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Di Maio vuole l’accordo su Ilva ma… C’è un grande ma

ilva, investitori

Non deve sorprendere la fumata nera di oggi sull’Ilva, perché essa fa parte della strategia che il ministro Di Maio sta provando ad attuare da settimane. Il giovane ministro a cinque stelle ha infatti deciso di tirare la corda fino all’ultimo momento utile, perché è convinto che riuscirà così a spuntare condizioni migliori ad Arcelor Mittal, in virtù del fatto che l’azienda vuole a tutti i costi acquisire lo stabilimento pugliese.

Insomma, Di Maio cammina sul filo di una trattativa con sprezzo del pericolo, avendo un solo obiettivo vero: chiudere l’accordo a condizioni assai migliori di quelle concordate dal suo predecessore Calenda (giunto a un millimetro dalla firma). Per arrivare allo scopo può contare su due alleati importanti, cioè i dazi americani, che rendono particolarmente redditizi quei milioni di tonnellate di acciaio prodotti a Taranto e il generale “Estate”, che rende tutto più digeribile tra un tuffo in mare e una partita a racchettoni.

Il nodo centrale riguarda i posti di lavoro, che Di Maio vuole tutelati in maniera più marcata mentre l’azienda vorrebbe portare a casa una discreta tosatura: ballano dei bei soldini quindi, ma va detto che entrambi i giocatori perdono se lasciano il tavolo (e infatti se ne guardano bene). Al Mise si dice con una certa baldanza che il mese giusto per chiudere sarà settembre, peraltro politicamente molto più importante perché già parte della complessa agenda autunnale.

Fino ad allora assisteremo ad un balletto un po’ stucchevole, fatto di rinvii e cortine fumogene, esattamente come la balzana idea del ministro di interessare l’Avvocatura dello Stato, mai e poi mai deputata a pronunciarsi sulla correttezza di una gara conclusa. Volendo tirare le somme possiamo dire che il ministro scherza col fuoco (va ricordato che non esiste un piano B nel caso di fallimento della trattativa in corso), ma per ora sembra avere ancora il coltello dalla parte del manico.

Corre però l’obbligo di ricordargli che il mondo ci guarda e ci giudica, come saggiamente evidenziato oggi da Ferruccio de Bortoli nell’inserto economico del Corriere: un po’ di soldi sono già in uscita dell’Italia e non possiamo scherzare sull’affidabilità del nostro sistema, fatto di conti pubblici e decisioni del governo.

Di Maio quindi faccia fino in fondo la trattativa, cercando di portare a casa il miglior risultato. Sarà una vittoria per lui e per tutti, soprattutto se arriverà presto. Abbandoni invece (anche senza dirlo pubblicamente, per carità) ogni ipotesi di annullamento della gara, che porterebbe ad un bagno di sangue economico per lo Stato (cassa integrazione) e aprirebbe le porte ad un contenzioso devastante.

Sappia il ministro che Arcelor Mittal ha pronte tutte le carte per un ricorso micidiale, curato dai migliori studi internazionali. Nei colloqui “off the records” di oggi al ministero si sono detti sicuri di vincere.

Si vis pacem para bellum.

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