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Carige, Mps, Etruria e non solo. Ecco le banche che soffrono di più. Report Cgil

Banche italiane ridotte al lumicino. Utili in crollo, rettifiche che continuano a erodere fette importanti dei ricavi, costi in diminuzione ma sempre elevati.

È questa la fotografia che emerge dalle rilevazioni dell’Osservatorio della Fisac Cgil. Lo studio, che mostra un sistema creditizio sempre più debole a giugno 2013, è condotto sui conti economici delle sedici maggiori banche domestiche, ovvero Unicredit, Intesa Sanpaolo, Mps, Banco Popolare, Ubi, Bnl, Bper, Bpm, Cariparma, Carige, Bpvi, Creval, Popolare di Sondrio, Credem, Banca Etruria e Banco Desio.

QUANTO CALANO GLI UTILI
Il primo elemento di novità di quest’anno – si legge nella nota dell’Osservatorio della confederazione guidata da Susanna Camussoè rappresentato dalla contrazione dell’attivo del campione relativo in gran parte alla stretta creditizia”. A giugno 2013 i principali istituti di credito italiano hanno accusato una riduzione dei ricavi da interessi, con le commissioni che invece tengono. Se ci si vuole consolare, si può notare che i proventi finanziari, seppur ridotti rispetto all’analogo periodo del 2012, siano superiori sia al 2010 che al 2011. I ricavi totali invece sono tornati sui livelli del 2010. Quanto ai costi, “le spese per il personale sono sostanzialmente stabili, o in lieve riduzione – rilevano gli analisti – segnalando anche a giugno il trend di riduzione in atto: il risultato sono costi totali ridimensionati, rispetto all’attivo, di circa il 5% sul 2010/2011”.

GLI UTILI SEGNANO IL PASSO
Ma è soprattutto l’andamento degli utili a segnalare che l’uscita dal tunnel è ancora lontana: il risultato lordo si indebolisce rispetto al 2012, a causa della riduzione del margine da interesse non del tutto compensata da più commissioni e meno costi. Ad abbatterlo drasticamente e farlo colare a picco, sono le rettifiche, sui massimi dal 2010. La conseguenza è che l’utile netto medio segna il minimo da quattro anni. “I ricavi da interesse – si legge ancora nel rapporto – vengono erosi per più del 50% dalle rettifiche. Costi fermi o in riduzione, non possono da soli correggere il peso negativo della congiuntura legata al credito”.
Così, le 16 banche in esame a giugno 2013 perdono quasi 2,8 miliardi di ricavi da interessi. I ricavi totali si riducono in valore di circa 3 miliardi sul 2012 mentre sul versante dei costi il campione risparmia circa 600 milioni per il personale e 100 milioni di altre spese. Le rettifiche schizzano oltre i 9,5 miliardi contro i 7,5 del 2010. E gli attivi totali si riducono di più di 100 miliardi, passando da 2,580 del 2012 a 2,470 miliardi di giugno 2013.

UNICREDIT E INTESA IN TESTA PER I MARGINI
La banca che conserva il maggior margine di interesse in valore assoluto (6,4 miliardi di euro) è Unicredit, seguita da Intesa Sanpaolo a 4,9 miliardi, e da Mps a quota 1 miliardo. Dietro compaiono Banco Popolare a 916 milioni e Ubi a 845. La cifra più piccola appartiene a Banco Desio, 92mila euro. Ma più significativo è il rapporto tra margini e ricavi, che in media per l’aggregato segna quota 54,3%. Superano la soglia, con il 60%, Bnl, Cariparma al 59% e Bper al 58,5%. Appena sotto, ma non lontani dalla media, Ubi, al 54%, Banco Popolare (53,3%), e Banco Desio al 53,1%. Poco sotto il 50% si collocano Bpm, Bpvi e Credem.

L’HIT PARADE DEI RICAVI

Da dove traggono i ricavi le banche? In media, per il 33,4% da attività commerciali e servizi, molto inferiore (al 12,3%) la quota derivante dalle attività finanziarie. Mps deve alla voce attività commerciali il 40% dei ricavi, quota che scende al 39,5% per Banco Popolare e al 38,5% per Ubi. Unicredito e Intesa contano sul business per ottenere rispettivamente il 32,4% e per il 31,9% dei ricavi.

CHI HA PAURA DELLE RETTIFICHE
Un importante indicatore di rischio è la quota di ricavi erosa dalle rettifiche, in media il 28,8%. Qui la banca più in pericolo è Etruria al 54,8%, seguita da Mps al 49,8%. Sopra il 40% anche Bper e Carige. Più solidi i soliti colossi Unicredit, per cui l’indicatore è poco meno del 25% e Intesa al 28,4%. Molto bene Credem, per cui le rettifiche impattano solo del 9,8%.

LA GRADUATORIA IN BASE AI COSTI

Ancora, i costi: quello del personale ha un impatto medio del 35,7% ed è più pesante per Desio (48,4%), Bnl (44%) e Mps (43,9%). Le altre spese amministrative pesano del 22,9% sui ricavi dell’aggregato e sono più forti (intorno al 30%) per Cariparma, Creval e Mps. Infine i costi operativi, che sono un indicatore dell’efficienza totale, vedono di nuovo in cima alla classifica Mps (70% sui ricavi), Bnl (67,9%) e Banco Popolare (67%).

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