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Che cosa si cela dietro i recenti viaggi di Obama in Europa e Asia

Ansia da rimozione: le recenti visite all’estero del presidente americano Barak Obama, prima in Europa in occasione del deflagrare della crisi ucraina e ora in Asia per collazionare le mai sopite paure verso l’espansionismo cinese, hanno innanzitutto lo scopo di far dimenticare l’America costernata di fronte al mondo per aver provocato nel 2008 la più grave crisi finanziaria globale da un secolo.

LO SMARCAMENTO DALLE EREDITA’ REPUBBLICANE

Ma non è solo una strategia che mira solo a restituire l’immagine di un’America finalmente risanata: siamo entrati nel secondo anno del secondo quadriennio della Presidenza Obama, sin qui davvero impegnata a smarcarsi dai lasciti delle amministrazioni repubblicane: all’estero, dall’impegno militare in Afghanistan e Irak; all’interno, dalle conseguenze della catastrofe finanziaria del 2008. Completata la destabilizzazione del nemico rappresentato dall’estremismo islamico, si ricomincia con l’Atlantico ed il Pacifico.

I MODELLI ACCANTONATI

La strategia statunitense sembra tornare agli assetti precedenti alla globalizzazione, secondo cui in un “mondo piatto” domina il mercato e non c’è spazio per gli Stati. Si tende così a tornare alla strategia dei blocchi di Stati alleati, che sul duplice versante si contrappongono agli avversari-competitori, Russia e Cina. Serve il duplce registro delle alleanze militari e delle relazioni economiche. Il modello Onu-Fmi viene messo da parte così come quello del Wto: l’America torna a giocare su tavoli separati sfruttando i timori ancestrali degli Stati che confinano con le due potenze regionali per offrirsi come garante della loro indipendenza politica e per ampliare la sua area di influenza economica.

LA RAGNATELA TESSUTA DA OBAMA

Rispetto ad una astratta continuità territoriale del continente euroasiatico, che isolerebbe l’America tra due oceani, prevale una ragnatela di rapporti politici, militari e finanziari che vede gli Usa al centro delle relazioni globali. E’ una offesinva politico-diplomatica senza pari, che mette in sordina i danni subiti prima con le rivelazioni di Wikileaks sui cablo del Dipartimento di Stato e poi con le rivelazioni sul sistema delle intercettazioni di massa attraverso i sistemi legati alla NSA. L’America non si guarda dal buco della serratura, né è solo un grande orecchio nascosto.

IL QUADRO ARTICOLATO DELL’ASIA

Sul versante Pacifico, la visita del Presidente americano Obama deve tener conto di un quadro molto articolato. L’Australia ad esempio, se ancora fa parte del Commonwealth, deve le sue recenti fortune economiche alle esportazioni di minerali verso la Cina. Il Giappone, che è da sempre il pivot americano nell’area asiatica, è percorso da ventate nazionaliste nei confronti della Cina ed ha intrapreso una politica monetaria ancor più aggressiva di quanto non lo sia stata quella delle Federal Reserve americana, facendo conseguire allo yen una svalutazione di oltre il 30% allo yen e riportando nuovamente in attivo la bilancia commerciale: rispetto allo yuan, che è ancorato al dollaro, è stato un successo difficilmente immaginabile. La Corea del Sud sembra avere più argomenti di attrito con il Giappone, legati alle vicende dell’occupazione durante la guerra, di quanti non ce ne siano con la Cina. La Corea del nord, con la ricorrente minaccia nucleare, sembra essere il problema meno rilevante da affrontare.

LE RELAZIONI USA-CINA

L’obiettivo statunitense è difficile da mettere a segno: non solo è difficile riuscire a raccogliere a fattor comune i timori ancestrali verso il colosso cinese senza inimicarsi Pechino, ma è ancora più complicato offrire uno schema di partnership volta alla liberalizzazione degli scambi  transpacifici, considerando che il peso delle relazioni commerciali con la Cina è enormemente superiore a quello dei rapporti intrattenuti con gli USA. Accade lo stesso per l’Eurozona: pesando i rapporti valutari in base alle relazioni commerciali, lo yuan è di gran lunga più importante del dollaro.

EUROPA, FRA NATO E TTIP

Sul versante Atlantico, all’apparenza sarebbe tutto molto semplice. I lasciti del comunismo e della guerra fredda facilitano la strategia che punta ad isolare la Russia: la Nato è lo strumento ampiamente consolidato per involucrare la politica estera della Unione europea in una strategia a guida statunitense, usato di recente come strumento operativo per interventi militari ulteriori rispetto alle funzioni difensive dell’Alleanza, mentre il prossimo TTIP (Transatlantic Trade and Investment Partnership) sarà il grimaldello che priverà l’Unione di autonomia normativa in campo economico. La dissoluzione dell’URSS è stato il capolavoro incompiuto della strategia reaganiana: in Russia, l’America non è mai riuscita ad entrare, né economicamente, né finanziariamente. La dissoluzione dei regimi comunisti nei Paesi dell’est europeo è servita ad aggregarli all’Ue e poi alla Nato, stringendo il cerchio filoamericano attorno alla Russia.

LA STRATEGIA AMERICANA IN EUROPA E ASIA

Se, nei confronti dell’Europa, la strategia americana volta a ripetere l’isolamento della Russia è riuscita finora ad incunearsi abilmente nel duplice varco rappresentato dalla debolezza economica dell’Unione europea dopo la crisi e dal timore di una egemonia tedesca sul continente, in Asia non sembra che ci siano partner seriamente intenzionati a intessere un quadro di relazioni prvilegiate con gli Usa, che poi le negozierebbe da una posizione di forza con Cina. Di converso, infatti, è la Cina a farsi simmetricamente promotrice di un’area di libero scambio nel Pacifico. Ed il fatto che il Governatore della Banca del Giappone fosse in visita dal suo collega cinese proprio durante la visita del Presidente americano a Tokio la dice lunga sulla lista delle priorità.

EUROPA VASO DI COCCIO

A vedere le cronache della visita del Presidente americano Obama in Asia, è come se tutto quello che abbiamo vissuto in questi anni sia stato solo un brutto sogno: prima Wall Street alle corde, i valori azionari azzerati ed i titoli di debito tossici distribuiti in tutto il mondo, poi la liquidità immessa dalla Fed che ha mandato alle stelle i prezzi delle materie prime, salvo poi a riversarsi come uno tsunami sulle economie dei Brics ed a fare risacca non appena è stato annunciato il tapering. E così, ormai dalla fine dell’autunno, i mercati europei sono divenuti appetibili con gli spread ai minimi, mentre appena due anni fa erano usati in Europa come una clava per abbattere governi e far passare riforme sociali inimmaginabili. In tutto questo, l’Europa si è fatta vaso di coccio, all’esterno verso gli Usa ed all’interno verso la Germania: una matrioska di sovranità sovranazionali necessarie per tenere lontana la Russia ed il ritorno alle monete nazionali.

USA E CINA SI SPECCHIANO

Gli Usa continuano ad usare il dollaro a proprio piacimento, immettendone sul mercato quantità sterminate a proprio esclusivo vantaggio, spiazzando ogni altra economia, arricchendo la finanza ma non i cittadini. La Cina continua ad usare il lavoro dei suoi cittadini per inondare il mondo di prodotti a basso costo, spiazzando ogni altra impresa che operi in un Paese che voglia ancora continuare a garantire standard ambientali e sociali appena accettabili, arricchendo i suoi capitalisti e non gli operai che vedono ancora come un miraggio la proprietà della casa.

LE VERE MIRE DEI VIAGGI OBAMIANI

I viaggi del Presidente americano Barak Obama segnano una nuova strategia americana volta ancora ad omologare a sé tutto il mondo: l’Europa, così simile, eppure enormemente diversa; la Cina, così diversa, eppure estremamente simile. Sono inaccettati doppioni, sul piano culturale ed economico. Per i nuovi accordi monetari mondiali, che ristabiliscano per tutti e in ogni caso l’equilibrio delle partite dei pagamenti, e il controllo sui movimenti di capitale che destabilizzano i cambi, c’è ancora tempo.

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