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Quando D’Alema (che ora critica la Libia) benediceva i Gheddafi. Archivio Pizzi

D'alema
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“Minniti è uomo capace e competente. Conosce molto bene gli apparati dello Stato, e ne è stimato: il che è importante, perché questi apparati sono bravi a raggirare la politica, facendo credere al ministro di guidare mentre alla guida sono loro. Ma, sotto la spinta di quella che esagerando ha definito una minaccia alla democrazia, Minniti ha preso misure che hanno lasciato i migranti nelle mani delle milizie libiche, in campi di detenzione dove avviene ogni genere di violazione dei diritti umani: stupri, torture, assassini. È stato un voltafaccia dell’Italia. Un respingimento collettivo anche di persone che hanno diritto d’asilo. Minniti è stato efficace; ma mi chiedo quale sia il prezzo della sua efficacia. Sarò inguaribilmente romantico. Sarò uno di sinistra. Minniti dice di essere tormentato. Ma lui è ministro: dovrebbe agire per mettere riparo alle conseguenze delle sue decisioni”.

Con queste parole Massimo D’Alema ha spiegato, intervistato oggi sul Corriere della Sera, la sua opinione sugli accordi sui migranti portati avanti dal ministro dell’Interno Marco Minniti con la Libia di Fajez Serraj. Il governo di Serraj, riconosciuto dall’Onu, ha ancora difficoltà nel controllo di tutto il territorio, dovendosi confrontare anche col generale libico Khalifa Haftar, il comandante della milizia che controlla l’Est della Libia (e che negli scorsi giorni, in Italia, ha incontrato la ministra Roberta Pinotti e lo stesso Minniti).

In una selezione di foto d’archivio, allora, ecco Massimo D’Alema assieme a Saif-El-Islam Gheddafi, figlio dell’allora comandante Mu’ammar Gheddafi, dittatore libico per oltre 40 anni, durante una mostra “Il deserto non è silente” promossa dall’associazione “Gaddafi International Foundation for Charity Associations” nel 2002.

Ecco tutte le foto dall’archivio di Umberto Pizzi.

(c) Umberto Pizzi – Riproduzione riservta

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