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Mps, Banco Popolare e Banca Marche, quali sono gli istituti più zavorrati di sofferenze

Banche italiane sempre più in sofferenza. Le azioni del comparto saranno anche pronte a riprendere quota, come sentenziano molti investitori professionali, ma a guardare i crediti incagliati, il cambiamento di direzione è ancora lontano.

I NUMERI SULLE SOFFERENZE

I Non performing loan (npl) continuano a crescere e, secondo i dati raccolti da PricewaterhouseCooper, a luglio 2013 hanno toccato quota 140 miliardi di euro, il 22,3% anno su anno. Dal 2000 gli npl lordi sono aumentati al ritmo del 31% all’anno e a luglio la quota sul totale degli asset nel sistema italiano ha raggiunto il 7,2%, rispetto al 5,7% di luglio 2012. Le banche hanno iniziato ad aumentare le riserve per i rischi sui crediti, ma i coverage ratio, ovvero il rapporto tra queste riserve e le sofferenze, a luglio 2013 non hanno subito nessuna sensibile variazione, rimanendo fermi in media a 52,6%.

LA CLASSIFICA DELLE BANCHE ITALIANE

Solo Mediobanca è riuscita a aumentare il suo coverage ratio portandolo da 47,8% a 56,3%. Mentre gli estremi sono rappresentati dal 38% di Popolare di Vicenza al 61% della Popolare di Sondrio. Con l’eccezione di Ubi e Banco Popolare, le dieci banche maggiori sono allineate in termini di coverage ratio, con variazioni dal 54% al 61%. Invece, il costo del rischio era significativamente aumentato nel 2012 passando da 0,9% a 1,4%, ed è rimasto sostanzialmente invariato nella prima metà del 2013. Per questo fattore, Banca Marche ed Etruria segnano valori record sopra i 340 punti e Credem il minimo a 60: la media è di 140 punti, di poco inferiore a quella del 2012.

CHI CEDE LE SOFFERENZE

Una soluzione possibile per migliorare la situazione è la cessione dei portafogli di npl: le banche con la quota più elevata (ovvero Mps, Banca Marche, Banca Etruria, Banco Popolare) sarebbero quelle più propense a vendere, però sono le banche con il maggior coverage ratio quelle con il miglior posizionamento per chiudere un deal (si parla di Popolare di Sondrio, Banca Sella, Intesa Sanpaolo, per esempio).

GLI ESEMPI DI AGOS E FINDOMESTIC

Intanto alcuni soggetti, segnatamente Agos Ducato e Findomestic hanno ceduto i loro portafogli di crediti inesigibili a due gruppi internazionali e altre transazioni, di portafogli cartolarizzati o no, sono in progress mentre due o tre si potrebbero chiudere entro fine anno. La pressione del regolatore sugli accantonamenti combinata con un regime fiscale più favorevole e maggiori livelli di liquidità dovrebbero poi definitivamente migliorare la situazione a partite dal 2014.

IL PESO DEGLI NPL

La quota di npl sugli asset totali è aumentata al 3,6% dal 3,3% del 2012 per le dieci maggiori banche italiane. Se il discorso si estende alle prime venti, la media si alza a 4,1% dal 3,4% del 2012. La variazione tra la migliore e la peggiore è evidente: da 0,7 a 9,6%.

La maggior parte dei 140 miliardi è detenuto dalle prime 3 maggiori banche del Paese e lo stock di npl ha un trend crescente per tutte le maggiori dieci banche con l’eccezione di Bnl, che ha ceduto le sue sofferenze alla capogruppo Bnp Paribas. Anche la quota sul totale degli asset, visto il contemporaneo calo dei prestiti alla clientela, è aumentata per tutti gli istituti (a eccezione di Bnl), toccando la media del 7,3%.

 GLI ESEMPI BPM E MPS

Un altro dato rilevante riguarda il rapporto tra accantonamenti e margini di interesse netti, sia nel 2012 sia nel primo semestre di quest’anno. In particolare Bpm e Mps hanno toccato quota 108,2% e 96,6% rispettivamente. La media è passata dal 30% nel 2011 al 66% a luglio 2013. L’aumento maggiore lo hanno registrato Banca Etruria e Banca Sella. E dal 2011 a luglio 2013 il total equity è cresciuto in media del 5% mentre il valore degli npl è aumentato del 22%, trainando il rapporto npl/equity a +38%.

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