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Oggi la task force anti fake news. Domani? L’opinione della Fondazione Einaudi

Di Andrea Pruiti Ciarello

Partiamo dalla notizia. La Presidenza del Consiglio dei ministri ha deciso di istituire, a cura del sottosegretario con delega all’Editoria Andrea Martella una “task force contro le fake news”.

L’abbiamo già detto, il merito dei Dpcm emanati fin qui dal Presidente Giuseppe Conte è abbastanza condivisibile, a volte tardivo, a volte blando, spesso confuso ed inefficace, ma sono provvedimenti che trovano fondamento nell’esperienza di altre nazioni (Cina, Corea del Sud) e soprattutto nel buonsenso. La forma dei suddetti Dpcm invece è assolutamente non condivisibile. Riteniamo che provvedimenti così incisivi su diritti fondamentali dell’essere umano debbano rivestire la forma del Decreto Legge, al fine poi di essere doverosamente vagliati dal Parlamento, unico organo dello Stato autorizzato dalla Costituzione a legiferare in quelle materie. Nonostante le critiche sollevate da più parti, il presidente Giuseppe Conte prosegue sulla medesima strada, fatta di autoritari Dpcm, di errori, di giravolte e di show televisivi. Fortunatamente, nonostante tanta confusione, gli italiani hanno ben compreso l’utilità di rimanere a casa e, per la prima volta, si fanno previsioni sulla fine della pandemia e sul ritorno alla normalità.

Fin qui il governo, con i provvedimenti adottati al fine di tutelare la salute pubblica ha compresso la libertà di circolazione (art. 13 Cost.) e la libertà di riunione (art.17 Cost.), mentre con l’istituzione di questa nuova task force sembra che ora voglia cimentarsi con la limitazione del diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero (art. 21 Cost.).

Nonostante tutte le restrizioni che stiamo affrontando dall’inizio del mese scorso, abbiamo continuato a dire o scrivere qualsiasi cosa, esercitando normalmente e pienamente il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero.

L’art. 21 della Costituzione stabilisce che “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”.

Si badi bene, le fake news sono una cosa seria e vanno combattute. Ma come e da chi?

Il nostro ordinamento punisce chi diffonde notizie false, esagerate o tendenziose, per le quali possa essere turbato l’ordine pubblico, con l’arresto fino a tre mesi (art. 656 c.p.).

L’ordinamento, però, limita il proprio potere punitivo soltanto a quelle notizie false che possono turbare l’ordine pubblico, quindi non tutte le notizie false, esagerate o tendenziose sono perseguibili.

Questa task force, pertanto, in quale ambito dovrà operare?

Per le notizie false che rientrano nell’ambito dell’art. 656 c.p., la competenza esclusiva è dell’autorità giudiziaria. Per tutte le altre notizie false, esagerate o tendenziose (che non turbano l’ordine pubblico) vige l’ombrello dell’art. 21 della Costituzione.

Certo, se queste notizie producono un danno, chi le diffonde potrà essere chiamato a risarcirlo ma qui entriamo nell’ambito del diritto civile che, come è noto, è nella piena disponibilità delle parti.

La “task force” appena varata – composta da rappresentanti del ministero della Salute, della Protezione civile e dell’Agcom oltre che da una serie di esperti a titolo gratuito, fra cui giornalisti, specialisti della comunicazione e del fact-checking – dovrebbe occuparsi di “combattere le cattive informazioni, che potrebbero indurre a comportamenti scorretti, i quali a loro volta rischierebbero di indebolire le misure di contenimento del contagio in questa fase così delicata”. Un fine solo apparentemente utile che tuttavia apre scenari oscuri.

In che modo opererà questa task force? Che poteri pretenderà di esercitare? Su quale base sarà stabilito quali sono le cattive informazione da censurare?

Appare utile ricordare che nelle ultime settimane le informazioni diramate da Palazzo Chigi e accreditate dalla Rai e dalle maggiori emittenti televisive sono state spesso confuse e contraddittorie, basti ricordare le diatribe sulla utilità/inutilità delle mascherine.

In pratica, è semplice ed umano sbagliare e correggersi ma un governo che inciampa in simili errori, come può pretendere di stabilire quale informazione sia vera e utile e quale da censurare? E poi, si converrà certamente che vi potrebbero essere delle informazioni vere e corrette, che tuttavia “rischierebbero di indebolire le misure di contenimento del contagio in questa fase così delicata”, che fine farebbero queste informazioni? Finirebbero anch’esse sotto la scure censoria di questa nuova task force?

Le notizie false, oggi va di moda usare il termine inglese fake news, quando non raggiungono il rilievo penalistico di cui all’art. 656 c.p. non devono essere combattute da un’autorità statale, perché altrimenti si rischia seriamente di incidere sulla libertà di espressione e di sfociare in uno stato autoritario, bensì devono rimanere sottoposte agli unici arbitri di ultima istanza, il buonsenso e la cultura individuale.

Se il governo vuole veramente combattere le fake news, investa più risorse in cultura, aumenti i fondi per le scuole e le università, regali libri ai nostri giovani, promuova sulle reti Rai programmi di intrattenimento che abbiano anche una funzione culturale.

E poi, non è paradossale che il governo che, per la prima volta nella storia repubblicana, pensa ad una commissione contro le notizie false sia costituito in larga parte e sostenuto da una forza politica che ha fondato il proprio consenso elettorale proprio sull’uso strumentale della fake news, come il M5S?

Basti ricordare solo alcune delle fake news targate M5S: le scie chimiche, i microchip sottopelle infilati dalla Cia, l’uomo che non sarebbe mai andato sulla luna, il pensiero noVax (“i vaccini sono come i marchi delle bestie”, diceva l’ex vicepresidente del Senato Paola Taverna).

Ebbene, questo governo è forse il meno attrezzato ed il meno autorevole per potere istituire una simile commissione.

George Orwell, nel suo profetico romanzo “1984”, faceva lavorare il suo protagonista Winston Smith nel Reparto Archivio del ministero della Verità.

Per chi non lo ricordi, nel romanzo di Orwell, il ministero della Verità era stato concepito dal Grande Fratello, che non aspirava al potere per fini egoistici, ma per sviluppare il bene comune, ciò in quanto il popolo era formato da uomini deboli e pavidi, incapaci di reggere la libertà o la verità. Per ovviare a questa incapacità, il Partito aveva stabilito che il popolo doveva essere ingannato in maniera sistematica da individui più forti; il “miniver” (ministero della Verità) confezionava non solo la verità del presente ma, all’occorrenza riscriveva anche la storia, tutto ciò per fare apparire più sostenibile ed accettabile la verità più comoda.

Vedete delle similitudini?

Intanto, consigliamo al presidente Giuseppe Conte e al sottosegretario Andrea Martella di rileggere Orwell, potrebbero trarre ulteriore ispirazione e, dopo il ministero della Verità, introdurre sperimentalmente in Italia l’uso della Neolingua, la lingua creata da Orwell ad hoc per rendere il popolo felice.

Tanto a che serve la libertà se c’è la felicità?

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