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Salvini e la nuova destra internazionale che avanza. Parla Magatti

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In quello che definisce “un Paese a pezzi” dopo sei anni di guida Pd, Matteo Salvini ribadisce la sua volontà di ridare slancio alla “sovranità popolare” di cui, secondo lui, i governi che lo avevano preceduto non si erano molto occupati. Un breve scritto, quello del ministro dell’Interno e vicepremier italiano, destinato ad essere la prefazione del libro di Paolo Becchi e Giuseppe Palma “Dalla Seconda alla Terza Repubblica” e pubblicato su Libero. Un articolo che raccoglie, come afferma in una conversazione con Formiche.net, il professore Mauro Magatti, ordinario di Sociologia della Globalizzazione all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano “quelli che sono, ormai, in maniera sempre più evidente, utilizzati come argomenti della nuova destra che si va affermando, con tutta una serie di specificità nazionali, sul piano internazionale”.

Insomma, se Salvini, appoggiando una tesi già precedentemente espressa da Becchi, sostiene il superamento della concezione politica di “destra” e “sinistra”, affermando come questa sia ormai stata soppiantata da quella tra “popolo” ed “élite”, Magatti aggiunge: “Quello che noi chiamiamo sovranismo o populismo, si inserisce oggi in una scia che vede Trump da una parte, Orban dall’altra, insieme anche a Marine Le Pen e altri, ponendosi in pratica come elemento base di un movimento nuovo che sempre più chiaramente si sta facendo strada a livello internazionale”.

Salvini tradizionalmente parla alla pancia del Paese (penso alle banche, al lavoro, alle imprese, alla lotta all’immigrazione clandestina). Quanto, secondo lei, la rabbia del cittadino fa da carburante a questo governo?

Sappiamo che certamente c’è questo malcontento, diffuso soprattutto in alcuni Paesi rispetto ad altri, ma in ogni caso quello che è stato prodotto con le politiche di aggiustamento post 2008 ha dato vita a due nodi principali: da una parte una crescita economica che è positiva ma non è in grado di assorbire gli effetti della tempesta del 2008 e che quindi si trascina dietro una quota di popolazione che non ha prospettive di benessere. Dall’altra parte sappiamo che questa è una crescita economica che ha un problema dal punto di vista della creazione di lavoro e reddito. Questi due elementi, che non riguardano comunque tutta la popolazione, anche se ne raccolgono una quota abbastanza ampia, tendono quindi a produrre quel malcontento, insoddisfazione, rabbia, rancore che questa nuova destra chiaramente utilizza per creare il proprio consenso. Ma è un po’ liquidatorio dire che questa nuova destra, che resta un fenomeno internazionale, vince perché parla alla pancia del Paese. Non c’è ovviamente dubbio che vi parli, ma si rivolge a quella parte di popolazione, sia in Italia che altrove, che di fatto non è più nelle condizioni di avere un accesso al benessere.

Quali sono gli altri elementi su cui si fondano questi nuovi movimenti internazionali?

L’elemento che viene utilizzato per creare nuovo consenso politico è la crisi degli effetti economici e finanziari, che hanno retto gli ultimi decenni, e a cui la sinistra aveva dato un contributo in termini di pensiero, di ideologia. Dunque l’operazione che viene fatta oggi, nell’accusare la sinistra della responsabilità dell’insostenibilità di quegli effetti, cerca appunto di porre le basi per un nuovo consenso che però fondamentalmente dice che cosa non vuole, ma fa più fatica a dire quello che vuole.

L’Italia del governo giallo-verde, secondo lei, potrà un giorno andare d’accordo con l’Unione europea?

Quello che accadrà è che le prossime elezioni europee vedranno probabilmente una nuova proposta che metterà insieme il gruppo di Visegrad, all’Austria, a Salvini, a Marine Le Pen, al nuovo leader dei popolari in Spagna. Questo nuovo fronte emergerà per cambiare le istituzioni europee e le sue regole. Dunque il tema non è tanto se Salvini potrà andare d’accordo con l’Europa, quanto quello se questo movimento avrà la forza di cambiare l’Europa così come l’abbiamo concepita negli ultimi venti anni.

Considerando che questa alleanza tra Lega e 5stelle si basa sostanzialmente sul contratto di governo (come ribadito anche da Salvini), secondo lei questo esecutivo quanto potrà durare?

Naturalmente Salvini ha tutto l’interesse a mantenere aperti i due forni, sia quello con il Movimento 5 Stelle, sia quello di Forza Italia e il centrodestra in generale. Dipenderà da variabili che ora non sappiamo. Quello che però mi sembra evidente è che i 5 Stelle cerchino di esprimere una propria autonomia e di sottolineare alcune attenzioni nel modo in cui riescono, vedi la questione Ilva, piuttosto che quella della Tap. La mia sensazione è, però, che per la forza della Storia, non per la forza di Salvini, il Movimento 5 Stelle sarà fondamentalmente risucchiato da quel movimento internazionale di cui parlavo prima. Ci sono dei momenti nella Storia, e questo è uno di quelli, in cui di fronte alla debolezza dei partiti riformatori, di sinistra o di centro, le istanze popolari vengono espresse più nei partiti di destra. Alla fine non so quanto il governo durerà, ma la mia sensazione è che resterà abbastanza poco dei 5 Stelle, al di fuori della linea di governo che si inserisce comunque in questo quadro internazionale.

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