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L’Europa (in)difesa. Tutte le mosse di Bruxelles

Savona e Giorgetti provano a costruire il governo del “fare” (meglio gli applausi a loro)

Per chi fa politica gli applausi sono tutto, anche quando arrivano durante un funerale.

È successo a Genova per Di Maio e Salvini, così come accadde quasi dieci anni fa a Berlusconi, al suo massimo di popolarità per la pronta reazione messa in campo dopo il drammatico terremoto a L’Aquila.

Questi applausi segnano un ulteriore vittoria per Lega e M5S (ed una sconfitta per il PD, con i fischi a Martina e Pinotti), ma devono essere gestiti con grande sapienza, perché possono facilmente rivelarsi un boomerang.

Ma perché è andata così a Genova?

La risposta è chiara ed arriva da Antonio Polito oggi in prima pagina sul Corriere: il governo è forte di consenso popolare perché continua a fare l’opposizione, avendo trovato il nemico perfetto (il gruppo Autostrade-Atlantia e la famiglia Benetton).

Siccome però non si può vivere di sola opposizione, nell’esecutivo c’è chi si sforza di guardare avanti, anche perché l’autunno finanziario si annuncia tempestoso.

Ecco allora farsi avanti un inedito “duo”, che agisce in perfetta sincronia.

Comincia Giorgetti sul Messaggero, dove annuncia un robusto piano di spesa sulle infrastrutture per settembre.

Prosegue Paolo Savona sul Sole 24 Ore con un articolo destinato ai palati fini ma dal contenuto esplosivo e tutto politico, poiché il professore spiega in due mosse come il governo andrà a discutere a Bruxelles, facendo leva cioè su una previsione di crescita del PIL  in netto miglioramento (nonostante le diverse indicazioni attualmente disponibili) e su un grande sforzo di investimenti che veda protagonista lo Stato ma anche le imprese, a cominciare da quelle a controllo pubblico (ENI, Terna, Leonardo, Enel).

È ben chiaro cosa hanno in testa Giorgetti e Savona, lontani anni luce dall’approccio emotivo e drammatico figlio del contatto con le famiglie delle povere vittime del crollo del ponte Morandi.

Hanno in mente alcuni passaggi decisivi dei prossimi mesi, che sono essenzialmente quattro, cioè il giudizio della agenzie di rating (si comincia già a fine agosto), l’atteggiamento verso il nostro debito pubblico dei compratori di tutto il mondo (tra maggio e giugno gli stranieri hanno “mollato” 58 miliardi di euro di titoli italiani) che si misura anche con lo spread, la trattativa con l’Unione Europea per la nostra legge di bilancio e, infine, la capacità del sistema nazionale di reggere la fine del quantitative easing creato da Mario Draghi.

Per vincere queste partite gli applausi di Genova non bastano, anche se consegnano una rilevante forza politica al governo (ma dipende in che direzione viene utilizzata).

Sui quei tavoli serve credibilità e sostanza ed ecco perché Giorgetti e Savona insistono su alcuni punti chiave.

Il primo sulla affidabilità del governo, al punto che il “Richelieu” di Palazzo Chigi affonda la lama su due punti delicatissimi, confermando che la TAP si farà così com’è prevista e che anche la TAV andrà in porto (pur alleggerita nel progetto).

Il secondo tendendo un atteggiamento verso Bruxelles di assoluta collaborazione, ben sintetizzata nel verbo utilizzato, cioè “discutere”.

Insomma Giorgetti e Savona si incaricano di spiegare che la fase emotiva della drammatica settimana di Genova è alle nostre spalle, pur essendo chiaro che dovranno essere accertate tutte le responsabilità con sveltezza ed efficacia.

Però è altrettanto chiaro che il governo deve guardare avanti, poiché altrimenti finirà per essere vittima del sua stessa popolarità, buona per aprire nuovi fronti ma difficile da usare per dare risposte concrete.

Ecco allora qualche nuovo ragionamento anche sul fronte Autostrade per l’Italia, pur se la conferenza stampa di ieri di Castellucci non ha entusiasmato, molto nella forma e un po’ anche nei contenuti.

Se ne fa carico il sindaco di Genova Bucci, che proprio oggi invita tutti a non gettare alle ortiche le disponibilità economiche formulate dalla società concessionaria.

I 500 milioni promessi da Castellucci (che in sede di trattativa possono crescere in modo significativo) fanno gola al sindaco e anche al governatore Toti, preoccupati per la città e le sue attività economiche.

Bucci sa bene che in caso di accordo con Autostrade la costruzione del nuovo ponte può partire in tempi rapidi, mentre vede come il fumo negli occhi l’avvio di un tribolatissimo contenzioso.

E così si fa avanti, dicendo quello che tutti in città npensano ma che pochi (per ora) osano dire.

Governare è arte difficile e il compromesso non è per definizione creatura del demonio.

Lo starà comprendendo anche il ministro Toninelli, cui ricordiamo la promessa fatta (ma per ora non mantenuta) di rendere pubblici tutti gli atti degli accordi tra la Stato e le società con concessioni per le autostrade, atti a tutt’oggi secretati.

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