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Kyrie, eleison

Spesso la “Chiesa ci sembra una barca che sta per affondare, una barca che fa acqua da tutte le parti (…) La veste e il volto così sporchi della Chiesa ci sgomentano”. Così pregava, nella Via Crucis del 2005, l’allora Cardinale Joseph Ratzinger. E aggiungeva, nelle meditazioni: “Quanta sporcizia c’è nella Chiesa, e proprio anche tra coloro che, nel sacerdozio, dovrebbero appartenere completamente a lui! Quanta superbia, quanta autosufficienza! Quanto poco rispettiamo il sacramento della riconciliazione, nel quale egli ci aspetta, per rialzarci dalle nostre cadute! Tutto ciò è presente nella sua passione.
 
Il tradimento dei discepoli, la ricezione indegna del suo Corpo e del suo Sangue è certamente il più grande dolore del Redentore, quello che gli trafigge il cuore. Non ci rimane altro che rivolgergli, dal più profondo dell’animo, il grido: Kyrie, eleison – Signore, salvaci (cfr. Mt 8, 25)”. Abituato dai miei “don”, autentici maestri e testimoni di preghiera, ad essere preso sul serio  – come un “cristiano giovane”, e non un “giovane cristiano” – voglio far mio il monito (laico) del direttore Messa: “Bisogna proteggere la Fede e il Santo Padre”. Come cristiano, impegnato nella società, non mi meraviglio di questo “incendio”, rinunciando però ad assumere posizioni di arroccamento. È necessario riconoscere che forse dobbiamo cercare anche nuovi modi di essere chiesa e di fare chiesa. È l’ora, per dirlo con le parole di un maestro di spiritualità qual è padre Enzo Bianchi, “di scegliere il silenzio per discernere la parola, è ora di ricominciare con la grammatica della pazienza, è l´ora di accettare offese e tradimenti senza cessare di credere agli uomini, è l´ora di temere senza avere paura…”
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