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La Turchia resti fuori dall’Ue. I no di Austria, Repubblica Ceca e Italia

Che succede negli equilibri euromediterranei dopo gli attacchi turchi in Siria? Quale la reazione, a freddo, dopo l’accordo che Mosca ha imposto ad Ankara?

Austria e Repubblica Ceca si schierano contro l’ingresso in Ue della Turchia, argomento sul quale anche i partiti italiani viaggiano divisi, che però non è di fatto più in agenda, anche se sono in molti a sostenere che quel no sia un “regalo al versante caucasico”. Le scorie dell’attacco turco contro i curdi investono inevitabilmente i rapporti con Bruxelles, la geopolitica di equilibri e alleanze, fino a quella sottile linea che interessa economie e sanzioni.

NO IN UE

Secondo il ministro degli Esteri ceco, Tomas Petricek, l’adesione della Turchia all’Unione europea è “inconcepibile” alla luce della sua offensiva militare in Siria. Anche dall’Austria un no al processo di adesione che va “cancellato”. Come osservato dal ministro degli Esteri Alexander Schallenberg “come austriaci pensiamo che questi negoziati per l’adesione, che abbiamo congelato in questi ultimi due o tre anni, grazie al nostro governo, sia ora cancellato formalmente”. Per poi affondare: “Non dobbiamo permettere che la Turchia ci ricatti in alcun modo. In passato ci sono sempre state dichiarazioni in questo senso da parte di Erdogan e altri rappresentanti del governo, ma penso che l’accordo sulla migrazione con la Turchia sia ancora in forza e per farlo stanno ricevendo fondi”.

Un no secco è arrivato dal presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, secondo cui il processo di adesione della Turchia va abolito: “Non possiamo consentire che ci siano procedure con paesi che hanno questi comportamenti”.

QUI ITALIA

L’europarlamentare di M5S Fabio Massimo Castaldo, in occasione del dibattito in aula alla plenaria di Strasburgo sulla questione siriana, ha messo l’accento sul perché stoppare l’adesione in Ue e i finanziamenti a Erdogan. “La decisione adottata da numerosi Stati membri, purtroppo non tutti, di sospendere le forniture di armi verso Ankara è positiva ma non è assolutamente sufficiente. Dobbiamo chiudere definitivamente la procedura d’ingresso della Turchia in Europa perché, da tempo, non ne esistono più le premesse”.

E ancora: “Dobbiamo contestualmente bloccare ogni finanziamento europeo che possa arrivare nelle tasche di Erdogan e valutare l’utilizzo del ventaglio di opzioni a nostra disposizione: sanzioni economiche e mirate, la sospensione delle preferenze commerciali e la sospensione dell’accordo doganale EU-Turchia, solo per citarne alcune. Stiamo pagando carissima la scelta di nascondere sotto il tappeto turco, dietro lauto pagamento, il problema dei flussi migratori, che sono ormai usati da Erdogan come un costante spauracchio per metterci a tacere. Tutto ciò è semplicemente inaccettabile”.

FRONTE SOVRANISTA

Porte chiuse ad Ankara anche da parte del fronte sovranista Orgoglio Italiano, ovvero Lega e FdI. Il partito di Salvini da sempre ritiene che la Turchia sia uno Stato dove si perseguitano le minoranze, cristiani, armeni o curdi e lo stesso ex vicepremier si è detto irritato che l’Europa non abbia ancora definitivamente detto di no all’ingresso della Turchia. Giorgia Meloni ha accusato invece la sinistra italiana di essersi accorta solo ora delle derive antidemocratiche e neo ottomane Erdogan e del processo di islamizzazione già in atto anche in altri Paesi. Già nel 2008 sia Pd che FI avevano espresso aperture sul processo di integrazione.

Ma, osservano oggi, evidentemente le condizioni attuali sono diverse. Ci sono però alcuni analisti che sostengono un’altra tesi: ovvero che il progressivo disimpegno Ue verso Ankara sia stato il grimaldello tramite cui Erdogan ha poi scelto di “sposare” la causa mediorientale e farsi player macroregionale del versante caucasico, più che di quello euromediterraneo. Il primo riverbero di questo cambio di scacchiera si è avuto lo scorso anno, quando è stato avviato il progressivo disimpegno Usa dalla base turca di Incirlik.

twitter@FDepalo

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