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Droni, fregate e sanzioni. Che succede a Cipro sul gas?

Chi si sarebbe aspettato ancora calma e gesso da Nicosia rimarrà deluso. Cipro sulla crisi del gas non muta la sua strategia e incassa un doppio bonus: da un lato ottiene il sì di Bruxelles alle sanzioni verso la Turchia, rea di azioni illegali nella zona economica esclusiva, dall’altro schiera i droni israeliani nelle proprie acque, confermando di far parte di un blocco unito e nel solco di leggi e trattati internazionali.

QUI BRUXELLES

Pollice in su da parte del Consiglio europeo verso misure restrittive contro persone fisiche e giuridiche responsabili o coinvolte nelle attività illegali di Ankara, per la trivellazione nel Mediterraneo orientale in cerca di idrocarburi. Confermate le conclusioni del Consiglio del 14 ottobre scorso sulle attività illegali al largo di Cipro all’interno del blocco 7, che Nicosia ha affidato con regolare gara a Eni e Total. Il prossimo passo spetta a Lady Pesc, Federica Mogherini, chiamata adesso a presentare “rapidamente” proposte per le sanzioni. Di fatto rappresenta un passo significativo: vuol dire che al netto delle difficoltà europee di gestione di questa come di altre emergenze (vedi Siria), l’Ue batte un colpo importante verso un player, la Turchia, che troppi scatti in avanti si è concessa.

QUI ANKARA

È di tutta evidenza come dinanzi alla fortissima pressione internazionale verso Erdogan per i fatti siriani, compresi i malumori di Teheran e Mosca per la tattica caotica di Ankara, il Presidente turco dovrà decidere rapidamente come procedere a Cipro. Non solo le continue provocazioni della nave Yavuz: se dovesse implementare ulteriormente la sua avversione verso il quadrumvirato del gas, (cementatosi attorno a Cipro, Grecia, Israele, Egitto, con la benedizione di Washington), allora il rischio di un incidente si sommerebbe, forse in modo turbolento, alle sanzioni che potrebbero minare il già delicato sistema economico-finanziario sul Bosforo. I fronti aperti in questo momento per la Turchia cominciano ad essere troppi.

AKINCI

Ma c’è anche un altro fronte, inaspettato, che si apre nel muro turco: le critiche giunte ad Ankara dal presidente turco-cipriota, a capo dello staterello autoproclamatosi e non riconosciuto da Onu e Ue. Mustafa Akinci, che non si può certo sospettare di simpatie occidentali, ha condannato l’offensiva di Erdogan contro i curdi, accennando ad un parallelo con l’invasione militare della Turchia a Cipro nel 1974. E per questo ha ricevuto minacce di morte. La critica all’operazione turca Peace Spring contro le forze a guida curda in Siria è stata praticamente vietata dal governo turco, che ha annunciato la scorsa settimana di aver arrestato più di 100 persone per “aver insultato” l’operazione militare.

QUI NICOSIA

Il dossier energetico non è una questione solo tra Nicosia ed Ankara, ed è forse questo il passaggio che sfugge a Erdogan, chino su un’operazione che al momento lo mette in minoranza. Le azioni delle sue navi sono contro leggi e trattati internazionali, come dimostra la decisione francese di inviare una fregata classe Fremm, la Provence, per difendere gli interessi di Total. Anche l’Italia, secondo quanto riportato dal ministro della Difesa ellenico alcuni giorni fa, sarebbe intenzionata a inviare una fregata nelle acque cipriote dove opera l’Eni. Ma il punto non è solo questo, quanto che Ankara non ha compreso come le nuove rotte dei gasdotti siano già tracciate e nel solco di una cornice di accordi e di equilibri legati al diritto internazionale. Di fatto un procedimento irreversibile, visti i riverberi energetici anche per Egitto e Medio Oriente.

SCENARI

Se fino a ieri, probabilmente anche dall’esterno, qualcuno incoraggiava Erdogan a continuare in queste (come in altre) provocazioni, come la centrale nucleare in costruzione ad Antalyya, è chiaro che dopo l’avanzata in Siria (che sta provocando molti smottamenti anche tra gli alleati storici di Erdogan) le cose potrebbero essere cambiate.

Il gas è di fatto un punto focale non solo per le economie dei Paesi coinvolti nei nuovi gasdotti, ma anche per ulteriori conflitti internazionali che però al momento appaiono più dettati da capricci di un singolo (Ankara) che un rischio naturale.

Nicosia in questo può vantare anche la partnership storica con Israele, che le ha fornito i droni con cui pattugliare quel fazzoletto di acque dove si muove la nave perforatrice turca, scortata da tre fregate e un sommergibile. Ma ecco che a poche centinaia di miglia i controllori sono più dei controllati: a Souda Bay, a Creta, la base som che presto verrà raddoppiata per consentire ai sottomarini Usa di essere più presenti, si registra una frenetica attività di mezzi e uomini. Gli Usa hanno da poco concluso un accordo con Atene per utilizzare quattro nuove basi su suolo ellenico, anche dopo il progressivo disimpegno dalla base turca di Incirlik.

twitter@FDepalo

 

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