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Rebus fotovoltaico

Gli effetti del decreto “salva Alcoa” hanno stravolto il fotovoltaico in Italia. Il provvedimento definiva che chi autocertificava la fine costruzione di un impianto fotovoltaico entro fine 2010 e il collegamento a rete entro il 30 giugno 2011 poteva godere dei vecchi “e buoni” incentivi. Si riportano dati e fatti da dover considerare per una proficua discussione non su contrapposte ideologie.
Da parte del Gestore servizi energetici (Gse), sono stati forniti il 24-25 febbraio al convegno di Roma sul solare, i numeri del fotovoltaico in Italia al 22 febbraio 2011.
Escludendo il decreto Alcoa, sono da considerare in esercizio a fine 2010 in Italia 163mila impianti per totali 3.522 MW, dei quali 1.506 MW “a terra” (6.800 impianti) e 2.016 MW “integrati” (156.200 impianti). Con il 2° conto energia del decreto del 19 febbraio 2007 valido fino alla fine del 2010, sarebbero quindi entrati in servizio nel 2010 circa 2.150 MW.
Secondo il decreto Alcoa ci sono state 55mila richieste al Gse (situazione sempre al 22 febbraio) per totali 3.750 MW, con notevole spostamento verso i grossi impianti.
Da verifiche effettuate da Gse (su 350 grossi impianti), meno del 10% ha dato esito negativo e solo parzialmente, come per esempio pannelli in loco e non ancora montati; ma altre richieste sono all’esame e si può affermare che circa 3750 MW saranno quelli da considerare.
 
In totale, l’Italia avrebbe installato nel 2010 e con i “buoni” incentivi del 2° conto energia, ben 6mila MW (in Germania sono stati 7300 MW) che aggiunti ai 1400 MW già in servizio alla fine del 2009 darebbero 7400 MW come totale parco installato a fine 2010.
In attesa del decreto legislativo di attuazione della direttiva 2009/28/Ce sulle fonti rinnovabili (decreto firmato il 7 marzo dal presidente della Repubblica con la pratica sospensione del fotovoltaico in attesa di uno nuovo assetto di incentivi e limiti), da parte dei principali operatori, sia nelle presentazioni ufficiali al convegno di Roma sia nelle discussioni, erano stati sottolineati alcuni punti essenziali per una decisione “ponderata” che tenesse conto delle seguenti considerazioni: 20mila addetti lavorano nel fotovoltaico, occorre rivedere urgentemente il tetto degli 8mila MW che era previsto per il 2020; gli incentivi italiani sono “ricchi” rispetto ad esempio a quelli tedeschi che hanno, tra l’altro, impianti con minor insolazione; occorre considerare la sostenibilità economica da parte dei clienti finali per gli incentivi che devono essere “sfidanti”; passare su fiscalità generale gli incentivi porterebbe a rischi legati a Finanziarie future; gli incentivi sono da ridursi in funzione progressiva e da legare al volume dell’installato; il mercato fotovoltaico deve essere per “energia distribuita”, i grossi impianti dovrebbero essere pochi e ad esempio vicino a centrali o su realtà industriali che hanno già allacciamento a rete; occorre inoltre definire una nuova normativa entro maggio 2011 per non avere un buco di durata indefinita per il fotovoltaico; infine è necessario considerare le spese evitate grazie all’uso del fotovoltaico (riduzione emissioni CO2, minor consumi di materie prime energetiche) e le maggiori entrate per tasse.
 
I costi del kWh da impianti fotovoltaici
Per un raffronto per impianti a terra da 1 MW, si può notare che in Germania la feed-in tariff omnicomprensiva è di circa 210 €/MWh. In Italia, e con il conto energia che era in vigore al 1/1/2011, la feed-in tariff premium è di 313 €/MWh; occorre aggiungere, per un corretto confronto, il ricavato dalla vendita dell’energia in rete che nel 2010 è stato di oltre 85€/MWh, ottenendo circa 400 €/MWh (e questo senza considerare che le ore di insolazione in Germania sono mediamente il 25-30% inferiori alle medie italiane ma in Germania ci sono meno problematiche per i permessi, i tassi dalle banche sono più allettanti, i privati che installano un impianto fotovoltaico hanno esenzioni fiscali, ecc).
Considerando per un impianto da 1MW un costo di 3mila €/kW, con un normale Wacc (Weighted average costo of capital) del 9%, come per gli usuali investimenti nel settore energetico nel nostro Paese, risulterebbe un prezzo di cessione per l’investitore di 260 €/MWh con 1400 ore di sole (Sicilia) che salgono a 349 €/MWh con mille ore all’anno (nord Italia). Chiaramente con un Wacc inferiore e pari al 6%, i valori si ridurrebbero a 212 e 285 €/MWh.
 
Bollette e incentivi
Considerando i dati sopra riportati e gli incentivi validi a fine 2010 e quelli dei precedenti conti energia, l’incidenza sulle bollette a partire dal 2012 sarà di circa i 3,6 miliardi di euro all’anno e per 20 anni per quanto installato entro fine 2010.
Considerando gli aggravi che pesano ben poco sui clienti energivori, essi risulterebbero di circa 15 €/MWh per gli altri “clienti” (specie Pmi): questo significa, per un’impresa che paga l’elettricità circa 100-110 €/MWh, un aggravio di circa il 15% e per un cliente domestico medio che consuma 2300 kWh (31 milioni di clienti per 70 TWh) l’aggravio sarebbe di circa 35 € all’anno su 600€ di bolletta. Chiaramente a tale onere del fotovoltaico occorre aggiungere quelli da eolico e da altre fonti rinnovabili.
 
Bastone e carota
Sarebbe forse stato logico con il recentissimo decreto non adottare improvvisamente il bastone dopo anni di “supercarote” per non creare immediate ripercussioni occupazionali, e questo elevando un poco il tetto di 8mila MW (raggiunto tra pochi mesi) e convocando immediatamente le parti, per definire a breve (come d’altra parte esplicitato nel decreto chiamato da alcuni “ammazza fotovoltaico”) un nuovo conto energia con chiari orizzonti temporali ed incentivi tali da dare certezze all’industria fornitrice di componenti e sistemi, agli investitori, a chi paga la bolletta e agli effetti sull’inflazione. Si dovrebbe approfittare per rivedere in modo più omogeneo gli incentivi per le varie rinnovabili, incentivi che allo stato attuale presentano grosse differenze rispetto ai costi dei benefici ottenibili (CO2 e Mtep evitate).
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