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Washington appoggia l’Italia sulla Libia. Ma ora il governo elabori un piano

L’appoggio degli Usa per la Conferenza sulla Libia che si terrà in Italia nell’autunno prossimo, la cabina di regia permanente tra Usa e Italia per il Mediterraneo allargato in chiave di lotta al terrorismo e il riconoscimento della leadership italiana in Libia e nel Mediterraneo. Al netto dei toni roboanti, la sensazione è che Conte a Washington abbia incassato il forte incoraggiamento dell’alleato americano perché la politica estera italiana nel Mediterraneo allargato compia un cambio di passo decisivo. Una volta tornato a Roma, a Conte spetterà l’arduo compito di tradurre le parole del bilaterale in una strategia concreta, sapendo di poter contare sull’appoggio di un partner molto importante.

Per provare a decifrare il puzzle libico e capire se, e come, l’intesa tra Trump e Conte potrà sfociare in dei passi avanti concreti, Formiche.net ha contattato Federica Saini Fasanotti, la consulente del Segretario alla Difesa Mattis sulla Libia per conto della Brookings Institution di Washington.

Dottoressa Fasanotti, tutti i giornali riportano la notizia dell’intesa tra Conte e Trump per una cabina di regia Italia-Usa per il Mediterraneo allargato. Secondo lei che forme prenderà? Quali sono le intenzioni degli Usa? 

Ad oggi le forme che questa partnership può assumere le sanno forse solo Conte, Trump e alcuni dei rispettivi funzionari che seguono il dossier. Probabilmente si tratterà di una collaborazione tra i ministeri degli esteri e della difesa e il Pentagono. L’idea è senz’altro buona, io stessa più di una volta ho incontrato le personalità del Pentagono per parlare di Libia e tutte mi chiedevano “cosa possiamo fare per voi?”. Io ho sempre risposto che ci aiutassero ad avere un focus chiaro e a venire a compromessi, soprattutto per pervenire a un accordo con i francesi. Ho sempre chiesto un impegno diplomatico, altro non è pensabile. Non credo ci siano proprio le precondizioni perché gli Usa si impegnino con delle missioni militari, se non piccole e limitate, come quella in Mali. C’è sicuramente la volontà di Mattis di affrontre il problema Libia, perché ha capito che, a prescindere dal problema africano, la Libia è un problema per l’Europa, a causa dell’immigrazione incontrollata e non solo. È chiaro che se vuoi avere alleato forte che ti sostegna contro i nemici che hai più a est e vedi che si sgretola per il problema delle migrazioni, è nel tuo interesse aiutarlo a risolverlo. Secondo me quindi Trump la proposta l’ha presa bene, è quello che gli americani si aspettavano.

Si è parlato anche di leadership i taliana in Libia, come la mettiamo con la Francia? 

Credo sinceramente che di leadership si possa parlare proprio poco. I francesi lì hanno i nostri stessi interessi, non solo economici ma anche politici. La visibilità a livello internazionale è uno di questi. Non scordiamoci che noi siamo andati nel 1911 in Libia la prima volta proprio per motivi di prestigio, a volte si fanno cose solo per apparire, ma la Libia non ha bisogno di essere usata come palcoscenico. È evidente che la conferenza che si terrà a Roma in autunno sulla Libia e sul tema Africa, e che vedrà la partecipazione anche degli Usa, sembra fatta proprio per riacquistare credibilità diplomatica vis à vis con la Francia. Oggi però, e vale per tutti, in Libia non si può entrare con qualche idea estemporanea, serve una strategia e un piano lungimirante.

Ma cosa cambia se gli americani appoggiano la strategia italiana e non quella francese? Sulla Libia la pensiamo quasi all’opposto. Loro vogliono le elezioni, noi pensiamo non ci siano ancora le condizioni. Noi siamo i primi sostenitori del governo di unità nazionale, loro ormai appoggiano apertamente Haftar…

È chiaro che oggi all’Eliseo saranno tutti agitati e innervositi. Vedendola da fuori dopo tutto quello che ha fatto Macron non può fare piacere vedere l’intesa tra Conte e Trump. Certo Macron in Libia ha fatto e continua a fare cose piuttosto discutibili, da ultima la spinta per le elezioni. Gli italiani hanno ragione a dire che sono premature, se non hai una legge elettorale, ma soprattutto se la struttura nazionale non è in grado di garantire la sicurezza e hai delle milizie che sono attori  importantissimi sul campo, come puoi assicurare che le elezioni avvengano regolarmente e che non ci siano accuse di brogli? La tensione rischia peraltro di sfociare in scontro militare. Dall’ambasciatore Perrone in giù i dubbi italiani sono più che giustificati.

Una volta ottenuto l’appoggio diplomatico degli Usa, cosa verrà chiesto all’Italia? Dovremo impegnarci di più?

Ribalterei i termini della questione. È l’Italia che dovrà proporre qualcosa. La richiesta è stata fatta dagli italiani. Parliamoci chiaro, a Trump la Libia non interessa ed è ben contento di approvare l’idea italiana della cabina di regia. Ma “so what?”, qual è l’idea dell’Italia? È qui che, come italiana, voglio vedere l’azione del mio governo, spero mi facciano essere orgogliosa. È necessario assumersi le proprie responsabilità sennò le parole del summit rimarranno lettera morta. Il Pentagono si è mosso tempo fa. Mattis mi ha voluto vedere per parlare di Libia e ha dimostrato un profondo interesse per la questione. Esiste già un progetto coordinato da vari think tank americani che stanno cercando di scrivere una strategia iniziale per il Pentagono. Il tempismo della proposta italiana è quindi ottimo, ora però bisogna elaborare un piano.

Ma una strategia per la Libia può prescindere dal coinvolgimento degli altri attori regionali? Penso per esempio a Egitto e Tunisia. 

Ovviamente no. È come se dovessimo creare una strategia per l’Italia senza tenere conto di Francia, Svizzera, Germania e dire anche dei Balcani. Soprattutto se si guarda alla Libia nell’ottica del terrorismo e dei movimenti degli elementi jihadisti.

Come valuta a questo proposito il riavvicinamento tra Roma e Il Cairo?

È chiaro che serve una strategia che tenga conto di tutta la situazione del Nord Africa. Per questo secondo me il disgelo tra Roma e il regime di al-Sisi deve essere benvenuto, gli interessi e l’influenza egiziani in Cirenaica sono chiari a tutti. Occorre arrivare a dei compromessi, è necessaria una collaborazione tra Stati. Agire da soli vorrebbe dire fallire ancora una volta, occorre mettere da parte gli interessi nazionali e magari, per una volta, agire veramente da europei.

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