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L’analisi. Sul tetto del mondo.

Gli attacchi che da Pechino arrivano al Dalai Lama sono bizzarri. Oltre alla solita sinfonia di appartenere alle “forze reazionarie che vogliono la spaccatura della Cina”, vi è quella di essere stato istruito da un insegnante austriaco, Heinrich Harrer, politicamente vicino ai nazisti. Reazioni che dimostrano quanto per la leadership di Pechino, il momento in cui esplodono muovi disordini in Tibet non poteva essere peggiore. Tra pochi mesi la Cina ospiterà i giochi olimpici e vuole presentarsi come un paese moderno e in pieno sviluppo. Ma nella risoluzione dei problemi politici il regime torna ai metodi polverosi e brutali della dittatura. Almeno questa è l´impressione data. La risposta di Pechino alle recenti proteste dei monaci tibetani si è finora basata su arresti, dimostrazione di potere poliziesco e militare e blocco delle informazione su quanto avviene nel paese assediato. 
La direzione cinese ancora una volta si dimostra incapace di trovare una vera soluzione al problema tibetano. Dal 2002 ad oggi rappresentanti del Dalai Lama e del governo cinese si sono incontrati sei volte, senza che le trattative abbiano potuto fare il minino passo avanti. Da parte tibetana non si punta più sull´indipendenza, come del resto il leader spirituale del paese aveva assicurato riconoscendo la sovranità di Pechino sul “tetto del mondo”, ma su una reale autonomia che sola può salvaguardare identità, cultura e religione tibetana. 
Il Dalai Lama ha più volte riconosciuto che il Tibet è parte della Cina e che la ricerca della soluzione autonomista deve avvenire all´interno della cornice legale di Pechino. La mano era dunque tesa ma la controparte cinese si è rifiutata di stringerla. Lo scorso anno la Cina ha non solo accentuato la repressione in Tibet, ma ha lanciato l´ennesima campagna contro il Dalai Lama apostrofandolo come reazionario, rinnegato religioso, traditore della parola data e così via. 
I leader cinesi ora vorrebbero neutralizzare una autonomia che secondo loro si è spinta troppo oltre, facendo del Tibet una sorta di Disneyland esotica per attirare turisti e uomini d´affari da tutto il mondo. A questo scopo è utile pure il nuovo spettacolare collegamento ferroviario tra la provincia Qinghai e le zone più alte del Tibet. Ma il boom economico alla cinese non è apprezzato dai tibetani. Molti si sentono messi con le spalle al muro. È soprattutto il materialismo straripante della Cina attuale ad accordarsi male con la spiritualità che impregna la cultura tibetana. Una differenza per la quale i governanti cinesi, prigionieri dell´ossessione della dissoluzione del paese, non sembrano avere la sensibilità necessaria. Da qui la paranoia del pugno di ferro verso ogni forma di dissenso. 
Oltre a ciò Pechino sembra credere che il tempo giochi a suo favore. Vi è la convinzione che dopo la scomparsa dell´attuale Dalai Lama il problema del Tibet si risolverà da solo, in quanto i tibetani non avrebbero più un leader carismatico e rispettato dalla comunità internazionale. Si capisce dunque quali sono le vere ragioni dei recenti scontri su i possibili successori del Dalai Lama. 
La nuova fiammata di protesta dei monaci mostra però che la volontà di sopravvivenza politico-culturale del Tibet difficilmente sparirà insieme al Dalai Lama. La continua repressione cinese non è riuscita a soffocare la voglia di autonomia del paese. La morte dell´attuale Dalai Lama non metterà automaticamente da parte le pretese del suo popolo che continuerà a difendere la propria identità. Al contrario è possibile che in assenza di personalità carismatiche alla testa della comunità tibetana – quella in esilio e quella che si trova in Cina – ci vadano figure che non avranno la moderazione e la predisposizione non violenta tipiche del Dalai Lama. 
La leadership cinese dovrebbe fare di tutto per trovare un compromesso con l´attuale leader spirituale del Tibet. I gruppi militanti che iniziano a nascere tra i giovani tibetani, si potrebbero controllare meglio. Il vecchio gioco di usare violenza contro monaci che manifestano pacificamente ha già portato alla risposta violenta dei cittadini, non farà altro che aggravare il problema.    
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