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Non bastano i like. L’opposizione pronta a fare la sua parte. Parla il dem Mor

Di Mattia Mor

In questo Ferragosto terribile che ha tolto il sonno agli italiani lasciandoli sospesi a mezz’aria come il camion simbolo della tragedia del ponte Morandi, viene da pensare che ancora una volta siamo pervasi dalla sindrome calcistica da ‘giorno dopo’ del tifoso. Nel momento del doveroso silenzio pare di vedere nella reazione della politica che ha la responsabilità di governo la stessa attitudine da bar di chi, il giorno dopo una partita persa, non faccia che dividere le colpe e le responsabilità.

La verità è che su Genova sono state dette troppe bugie e sono emersi troppi insulti, troppe dita puntate che stanno oscurando la priorità di queste ore: risolvere i mille problemi che dopo il dolore, lo sconcerto e nel perpetrarsi di un lutto di cui ancora non si comprende appieno l’entità, stanno emergendo con un allarmante codice rosso. Il punto è che si tratta di una sfida che coinvolge tutti noi, e non serve fare i fenomeni, solo fare le cose in modo razionale e responsabile, usando le migliori competenze possibili in campo. La tecnica del No ideologico a ogni nuova opera, i comitati che si oppongono a tutto, le minoranze rumorose e i troppi veti ci hanno consegnato un Paese ripiegato su se stesso.

Viene da chiedersi cosa accadrebbe se la politica odierna, invece che accarezzare il pelo delle minoranze del No, inseguendone lo scontento, avesse la lungimiranza di capire che a restare immobili per troppo tempo si finisce per indebolirsi e si frana. Quante opere sono bloccate e quante lo saranno ancora, secondo quanto sembra dalle dichiarazioni degli ultimi mesi? Quanti No a strade e superstrade, a nuove infrastrutture, mentre continuiamo ad avere un Paese diviso a metà, con un sud dove manca tutto, un centro flagellato dalla Natura ed un nord che sotto i colpi del fatalismo ha cominciato la ritirata?

Le domande da fare a questo governo vanno tutte coniugate al presente: ci devono dire oggi come vogliono fare la ricostruzione del ponte Morandi, quando gli sfollati avranno una casa, se si fanno il Terzo Valico e la Gronda, opere mancate nel segno e per colpa del mantra del ‘No’. Ci devono dire oggi, non ieri né domani, senza insultare e puntare il dito come al Bar Sport cosa intendono fare: la competenza è questo, avere le conoscenze adeguate per prendere le decisioni migliori.

Scendere in campo non è la stessa cosa che gridare dagli spalti. E non è revocando la concessione ad Autostrade che si risolvono i problemi, senza che non sia conclusa, forse nemmeno iniziata, alcuna indagine, né emesso un avviso di garanzia. Magari può servire come scalpo del ‘nemico’ in versione ‘like’, ma se ci fermiamo a riflettere un momento possiamo capire che i venti miliardi di penale che lo Stato, che non li ha, dovrebbe pagare alla società possono e devono essere utilizzati altrimenti, tanto per cominciare per completare quelle opere per cui si è già impegnata.

Non ci sono soldi da buttare, chi ha sbagliato pagherà e ristorerà le vittime, se lo dirà la magistratura, non un post di Facebook di un vice premier. Non ha senso anche solo avere bisogno di trovare un colpevole, un capro espiatorio, mentre ancora si sta cercando di salvare i dispersi. Compito della politica adesso è ottimizzare le energie per risolvere i problemi dei genovesi. Un governo serio dovrebbe avere le idee molto chiare su cosa deve fare: gestire l’emergenza Genova e aprire una riflessione seria sulle infrastrutture in questo Paese che va certamente messo in sicurezza, a cominciare da una ricognizione sui ponti, i viadotti e gli edifici costruiti negli anni sessanta.

Non possiamo vantarci di essere uno dei paesi più industrializzati dell’Occidente e poi lasciare che tutto crolli. Basta fare i grandi urlando e pensare di governare situazioni complesse con slogan e propaganda, è ora di rimboccarsi le maniche per trovare soluzioni concrete, nell’interesse del Paese intero, con l’aiuto dei partiti di maggioranza e di opposizione.

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