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Ecco tutti i prelievi forzosi sui conti correnti. Cronaca, storia e analisi

Il controverso prelievo forzoso bocciato per ora dal Parlamento di Cipro è solo l’ultimo di una serie di precedenti.

Voluto da Bruxelles in cambio di un piano di aiuti, il tributo ha scatenato il panico nei piccoli risparmiatori dell’isola, gli uomini d’affari russi, la Germania esposta con le sue banche, la Bundesbank e molti commentatori critici, come il Nobel americano Paul Krugman.

È proprio all’Unione europea che sono addossate le maggiori responsabilità dell’escalation di sfiducia che ha portato in rosso le Borse del continente, senza dimenticare le colpe di Nicosia.

La storia mondiale è fatta però di tanti piccoli “balzelli” e di una bibliografia dedicata, che aiutano a comprendere usi, caratteristiche e potenzialità dello strumento.

LE PREVISIONI DI EICHENGREEN
Nel 1991, per risposta alle grandi preoccupazioni di gestione del debito tra le nazioni europee, Barry Eichengreen ha scritto un articolo, citato sul blog di Carola Binder, intitolato “La tassa sul capitale in teoria e nella pratica”, utile a comprendere la situazione cipriota. Un prelievo di capitale con l’obiettivo di azzerare il debito pubblico era forse per lui la soluzione più controversa per il problema del debito pubblico europeo. Eichengreen fornisce un quadro teorico per considerare gli effetti di un tale prelievo, una lista di sfide per attuare con successo la tassa, un “catalogo di prelievi falliti”, e un esempio di un prelievo di straordinario successo.

LA CERTEZZA DEL PRELIEVO
Eichengreen ritiene che se i governi potessero impegnarsi ad avallare prelievi di capitale solo in determinate circostanze, allora potrebbero realizzarli solo quando necessario.
Naturalmente, ci sono grandi impedimenti pratici. In primo luogo, sapendo questo, i risparmiatori sposterebbero i loro capitali verso i paradisi fiscali. La ricerca però di un “equilibrio di reputazione” e di rifugi sicuri per i capitali può parzialmente ovviare a questo problema.

UN MODELLO CHE VIENE DA LONTANO
Nel suo articolo, Eichengreen analizza una serie di prelievi precedenti – avvenuti soprattutto dopo la I guerra mondiale – e spiega perché hanno ottenuto vari gradi di fallimento o in parte successo. Il suo primo esempio arriva tuttavia da lontano, dagli antichi greci.

Hanno usato periodici prelievi di capitale dall’1 al 4 per cento che, si dice, fossero di “fenomenale successo perché i proprietari di immobili, per vanità, sopravvalutavano il valore del loro patrimonio”.

Prelievi di capitale sono stati proposti, ma non eseguiti, anche a seguito di altre guerre come quelle napoleoniche, franco-prussiana, e di altri periodi di grande spesa militare.

IL PRECEDENTE ITALIANO DEL 1920
Oltre al più noto prelievo voluto nel 1992 dall’allora presidente del Consiglio, Giuliano Amato, l’Italia ha istituito un prelievo di capitale nel 1920.
Le percentuali variavano dal 4,5 al 50 per cento, tuttavia, il pagamento poteva essere spalmato in 20 anni. Ebbe successo, ma è non troppo comparabile con il prelievo di Cipro, che dovrebbe essere pagato in una sola volta.

LE ANALOGIE CON L’EX CECOSLOVACCHIA
Il prelievo ceco del 1920 è invece paragonabile a quello dell’isola, ed ebbe più successo dei balzelli operati in Austria, Ungheria e Germania nello stesso periodo.
In Cecoslovacchia, è stato imposto un prelievo su tutte le proprietà, con aliquote progressive dal 3 al 30 per cento, con una soprattassa separata per il tempo di guerra con un incremento fino al 40 per cento.

Ci sono due ragioni principali per cui è stato un relativo successo. In primo luogo, il prelievo è caduto soprattutto su una piccola minoranza etnica tedesca, che non era in grado di montare una resistenza politica efficace per ritardarne l’adozione, così la fuga di capitali è stata ridotta al minimo. In secondo luogo, il bilancio dello Stato è stato strutturato in modo che le entrate del prelievo fossero completamente separate dalle quotidiane operazioni di governo.

Il prelievo è stato esclusivamente dedicato all’estinzione dei debiti e a copertura dei costi speciali per la creazione di una nuova nazione indipendente. Questo ha “dato credibilità all’affermazione secondo che il prelievo fosse una tassa straordinaria la cui ripetizione era improbabile”.

L’ECCEZIONE GIAPPONESE CHE CONFERMA LA REGOLA
Il prelievo giapponese dopo la seconda guerra mondiale è per Eichengreen il classico esempio dell’eccezione che conferma la regola.
In Giappone il prelievo ebbe successo perché gli impedimenti tipici vennero annullati da circostanze eccezionali. La fuga di capitali fu limitata e il prelievo applicato soprattutto a una piccola minoranza di persone che avevano tratto grande profitto dalla guerra. Nel 1946-47, la sovranità del Giappone era fortemente ridotta dalle forze di occupazione. Così “con importanti elementi di democrazia in sospensione, il prelievo può essere rapidamente ed efficacemente attuato”.
Inoltre, dato che il prelievo fu sostanzialmente imposto da parte di estranei, non danneggiò troppo la reputazione del governo giapponese.

LA LEZIONE PER CIPRO
Un tema comune dei prelievi nel XX secolo è che i ritardi, di solito politicamente indotti, provocano la fuga di capitali e impediscono al prelievo di ottenere una quantità soddisfacente di entrate. Il parlamento cipriota ha prima ritardato il suo voto sul prelievo e poi si è espresso in modo contrario. Vedremo per quanto tempo il procedimento si trascinerà.

A Cipro, il prelievo cadrebbe in gran parte sui depositanti esteri, in particolare russi, come il prelievo in Cecoslovacchia cadde principalmente su cittadini tedeschi. Non è ancora chiaro però se i depositanti esteri, contrariamente a quanto accaduto in Cecoslovacchia, saranno in grando di far valere politicamente le proprie ragioni.

Secondo Eichengreen, una caratteristica d’importanza cruciale del successo del prelievo giapponese era “l’argomento socio-politico”, o il fatto che il prelievo è stato imposto a persone che si riteneva avessero profittato ingiustamente dalla guerra. Allo stesso modo, chi ha proposto la tassa cipriota dovrebbe illustrarla come un balzello imposto su chi, come molti uomini d’affari russi, ha usato i propri conti per il riciclaggio di denaro. Questo si potrebbe realizzare solo con una maggiore progressività della tassa, meno aggressiva sui piccoli depositi.

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