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Berlusconi sbuffa, aizza i falchi ma smorza sulla tempistica per i saggi di Napolitano

Baruffa tra falchi e colombe nel Pdl con i falchi, in testa Silvio Berlusconi, che dettano la linea, nonostante le cautele consigliate da personalità come Gianni Letta.

Ultimatum soft

Suona come un ultimatum, eppure è decisamente soft rispetto a come lo avrebbe voluto Silvio Berlusconi: se il Pd “si oppone alla collaborazione e impedisce la formazione di una maggioranza e di un governo, restano solo le urne a giugno”. E’ il segretario Angelino Alfano a riferire, in una nota, la linea del Pdl.

La nota firmata da Alfano

Ma il comunicato – diramato dopo quello del Quirinale e dopo aver ascoltato la conferenza stampa di Bersani – è frutto di un lungo incontro che si è tenuto ad Arcore e nel quale il Cavaliere ha riunito lo stato maggiore del partito. E durante il quale, per l’ennesima volta dal giorno delle elezioni, si sono contrapposti falchi e colombe.

La linea anti Prodi del Cavaliere
Il fatto è che l’ex premier è il primo fautore della linea dura e chi nel Pdl sostiene posizioni meno tranchant riesce con molta fatica a trattenerlo. Berlusconi teme che l’insediamento delle due commissioni di saggi volute da Giorgio Napolitano si traduca soltanto in una perdita di tempo che porti dritto dritto alla chiusura di una finestra elettorale accettabile tra fine giugno e inizio luglio. E che nel frattempo, soprattutto, la sinistra si voti da sola un presidente della Repubblica, strizzando l’occhio anche ai grillini e tirando fuori dal cilindro uno di quei nomi che lui considera ‘ostili’ (tra cui, ovviamente, c’è quello di Romano Prodi).

La tempistica per i saggi

E’ questo il più grosso timore del Cavaliere che ormai da tempo freme e che già il giorno di Pasqua è stato a fatica convinto a desistere dal suo intento di diramare una nota di fuoco che facesse di fatto saltare il banco. Anche oggi – viene riferito – il leader del Pdl era pronto a mettere nero su bianco un ultimatum piuttosto stringente: concedere ai cosiddetti ‘saggi’ 72 ore di tempo per lavorare e poi riferire al Colle. Obiettivo: far cessare la fragile ‘pax’ imposta da Napolitano, insomma rialzare la voce per evitare di rimanere fuori dai giochi. Un messaggio dunque sia al Colle che al Pd.

Il ruolo di Letta

Alla fine il tono della nota č rimasto ultimativo ma non viene precisata alcuna deadline. Ancora una volta a frenare i bollenti spiriti del Cavaliere sarebbero state le colombe. Anzi, la colomba per eccellenza, ossia Gianni Letta. Quell’indicazione temporale – è stato il senso del ragionamento del ‘pontiere’ – sarebbe stato troppo stridente con gli 8-10 giorni affidati dal Colle alle due commissioni.

I prossimi passi

Ma nella testa di Berlusconi l’ipotesi della strappo resta ben presente, soprattutto se nelle prossime ore non dovesse in qualche modo diventare piů concreta un’apertura dei democratici sul nome del prossimo presidente della Repubblica. In che modo attuarla? Le opzioni sono molteplici: una prevede di ritirare venerdì la delegazione di Pdl-Lega, in alternativa si potrebbero spingere i due rappresentanti (cioè Quagliariello e Giorgietti) a prendere pubblicamente posizione sulla ‘inutilità del lavoro in corso. Altra variante, che avrebbe anche un impatto piů scenico, prevede invece che sia il Cavaliere in persona a chiedere di essere ricevuto al Quirinale.

 

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