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L’autobiografia di Robert Gates: il libro che scuote Washington e accusa Obama

Si intitola “Duty – Memories of a Secretary war”, memorie autobiografiche di Robert Gates, pezzo grosso della Difesa statunitense, per 26 anni all’interno dei servizi segreti, fino al vertice della Cia; successivamente – unico nella storia – Segretario della Difesa con Bush prima e poi con Obama (fino al 2011, quando al suo ritiro ha lasciato il testimone a Leon Panetta).

È dalle anticipazioni del libro (Knopf, 640 pagine, in uscita il 14 gennaio), che comincia – male – il 2014 di Obama. Gates infatti, non ha risparmiato critiche all’attuale presidente, calcando la mano su un nervo scoperto: la gestione delle politiche di antiterrorismo.

Racconta di un episodio avvenuto nel marzo del 2011, durante un vertice di alto livello alla Casa Bianca: «Mentre ero seduto lì pensavo: il presidente non ha fiducia nel suo generale, non sopporta Karzai, non crede nella sua strategia e non considera la guerra sua. Per lui l’unica cosa è andare via». Si parlava di Afghanistan, il generale in questione era David Petraeus – dal 2008 Comandante dell’United States Central Command, che prevedeva la responsabilità strategica di tutto il teatro medioorientale, compresa la conduzione delle operazioni militari in Iraq ed Afghanistan; successivamente dal giugno 2010, succedendo al generale Stanley McChrystal, Petraeus diventò comandante delle operazioni militari statunitensi in Afghanistan, Pakistan, penisola Arabica e parti dell’Africa, ruolo ricoperto fino all’estate del 2011, per diventare poi direttore della Cia.

Il problema di Obama, secondo Gates, è stato non tanto di quello di aver fatto mancare autentico sostegno alle sue truppe in giro per il mondo, ma di non aver creduto nella loro missione. Colpa, anche, di una politica (quella della “surge” alla truppe) non propria – ereditata dagli anni di Bush -, in cui lui per primo non credeva, avallata e appoggiata per necessità. E poi, la responsabilità dei collaboratori: «incapaci, impreparati, incompetenti». Ce n’è per tutti: dal vice presidente Joe Biden – «ha sbagliato tutte le scelte in politica estera e nazionale negli ultimi 40 anni» – fino all’ex Segretario di Stato Hillary Clinton (“quasi sicuro” candidato per la prossima presidenza), che sebbene ne esca la meno malconcia, viene accusata di essersi opposta all’aumento di truppe in Iraq nel 2007, solo per questioni di appeal politico – c’erano le primarie in Iowa.

Ma Gates non risparmia nemmeno critiche più ampie, all’interno sistema del Pentagono: l’organizzazione da lui guidata, sarebbe vittima di conflitti interni, persa in una continua inerzia burocratica, che la sta conducendo verso «l’abisso del Congresso»: problemi indicati dall’ex segretario come i più grossi con cui ha dovuto combattere, più difficili di gestire il conflitto in Afghanistan e Iraq.

La Casa Bianca ha rimandato al mittente le accuse: della replica si è occupata Caitlin Hayden, portavoce del Consiglio della sicurezza nazionale. Hayden ha commentato che «il presidente apprezza il servizio reso da Gates al paese, e come sempre incoraggia i punti di vista diversi nella sua squadra per la sicurezza nazionale, che allargano le nostre opzioni e migliorano le nostre politiche», sebbene ha sottolineato che Obama «non è d’accordo con le valutazioni espresse sul vice presidente Biden».

Il libro sta scuotendo Washington, se ne parla molto, anche perché arriva da una personalità rispettata – fu per la sua validità che Obama decise di utilizzare la riconferma, come apertura verso i repubblicani – e all’inizio di un anno cruciale per Obama: molto del suo secondo mandato, dipende da quello che resterà nelle reti nel 2014. Con le elezioni di mid term, che secondo i sondaggi, lo danno sfavorito anche al Senato – sarebbe un incubo governare con entrambe le Camere opposte – e il futuro degli scenari internazionali in rapida complicazione.

La Siria è sfuggita di mano; la situazione in Afghanistan, in attesa delle elezioni del 5 aprile, è ancora critica nonostante si sia raggiunto l’accordo sulla permanenza delle truppe americane (qualche giorno fa c’è stato un attacco contro una base Isaf). Peggiorano giorno dopo giorno, invece, le vicende in Iraq, con al Qaeda in piena guerra contro il governo sciita. E via dicendo, fino ad arrivare alla Corea del Nord, con il lunatico e pericolosissimo Kim Jong-un seduto su una polveriera – Obama ha deciso proprio ieri, giorno del compleanno del dittatore, di rafforzare il contingente nella confinante Seul.  E poi c’è la questione delle questioni, l’eterno Iran, ancora del tutto aperta.

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