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Regioni e sanità: chiudere i buchi neri italici

Non era certo necessaria la paletta alzata dal ministero di piazza XX Settembre per renderci conto dei conti italiani. Nemmeno i destinatari del bonus da 80 euro sono così ottimisti da nascondere la testa sotto il letto e ignorare una situazione in cui il maxi debito pubblico è il principale nemico da abbattere e dovrebbe essere al primo posto nella scala delle riforme. Mentre si preferisce concentrarsi sulla legge elettorale.

E invece una strada, coraggiosa e foriera di risultati da seguire, potrebbe essere quella di immaginare un’accelerazione drastica sulla riforma del titolo V con al centro del processo di trasformazione le regioni e la sanità. Ciò potrebbe portare non pochi frutti non solo a Palazzo Chigi, ma all’intero Paese.

Consentire che la medesima prestazione sanitaria costi X a Bozano e Y a Barletta è un azzardo che l’Italia non può permettersi, tanto vale spazzar via senza indugi il vero buco nero nei conti pubblici italiani: si tratta degli sprechi che si annidano nella gestione regionale del comparto sanità, con costi elevatissimi, stipendi faraonici, poca trasparenza e tanta burocrazia che appesantisce un pachiderma ormai giunto al punto di non ritorno.

Riaffidare la sanità ad un nucleo amministratvo centrale con costi standard e con drastici controlli (ma non ideologici) sul manico che gestisce tac e cure, sarebbe un bel regalo da far trovare a settembre a quei (pochi) italiani che hanno potuto concedersi lunghe vacanze. Anche perché quegli 80 euro, così come tutti i valori alfanumerici indicano, non sono stati affatto spesi ma messi nel salvadanaio per pagare le tasse che, anche quest’anno, sono aumentate in tragica continuità con la terapia-Monti.

twitter@FDepalo

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