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L’Erasmus delle periferie. Perché i valori comuni europei esistono (e valgono)

Di Giacomo D'Arrigo
L'agenda guerra

Castelvetrano, Corviale, Norcia, Rosarno, Iglesias, Portella della Ginestra. Sei località che Agenzia Giovani, con formule e iniziative diverse, ha toccato in questi anni. Le ultime due nelle scorse settimane: nel Sulcis-Iglesiente, la provincia più povera d’Italia e nel palermitano, nel luogo della prima strage di mafia dalla nascita della Repubblica. Sei tappe tra i tantissimi appuntamenti territoriali organizzati per far conoscere l’Agenzia e le possibilità che Europa ed “Erasmus+” offrono ai più giovani.

Dalla sua nascita 30 anni fa, il programma più noto dell’Ue si è evoluto, cambiando man mano che la società europea generava nuovi bisogni e obiettivi, definendo quindi nuovi perimetri e orizzonti. In questi anni si è trasformata l’Europa, e questo programma (forse la storia di maggior successo dalla nascita dell’Ue) si è adattato: da “Eramus” strumento per le elité e riservato solo agli universitari a “Erasmus+”, più forte (14 miliardi di budget) e inclusivo (per tutti, non solo studenti).

Ciò ha permesso di aprirsi e rivolgersi a fasce di giovani diverse, escluse e con minori possibilità. Nuove generazioni non scolarizzate o con priorità differenti dalla formazione universitaria, alle quali sarebbe stata preclusa la possibilità di vivere una esperienza continentale di scambio, di mobilità e acquisizione di competenze. Più banalmente, di mettere all’altezza degli occhi quel che accade nel mondo e come questo cambia e gira, acquisendo conoscenze e competenze necessarie, utili non solo per guardarlo ma anche per saperlo “affrontare” meglio.

La scelta di non limitarsi alle grandi aree urbane, ai comuni già attivi, ai territori più reattivi, è stata quindi naturale, andando anche nella direzione che incrocia comunità che, per motivi diversissimi tra loro, hanno rilevanti criticità e le cui giovani generazioni sono più in sofferenza rispetto a quelle di altri territori. La presenza della mafia, il degrado di una grande periferia urbana, un terremoto devastante, l’impatto non gestito dell’immigrazione, la povertà di centinaia di famiglie nel post deindustrializzazione. Tutti motivi che hanno reso questi Comuni davvero difficili e le loro comunità ancora più fragili. La cui debolezza, però, può anche farsi forte dell’associazionismo, del volontariato, dell’impegno civico e più in generale degli under 30 che, ovunque, sono elemento di innovazione e cambiamento.

Contro la logica, diffusissima, che basta avere “un Santo in paradiso e una buona raccomandazione”, in questi contesti appena descritti, l’idea è stata quella di dire: strumenti e risorse sono disponibili, percorsi e attività esistono, adesso tocca a voi proporre idee e proposte. Chiedendo a tutti – giovani, associazioni, amministratori – di partecipare attivamente, responsabilizzandosi con progetti da presentare, gestire, rendicontare. Non fermarsi a rivendicare (giustamente) una condizione di difficoltà non voluta, ma alzarsi in piedi e iniziare a camminare usando le occasioni che l’Agenzia, l’Erasmus+ e l’Europa, percepita oggi così lontana, mettono a disposizione.

In tutte queste realtà, nelle diverse regioni, il riscontro di amministratori locali attenti e capaci: spessissimo giovani e pronti a cogliere un messaggio di innovazione e apertura che, a certe latitudini, sbatte contro il muro di gomma della diffidenza, delle diverse priorità quotidiane, contro il vento contrario. Ma come la letteratura racconta bene, l’aquilone si alza con il vento contrario, non con quello a favore.

Castelvetrano, Corviale, Norcia, Rosarno, Iglesias e Portella della Ginestra sono luoghi dove, oggi più che mai, serve l’Europa concreta. Quella positiva, che produce risultati ben visibili, oggi distante dal dibattito politico e mediatico perché fuori dal sentiment del racconto difficile della globalizzazione mentre, a guardare bene, da 30 anni c’è un programma dell’Unione che porta i giovani a guardare e vivere cambiamenti e sfide nuove in un mondo che ogni giorno è nuovo. Aiutandoli ad adattarsi e a crescere.

Stare con i piedi nei luoghi in cui prende forma “Erasmus delle periferie” e, al tempo stesso, fare in modo che il programma “conosca e incroci” interlocutori e realtà nuove, le periferie d’Italia.

Se e come miglioreranno o meno queste realtà sarà uno dei temi di svolta del prossimo futuro. Uno dei terreni su cui si giocheranno partite importanti. Territori, comunità, generazioni, economie: la declinazione di tutto ciò sarà determinante tra evoluzione e involuzione per interi pezzi di questo Paese. In certi contesti quando si rompe la staticità, si aggiusta la vita.

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