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L’Inghilterra imbocca la via verde

La green economy costituisce una prospettiva allettante per il futuro del Regno Unito. Questo soprattutto in considerazione dello slancio che la crescita verde ha dato alla ripresa economica. Nel 2008/2009, 910mila cittadini britannici erano già impiegati nelle industrie ambientali e a basso tenore di carbonio, mentre le esportazioni britanniche dei loro prodotti hanno portato, sempre nel 2008, ad un profitto pari a 10,8 miliardi di sterline, ovvero ad una crescita annuale del 6,2%.
Il nuovo governo di coalizione si è impegnato a proseguire su questa strada. Gli investimenti nelle fonti rinnovabili, nel nucleare e nella cattura e stoccaggio dell’anidride carbonica continUeranno con l’obiettivo di ridurre le emissioni, ma anche allo scopo di ridurre la dipendenza dalle importazioni di energia esposte all’instabilità dei prezzi dei carburanti fossili. Ecco perché il Regno Unito è stato il primo Paese ad introdurre degli obiettivi vincolanti per legge rispetto alla riduzione delle proprie emissioni di CO2 con il Climate Change Act. Il governo di Londra sta al momento introducendo nel proprio mercato dell’energia elettrica una quota fissa per le tecnologie a basso tenore di carbonio.
 
Sappiamo che un quarto dell’attuale capacità di produzione di energia nel Regno Unito dovrà essere sostituita entro il 2020, di pari passo con la dismissione di molti impianti di energia nucleare e a carbone. Inoltre, il settore per la produzione di energia deve necessariamente guidare il processo di trasformazione della nostra economia per raggiungere gli obiettivi legati ai cambiamenti climatici. Entro il 2020, circa il 30% della nostra elettricità verrà alimentata da fonti rinnovabili (al momento la percentuale è pari al 7%) e ci saranno nuovi impianti a gas ed il primo impianto nucleare di nuova generazione. Entro il 2030, il nuovo mercato fornirà un mix di fonti di energia più pulite e sicure con bollette più economiche. È possibile raggiungere una riduzione dell’intensità di carbonio nel mix energetico del Regno Unito dagli attuali 500gCO2/kWh a 100gCO2/kWh entro il 2030 ed ottenere, allo stesso tempo, una diminuzione delle bollette di elettricità in media del 4% (ovvero 30 sterline in meno) nei cinque anni compresi tra il 2025 ed il 2030.
Esistono, tuttavia, dei prerequisiti fondamentali per ottenere questo spostamento verso un’economia verde, non solo nel Regno Unito ma in tutta Europa. Il Regno Unito sta spingendo per avere dei target più elevati di riduzione nelle emissioni di gas a effetto serra in tutta Europa. Se l’Ue non si dovesse muovere in questa direzione e se altri paesi non dovessero riuscire a portare avanti gli impegni presi in seno all’Accordo di Copenaghen, la probabilità di raggiungere l’obiettivo dei 2oC si ridurrà in modo significativo. Il rapporto Stern ha dimostrato che i benefici di un’azione rapida e forte sui cambiamenti climatici, portata avanti a livello globale, compenseranno di gran lunga i suoi costi immediati.
 
Affinché si verifichi la transizione ad un’economia a basso tenore di carbonio nell’Ue, l’Unione e gli Stati Membri devono necessariamente definire una struttura quadro per i business e le aziende in grado di attrarre sufficienti investimenti. Nell’articolo pubblicato l’anno scorso, il ministro per l’energia e i cambiamenti climatici britannico, Chris Huhne, e i ministri per l’ambiente tedesco, Dr Norbert Röttgen, e francese, Jean-Louis Borloo, hanno lanciato un appello per una riduzione dei target di emissione Ue pari al 30%, al fine di ottenere un “impatto diretto sul prezzo del carbonio fino al 2020, ed inviare allo stesso tempo un forte segnale del nostro impegno nei confronti di una politica a basso tenore di carbonio a lungo termine. Non dobbiamo dimenticare – concludevano i ministri – che sarà per gran parte il settore privato a fornire gli investimenti che creeranno il nostro futuro a basso tenore di carbonio e che la riduzione del 30% fornirà più certezza e prevedibilità agli stessi investitori”.
Un target Ue più ambizioso entro il 2020 costituirebbe una transizione ancor più vantaggiosa nel rapporto costo-benefici (dell’attuale 20%) verso il processo necessario affinché l’Ue raggiunga gli obiettivi prefissati per il 2050 (riduzione dell’80-95% e 2oC). Una prima analisi dimostra inoltre che ci sarebbero ulteriori benefici legati alla riduzione del 30%, tra cui il miglioramento della qualità dell’aria nell’UE con enormi vantaggi dal punto di vista sanitario; l’acquisizione di una posizione in prima linea per l’Ue nella competizione volta all’acquisizione di una quota di mercato globale nei mercati emergenti a basso tenore di carbonio e dei servizi; un miglioramento della competitività sin dall’inizio del processo di trasformazione dell’economia soprattutto nella fase più intensa di riduzione delle emissioni globali; ed una riduzione della dipendenza Ue dalle importazioni di gas e petrolio.
 
Una delle principali preoccupazioni spesso sollevate rispetto a target più elevati a livello UE è l’impatto del fenomeno del carbon leakage nei settori ad alta intensità energetica (il carbon leakage è definito come un aumento delle emissioni al di fuori della regione quale risultato diretto della politica finalizzata a limitare le emissioni nella regione stessa). Una nuova ricerca commissionata dal Dipartimento per l’Energia ed i Cambiamenti Climatici sul carbon leakage dimostra che un aumento dal 20 al 30% dei target Ue di riduzione dei gas serra entro il 2020 non implicherebbe, per i settori presi in considerazione, una riduzione significativa della produzione Ue.
Sin dall’inizio, il Primo Ministro britannico, David Cameron, ha affermato di volere che il governo di coalizione diventasse il “governo più verde mai esistito” ed il Regno Unito sta ora lavorando per raggiungere quest’obiettivo sia a livello nazionale che all’estero. Gli impegni nazionali, tra cui un nuovo Accordo Verde per l’isolamento termico di milioni di case, una Banca per gli Investimenti Verdi per promuovere la crescita a basso tenore di carbonio ed un fondo di 860 milioni di sterline a favore di un’iniziativa per il riscaldamento con fonti rinnovabili, rispecchiano la volontà reale di sostenere la green economy nell’Ue, pur continuando a mantenere l’impegno a raggiungere un accordo globale sui cambiamenti climatici.
 
L’Ambasciata britannica a Roma ha presentato la prospettiva e le ambizioni del governo britannico in occasione di un recente evento presso la residenza dell’Ambasciatore: “Going for green: sfide e soluzioni per un futuro sostenibile”, finalizzato ad evidenziare le opportunità di crescita verde sia a livello finanziario che a livello tecnologico. Attraverso questa ed altre simili iniziative in programma, l’Ambasciata mira a creare una “consenso verde” più allargato in Italia, incoraggiando il governo e le altre parti in causa a collaborare sulle opportunità derivanti dalla crescita dell’economia a basso tenore di carbonio.
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