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Il Bezos d’Europa? Potrebbe essere Google

Il re di Amazon, Jeff Bezos, è il miglior editore che il Washington Post (WaPo) potesse sognare. Il quotidiano, fino a qualche giorno fa nelle mani della storica famiglia Graham, potrà quindi puntare ad una contaminazione vera con il mondo digitale di cui Bezos è un grande conoscitore. E riuscirà forse a costruire, sulla base del metodo Amazon, quell’informazione personalizzata che è la nuova frontiera della comunicazione.

Queste le sfide del WaPo e dell’editoria globale secondo Marco Bardazzi, Digital Editor della Stampa, che, in una conversazione con Formiche.net, sottolinea che Bezos europei non esistono e che l’interesse americano e di Google anche per l’editoria del Vecchio Continente non sono da escludere.

La contaminazione tra giornali tradizionali e mondo digitale

“L’idea che circola da tempo e su cui insistiamo anche noi alla Stampa – spiega – è che c’è bisogno di contaminazione tra i giornali tradizionali e le novità che si sono sviluppate nel mondo digitale, anche con l’approccio usato da realtà come Google, Facebook e Twitter. E la contaminazione non deve riguardare solo il tipo di contenuti, ma anche la modalità narrativa, lo story-telling che necessita di un confronto con il mondo esterno. E per un giornale con una tradizione forte come il WaPo, essere stato acquistato da Jeff Bezos significa aver vinto al lotto. E’ il miglior editore che quel giornale potesse sperare di avere al momento”.

La fine degli editori puri

Meglio quindi un imprenditore come Bezos che un editore puro? Questi ultimi “sono diventati una rarità anche negli Usa, dove erano abituati ad averli da tempo. E finita l’era Graham al WaPo, restano solo i Sulzberger del New York Times. Con gli editori puri gli Usa devono quindi fare i conti”, oltre che con il mondo digitale. E secondo Bardazzi l’ingresso di Bezos, forte della sua esperienza in Amazon, nel giornale non può che essere “un bene”.

L’attività giornalistica e la redditività dell’investimento

Nei giornali, del resto, “non si fanno più grandi affari”. Certo, per un miliardario come Bezos, che dispone di un patrimonio personale di 25 miliardi di dollari, l’investimento di 250 milioni per rilevare il WaPo è da considerare “un’operazione filantropica”. Che sia un investimento “per farci soldi ne dubito”, spiega. “Ma la preoccupazione della redazione del WaPo riguarda anche un altro aspetto: ‘Potremo continuare a sfidare i poteri forti come successe ad esempio con lo scandalo Watergate, con un editore in grado di difenderci?’, si chiede. Sarebbe già un risultato”, commenta.

Un’informazione personalizzata

Ma la novità rilevante da capire, secondo Bardazzi, riguarderà anche la personalizzazione della notizia: “Amazon ha studiato i desideri degli utenti per proporre delle offerte mirate. Farlo nell’offerta giornalistica sarebbe importante, anche perché si intravvede già una nuova informazione personalizzata”. Bardazzi si dice quindi “curioso” di capire come Bezos potrà applicare il metodo Amazon al mondo delle notizie.

Nessun Bezos europeo o italiano

Una cosa è certa. “Di Bezos italiani o europei in giro non ne vedo – dice -. Nell’editoria europea ci sono nomi importanti come il gruppo dell’australiano Murdoch e quello tedesco Axel Springer, divenuto un caso di studio, ma non imprenditori alla Bezos o alla Steve Jobs, a meno che non siano gli stessi americani ad entrare nel mercato europeo. Niente è escluso, neanche l’interesse di Google per l’editoria. Il colosso di Mountain View sta infatti mostrando un’attenzione crescente verso i contenuti”. La sua strategia? “Offrire le migliori risposte possibili alle domande degli utenti, e per questo sta affrontando una serie di passaggi tesi a valorizzare i contenuti di qualità”.

Il futuro della carta stampata

Buone notizie quindi per il mondo digitale, ma quale sarà il destino della carta stampata? “La versione cartacea resterà importante per gli approfondimenti, ma dovrà affrontare dei cambiamenti rispetto a come la intendiamo oggi. I giornali diventeranno magari meno ricchi di pagine, affiancati comunque dalla versione digitale fruibile su tablet”, conclude.

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