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Caro governatore Visco, non si affidi più alla speranza

L’attesa per la relazione annuale del Governatore anche quest’anno ha riunito tutta la classe imprenditoriale, sociale, economica e politica (a dir la verità quest’ultima latitante) italiana e le aspettative erano concentrate sulle posizioni che Visco avrebbe preso nei confronti della profonda crisi che sta letteralmente avvilendo il nostro Paese verso un inesorabile declino.

E’ da evidenziare da subito però che non sono stati sciolti i dubbi, poiché è stata avallata la politica economica attualmente perseguita dalla governance europea e adottata in totodal governo, la quale considera ancora il pareggio di bilancio come conditio per la ripresa produttiva, mentre sappiamo molto bene che il dibattito in atto a livello internazionale ci indica vie diverse.

Il problema principale tuttavia rimane sempre il debito pubblico e che è stato affrontato marginalmente nella relazione, specialmente per le enormi risorse sottratte per il suo sostentamento (5,5/6% del Pil) che inibiscono la possibilità di poterle destinare verso altre forme di impiego produttive, come nuovi investimenti e stimoli alla crescita, e che fanno vanificare nel nulla gli enormi sforzi sopportati dalle imprese e dalle famiglie chiamate sempre più al ricorso fiscale pur d’innalzare sempre più, a compensazione, l’asticella del livello dell’avanzo primario.

La stabilità dei prezzi perseguita dal modello europeo ha provocato, e provocherà sempre più, enormi scompensi nell’area valutaria comune, non riuscendo a realizzare il giusto connubio fra i fattori produttivi capitale e lavoro e dall’assenza di politiche compensative interne all’area stessa.

Vorrei sommessamente ma fermamente ricordare che il problema del debito, e il collaterale problema interessi, non può essere risolto perseguendo obiettivi di avanzi primari, perché in questo modo si comprime ulteriormente la crescita la quale oltre a creare catastrofici disagi sociali sta iniziando inoltre a minare sempre più la tenuta del sistema bancario italiano, così come il Governatore ci ha ricordato, con un raddoppio dei prestiti in sofferenza saliti al 7,2% degli impieghi complessivi, dal 3,4% del 2007, estraniando sempre più le imprese e le famiglie all’accesso al credito.

La crescita non può essere affidata alle speranze di crescita, ma a un  preciso impulso esogeno alla domanda.

Perciò la BCE dovrebbe, ad esempio, finanziare con titoli che rappresentino nuovi crediti alle imprese e da cartelle fondiarie destinate all’edilizia, vero motore per il ritorno alla crescita, secondo quanto fatto dalla Fed americana e che contribuirebbero effettivamente al rilancio dell’occupazione. Come non è possibile la diminuzione del cosiddetto cuneo fiscale, grande freno all’occupazione, se lo Stato non riesce a reperire forme alternative di finanziamento necessario per il rispetto delle “regole” europee.

L’attuale modello di riferimento supportato da Visco non ci sembra che possa portare l’Italia fuori dalla crisi perché la soluzione dei problemi strutturali richiede molto tempo mentre, il rispetto dei parametri di bilancio e di debito imposti da Bruxelles, corrono verso la creazione di presupposti ottimali per un ulteriore deperimento di tutti gli indicatori macroeconomici.

Si abbia il coraggio di promuovere nuovi modelli economici che vadano più verso le esigenze reali di crescita del nostro paese rispetto a quelli che si affidano solamente alle speranze per la sua sopravvivenza e la futura identità nazionale!

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