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Intesa, Unicredit, Mps, ecco lo stato dei crediti inesigibili. Report Deloitte

npl

Che ne è dei crediti inesigibili delle banche italiane? Ricapitalizzazioni (leggi richieste di liquidità al mercato), legislazioni ad hoc (come la rivalutazione delle quote possedute in Bankitalia), nuovi programmi Ltro inaugurati dalla Bce contribuiscono sì a migliorare i coefficienti patrimoniali degli istituti di credito domestici. Ma nulla possano contro i non performing loan (npl), che continuano inesorabili a crescere.

IL SONDAGGIO DELOITTE
Lo afferma Deloitte in un rapporto di luglio e, a due anni di distanza dalle ultime rilevazioni, scopre che la qualità del credito è ulteriormente peggiorata mentre la ripresa dell’economia continua a essere rimandata a data da destinarsi, e mentre persistono gli stessi fattori critici che impedivano la chiusura delle transazioni relative ai npl. Esiste la volontà di trovare una soluzione industriale al problema ma la visione delle banche sul mercato resta invariata e, senza ripresa, la qualità del credito non può migliorare. Ciò che è peggio, la maggior parte delle banche (il 36,4%) si aspetta che il suo stock di npl crescerà per almeno due anni ancora e il 9,1% anche oltre; mentre il resto è equamente diviso: un 27,3% ritiene che i npl aumenteranno fino a tutto il 2014 e un altro 27,3% che l’accumulo si estenderà al 2015. A invertire il trend potrebbe essere solo la ripresa: e questo lo pensano il 100% delle banche intervistate da Deloitte. Solo  un’accelerazione nel pil reale sarà salvifica, altri fattori importanti sono una ridotta domanda di credito, il recupero del mercato immobiliare e il calo del tasso di disoccupazione.

UNA NUOVA GESTIONE DEI NPL
L’80% delle banche intervistante ha dichiarato di aver cambiato strategia in merito alla gestione dei npl negli ultimi due anni.  E piuttosto che le implicazioni degli aqr o le aspettative di mercato, il driver chiave del cambiamento è stata la volontà di tagliare costi diretti e indiretti associati ai npl. Le future eventuali dismissioni sono non saranno guidate esclusivamente dalle differenze tra il valore di mercato e il book value dei npl. Nei prossimi 24 mesi l’idea è di portare gli npl in outsoursing o di venderli. Con alcuni benefici: se si portano in outsourcing si ha un aumento nei tassi di raccolta associati con la riduzione degli accantonamenti, costi di raccolta variabili e legati alle raccolte effettivamente realizzate, miglioramento della qualità di portafoglio e possibilità di vendere in futuro a condizioni di prezzo migliori di quelle attuali.

VANTAGGI E DIFFICOLTÀ DELLA CESSIONE
La cessione di questi asset invece fa migliorare la profittabilità e la riduzione dei costi di gestione degli npl è fondamentale per la riduzione dei coefficienti di ponderazione del rischio, i risk weighted asset, ma ovviamente ci sono degli ostacoli alla vendita di un portafoglio di npl.
Il differenziale denaro-lettera si conferma il principale ostacolo alla cessione del portafogli di npl. Ma il gap si sta restringendo grazie a minori tassi di ritorno richiesti dagli investitori (si riduce il premio a rischio del Paese, i tassi di interesse sono ai minimi, c’è competizione tra gli investitori), e grazie ai nuovi accantonamenti previsti in vista degli Aqr. Quanto ai fattori che potranno ulteriormente ridurre il gap le banche si dividono equamente tra una legge fiscale più favorevole e l’adozione di un modello di bad bank.
Nei prossimi 24 mesi il 70% delle banche intervistate da Deloitte si aspetta di dismettere 500 milioni di npl in termini di book value lordo che equivalgono a un ammontare complessivo tra i 10 e i 16 miliardi nel periodo. L’idea nella maggior parte dei casi è di procedere a aste competitive e solo una modesta percentuale è orientata verso negoziazioni bilaterali.

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