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Il potere della Cina è soft? Non poco. E in Italia cresce

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La Cina cresce, e l’Italia non resta a guardare. Turismo e nuove tecnologie i settori da tenere presenti per chi, dall’Italia, intende investire nel Sol Levante e a dirlo è il rapporto annuale della Fondazione Italia Cina, “Gli scenari e le prospettive per le imprese”, presentato oggi alla Farnesina a cui hanno preso parte il segretario generale del ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Elisabetta Belloni, il neo presidente della Fondazione Italia Cina, Alberto Bombassei, Ettore Francesco Sequi, ambasciatore italiano in Cina (in collegamento video da Pechino), Li Ruiyu, ambasciatore cinese in Italia, e Francesco Palumbo, direttore generale del Turismo presso il MIBACT.

Il rapporto, ha detto il presidente della Fondazione Italia Cina, Alberto Bombassei, prova ad analizzare quella che ha definito “una scommessa vincente”. La Cina, ha notato, sta crescendo ad un ritmo più lento del passato, ma più “equilibrato, armonico e sostenibile”. “È un Paese – ha proseguito – in continua trasformazione che sta diventando sempre più moderno. Le ambizioni di Pechino hanno subito una reazione occidentale, con l’introduzione di dazi. Le dispute commerciali vanno considerate come un fenomeno strutturale”. Tra gli obiettivi della fondazione c’è quello di sanare il deficit commerciale tra Italia e Cina, che lo scorso anno ha già registrato un calo. “Il settore turistico dovrà essere sviluppato, considerando che maggiore reddito e crescita della classe media cinese porterà a un aumento dei viaggi dal Paese asiatico verso l’occidente. Per questo la fondazione continuerà a formare imprese e strutture per essere pronti a questo sviluppo”, ha aggiunto il presidente Bombassei.

Ad intervenire anche la padrona di casa, il segretario generale della Farnesina, Elisabetta Belloni, che ha definito i rapporti con la Cina di “rilevanza strategica”, e ha citato i dati del rapporto che parlano di un record delle esportazioni italiane che per la prima volta hanno superato nel 2017 i 20 miliardi di dollari, con una crescita superiore al 22%, secondo le stime più ottimistiche. Anche i dati contenuti nel rapporto relativi all’interscambio, pari a 49,79 miliardi, mostrano che il nostro deficit è calato del 9,79% arrivando a quota 8,86 miliardi. Più che raddoppiato negli ultimi 15 anni il numero di imprese italiane direttamente presenti in Cina e Hong Kong: sono circa 1.700 le imprese cinesi a partecipazione italiana con circa 150 mila addetti e un giro di affari di 22 miliardi di euro. Mentre alla fine dello scorso anno erano direttamente presenti in Italia 300 gruppi cinesi.

Francesco Palumbo, direttore generale del Turismo, ha sottolineato una grande soddisfazione per i dati attuali: tre milioni di arrivi di turisti cinesi nel 2017 rendono l’Italia la prima destinazione in Europa e la terza nel mondo. Per di più turisti con un’altissima capacita di spesa (167 euro al giorno). Ma la cifra di 130 milioni di turisti cinesi all’estero lascia intuire quali siano le possibilità di crescita in questo settore.

Ma se il 2017, come sottolinea il rapporto, è stato l’anno della grande ascesa globale della Cina è dovuto anche al conflitto commerciale con gli Stati Uniti. “La sovraesposizione cinese – si legge nel rapporto – non è legata solo alla Belt and Road, ma all’intensificarsi di un conflitto commerciale latente con gli Stati Uniti che si è manifestato in pienezza nella primavera del 2018”, anche se il contrasto non è inquadrabile soltanto in reciproche rappresaglie sui dazi, ma apre piuttosto una lunga fase di confronto fra Cina e Stati Uniti sulla leadership economica globale, che porterà alla revisione dei pesi relativi delle maggiori economie mondiali. In questo contesto, il tema del primato tecnologico avrà un ruolo decisivo, e non è un caso che l’azione del presidente Donald Trump si sia rivolta ai settori coinvolti dal piano Made in China 2025.

Sul tema dei dazi è intervenuto l’ambasciatore cinese a Roma, Li Ruiyu, sottolineando come la strada del protezionismo e dell’unilateralismo è senza uscita e può danneggiare il mercato. “L’economia cinese continuerà ad aprirsi a livello internazionale. Il presidente cinese Xi Jinping ha presentato le misure per aumentare lo sviluppo cinese, con l’apertura del mercato finanziario e misure volte a eliminare tutte le barriere. La Cina ha anche attuato riforme per tutelare la proprietà intellettuale. Tutte queste riforme non muteranno a seguito di influenze esterne e porteranno benefici a tutti i paesi”, ha aggiunto Li, che ha ricordato come la Cina negli ultimi 40 anni abbia registrato uno sviluppo economico senza precedenti, diventando la seconda economia del mondo.

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