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Attacchi informatici contro Pyongyang?

La Corea del Nord ha accusato Stati Uniti e Corea del Sud di attacchi informatici che mercoledì avrebbero reso inaccessibili i principali siti d’informazione del regime. La denuncia che arriva dall’agenzia di Stato Knca, il cui sito è stato tra quelli finiti offline, è la prima ammissione nordcoreana di essere diventata bersaglio di cyberattacchi.

“Persistenti attacchi sono in atto ogni giorno sui server della Repubblica democratica popolare di Corea (nome ufficiale della Corea del Nord, ndr). Non possono che essere interpretati come spregevoli e rozzi atti di forze ostili, costernate per le misure prese dalla Corea del Nord”, si legge nel commento.

I primi riferimenti a ipotetici attacchi informatici erano comparsi sull’agenzia russa Itar Tass, ieri, che citava fonti interne all’agenzia di stampa nordcoreana. Per due giorni l’impossibilità a connettersi ai siti della Knca, del quotidiano Rodong Sinmun e della compagnia aerea Air Koryo, non avevano avuto spiegazione.

Come ricorda North Korea Tech, non sono nuovi a problemi di questo genere. Spesso è impossibile l’accesso anche per ore, ma mai in passato era successo a tutti i portali contemporaneamente.

Come per le accuse sudcoreane contro il Nord -dove opererebbe il cosiddetto ufficio 91, un’unità specializzata negli attacchi informatici- anche per la denuncia di Pyongyang è difficile risalire alla fonte, sottolinea il sito.

Le difficoltà d’accesso ai siti coincidono tuttavia con un periodo di tensione tra le due Coree e tra Washington e Pyongyang, nel mezzo delle esercitazioni militari congiunte tra sudcoreani e statunitensi e di minacce reciproche. Un crescendo di dichiarazioni bellicose in risposta alle sanzioni Onu di condanna al test nucleare nordcoreano dello scorso febbraio, che potrebbero portare a incidenti come il bombardamento nordcoreano del 2010 sull’isola di Yeonpyong.

La denuncia nordcoreana è soltanto l’ultima in ordine di tempo contro attacchi informatici dietro cui si nasconderebbero governi e interessi nazionali. Martedì James Clapper, direttore per l’intelligence nazionale Usa, aveva definito gli attacchi una delle più gravi minacce alle sicurezza nazionale. Il giorno dopo, intervistato dall’emittente Abc, il presidente statunitense, Barack Obama, ha per la prima volta puntato il dito contro la Cina. Alcuni degli attacchi contro le infrastrutture e le aziende Usa sarebbero stati “sostenuti dallo Stato”, ha detto Obama che ha perà voluto marcare le distanze dall’abitudine di parlare dell’argomento in termini di guerra.

La Cina, dal canto suo, ha sempre negato le accuse e replicato di essere stata a sua volta vittima di intrusioni. Nelle scorse settimane un rapporto della società di sicurezza Mandiant collegava una serie di attacchi e intrusioni a un istituto di Shanghai legato all’esercito cinese. Un rapporto dettagliato, che tuttavia non ha mancato di sollevare dubbi, come evidenziato dalla Mit Techology Review. A esempio, scrive Alessandro Ovi, direttore dell’edizione italiana, in un articolo su Linkiesta: “si giudica abbastanza strano che questi “furti” siano avvenuti senza nessuna attenzione a nascondere la provenienza dell’attacco informatico. Il Rapporto si domanda addirittura come sia possibile che gli operatori che hanno compiuto queste intrusioni, si siano dimostrati così poco “professionali”.

D’altronde ad attacchi informatici sembrano ricorrere sepre più Paesi, non soltanto la Cina. Tra i possibili mandanti: Israele, Russia, i Paesi dell’Est, gli stessi Stati Uniti.

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