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Civiltà Cattolica sprona il Parlamento sul Terzo settore riformato da Renzi

Sul Terzo settore bisogna fare presto. E’ Civiltà Cattolica a suonare la sveglia alle istituzioni per una riforma che rappresenta per la rivista dei Gesuiti “una svolta culturale più che politica”.

LO STATO DELL’ARTE

Una riforma attesa da almeno un ventennio, studiata tra diverse commissioni governative e contenuta ora in un disegno di legge delega del Consiglio dei ministri del 10 luglio scorso che dovrebbe essere approvato velocemente dal Parlamento e diventare operativo nel 2015.

L’ECONOMIA CIVILE

E’ Padre Francesco Occhetta ad approfondire in un focus sull’ultimo numero i contenuti e il significato della riforma: “La sua ispirazione favorisce un’economia al servizio dell’uomo che supera il paradigma economico svelatosi inadeguato con la crisi economico-finanziaria. Il cuore della riforma è basato sulla promozione dell’impresa sociale e su un modello economico tripolare in cui oltre al pubblico e al privato entra a pieni titolo anche l’economia civile”, scrive il gesuita.

La scommessa è quindi su un’idea umana di economia, su un mercato non esclusivamente ripiegato sull’obiettivo del profitto a tutti i costi che rientra nella visione contenuta nell’enciclica di Benedetto XVI Caritas in veritate, la “civilizzazione dell’economia”.

I NUMERI

La riforma toccherà la vita degli enti non commerciali, delle organizzazioni di volontariato, delle Onlus, delle cooperative sociali delle società e associazioni sportive dilettantistiche, fino alle fondazioni lirico-sinfoniche. Un settore che è ormai parte integrante del sistema produttivo del Paese, come dimostrano i dati Istat riportati da Occhetta: in Italia esistono 301.191 istituzioni non profit (+28% rispetto al 2001); 4,7 milioni di volontari (+43,5% rispetto al 2001); 681.000 lavoratori dipendenti (+39,4% rispetto al 2001); 271.000 lavoratori esterni (+169,4% rispetto al 2001); 64 miliardi di euro di entrate e 57 miliardi di spesa.

Ecco perché la rivista diretta da Padre Antonio Spadaro chiede di “riordinare, semplificare ed innovare una normativa frammentata ed eterogenea sul Terzo settore e appoggia la volontà politica di fondare un nuovo modo di pensare lo Stato e l’economia che potrà influenzare, non solamente il contesto italiano, ma anche quello europeo”.

I BENEFICIARI

Sono tanti i beneficiari di questa riforma. Essa libererà nuove energie nella società, attraverso il coinvolgimento al servizio civile di circa 100mila ragazzi. Gli stessi pensionati, considerati sempre in termini di costo, potranno diventare nuovamente “produttivi” mettendo a servizio le loro competenze per azioni sociali, mentre ai giovani la politica offre uno strumento per offrire nuovi lavori sul mercato. Anche le famiglie bisognose potranno utilizzare buoni ad hoc, emessi da società concessionarie, per usufruire di servizi di cura a categorie deboli, come bambini, anziani non autosufficienti o a persone con disabilità. E soprattutto, grazie alla riforma, il Terzo Settore non potrà più vivere di rendita. Gli operatori sono chiamati a diventare produttivi, per finanziare i propri scopi senza snaturarne la missione sociale: “È questa la vera svolta culturale da cui dipende il buon esito della riforma”, sottolinea Occhetta.

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