clinton” prosegue Carelli mentre riavvolge il nastro dell’incontro.

Saranno i soliti democratici, penseranno i fan del tycoon. Ma a questo giro non si tratta del quotidiano carosello di accuse contro il Presidente. Ci sono interi pezzi dell’establishment politico americano che puntano il dito contro gli abbracci e i sorrisi fra Trump e Putin. Basta farsi un giro sul profilo twitter di John McCain, colonna del partito repubblicano, eroe di guerra (e per questo difficilmente attaccabile). “La conferenza stampa a Helsinki di oggi è stato il punto più basso raggiunto da un presidente americano” ha tuonato lunedì il senatore dell’Arizona, che a Washington gode di un rispetto trasversale.

“C’è la sensazione diffusa che Putin sia riuscito nel suo obiettivo: far sembrare la Russia più potente di quello che è e gli Stati Uniti meno forti” aggiunge più distaccato Carelli. “Alla conferenza c’erano con me rappresentanti di altri Paesi europei, Ucraina, Lettonia, Estonia, Polonia, e vi assicuro che erano tutti preoccupati. Io sono l’unico che ha provato ad andare controcorrente. Ho sottolineato che il Movimento sta con l’asse atlantico, ma nel contratto per il governo italiano è espressamente previsto un dialogo con la Russia, posizione cui sono rimasti fedeli il presidente Conte e il ministro degli Esteri Moavero Milanesi”. Fedeli ma nei limiti del possibile, si intende. Altrimenti non si spiegherebbe come mai Giuseppe Conte ha votato a favore del rinnovo delle sanzioni alla Russia in seno al Consiglio Europeo, senza neanche adagiare i pugni sul tavolo. Il deputato pentastellato non sembra affatto sorpreso. “Conte ha capito che in questo momento storico l’Italia deve mantenere uno stretto legame di unità con gli altri Stati europei”, dice. “Per adesso meglio così: non c’erano comunque i numeri per una revisione ed è stata evitata una rottura in seno all’Ue”. Sanzioni a parte, all’amministrazione Usa il nuovo governo italiano piace, eccome. “Importantissima per i rapporti bilaterali Italia-Usa sarà la visita del presidente del Consiglio Conte alla Casa Bianca per incontrare Trump il prossimo 30 luglio” racconta Carelli, “parlando con gli interlocutori americani ho percepito un grande interesse per l’esperimento politico italiano e il nuovo governo. C’è tanta voglia di conoscerlo e di comprenderlo”.

Il giornalista difende senza troppe esitazioni il governo gialloverde. E mostra affetto verso il Movimento guidato da Luigi Di Maio, cui ha aderito lo scorso gennaio. Si dice entusiasta dell’ultima battaglia vinta, quella contro i vitalizi. “È una battaglia che ho sempre sentito mia, anche in tempi non sospetti. I vitalizi erano un privilegio inaccettabile, le regole che si applicano ai lavoratori comuni devono essere le stesse che si applicano ai parlamentari”. Gli facciamo notare che il Movimento talvolta appare ansimante, schiacciato dal protagonismo tutto-fare di Matteo Salvini e la sua squadra. “Mi sembra un giudizio troppo severo. È senz’altro un ministro combattivo, ma agisce nell’ambito di sua competenza” risponde con un sorriso. E chiude con un sussulto d’orgoglio per questi primi mesi di governo: “Stiamo mandando avanti le nostre battaglie, dal reddito di cittadinanza al decreto dignità. E poi la politica è fatta di tanti provvedimenti concreti che ai giornali possono risultare poco eclatanti ma sono molto utili alle persone”.

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