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Vi svelo le novità di Maker Faire 2014 di Roma

Per capire cosa sta davvero diventando il movimento dei Maker in Italia sono andato a New York. Alla grande World Maker Faire. E ho capito che se questa cosa della terza rivoluzione industriale è vera come è vera, noi italiani ce possiamo giocare alla grande. Anzi, ce la stiamo già giocando. Vi spiego perché.

Ero stato alla Maker Faire di New York anche lo scorso anno. Quella di Roma, come quest’anno, sarebbe arrivata due settimane dopo. Eravamo una incognita grande così. Davvero questi italiani sapranno fare una Maker Faire “European” come ci hanno chiesto?, era la domanda che leggevo nelle facce dei miei interlocutori. Curiosità ma incredulità di più. Poi c’è stato il botto: il Palazzo Dei Congressi stracolmo, la Opening Conference vista da migliaia di persone in tutto il mondo, i bambini e i robot protagonisti assoluti. E quindi quando questa volta sono tornato a New York, alla Hall of Sciences, in Queens, dove da cinque anni si svolge la World Maker Faire, il clima era totalmente diverso. “You italians are awesome, meravigliosi!” è stata la frase che mi hanno detto molti leader della comunità maker abbracciandomi calorosamente. La curiosità per quel che faremo è rimasta, l’incredulità è passata. Bene.

C’è poi la questione delle dimensioni. Lo scorso anno al palazzo dei Congressi di Roma allestimmo poco più di diecimila metri quadrati; quest’anno al Parco della musica saranno circa settantamila. Lo scorso anno 250 progetti, quest’anno più di seicento. E New York? Lo spazio espositivo è praticamente identico, anche se il nostro auditorium di Renzo Piano è oggettivamente più bello. E anche il numero dei progetti di equivale: a Roma saranno più di 600 a New York ne dichiaravano 700. 700 tutti americani, i nostri vengono da 33 paesi nel mondo, Africa e Cina compresi. Non male. Sempre sui numeri, ho chiesto: quante persone farete nel weekend: 85 mila sarebbe un trionfo. A Roma il sindaco ci ha messo l’asticella a 100 mila. Ha esagerato probabilmente, ma se il meteo ci assiste il raddoppio dei 35 mila del 2013 è alla nostra portata. Pari e patta quindi, o almeno così dovrebbe finire.

I numeri dicono molto ma non tutto. La star di questa edizione della World Maker Faire era la Strati, la prima auto del mondo stampata in 3D. Un piccolo bolide nero che sembra uscito dalle pagine di un cartone animato. E’ stata stampata all’inizio di settembre a Chicago dal team di Local Motors. Che c’entriamo noi? La Strati è un progetto italiano. Porta la firma di un designer torinese finora pochissimo noto, Michele Anoé, che ha vinto una gara mondiale. E infatti la firma di Michele Anoé è fisicamente sulla vettura. “Designed in Italy? Are you really surprised?” mi ha detto ridendo Dale Dougherty che è l’inventore delle Maker Faire. Non siamo sorpresi, no, ma orgogliosi sì. E infatti la Strati al 99 per cento sarà alla Maker Faire di Roma con il suo progettista italiano.

Le Maker Faire americane sono sempre una festa popolare bellissima e a tratti surreale. Bambini che si costruiscono i razzi che lanceranno, show bagnatissimi di Coca Cola e Mentos e battaglie di droni. In questo contesto spiccava un solo padiglione nazionale. Il nostro. Makers Italia. Sponsorizzata dall’Istituto per il commercio estero, presentava una selezione di fablab e artigiani digitali davvero interessante e trasmetteva il messaggio di un paese unito, vivo e proiettato nel futuro.

Questo breve report non sarebbe completo se non parlassi di Massimo Banzi. Com’è noto della Maker Faire di Roma è il co curatore assieme a me. Ma Massimo è soprattutto un vero leader dei maker di tutto il mondo. E’ una persona generosa che nonostante sia il numero uno di una azienda di nome Arduino, lo trovi al bancone dello stand a rispondere a tutti con una pazienza infinita. Anche per questo è amatissimo Massimo. Perché è a disposizione di chiunque e perché, a differenza di alcuni altri, partiti nell’open source, non ha messo il lucchetto ai suoi prodotti scappando con la cassa. E’ lì che continua a sfornare cose nuove, utili, che costano poco e facili da usare. Ogni volta a New York il suo intervento è uno dei momenti clou: fuori si forma una lunghissima fila per ascoltare The State of Arduino, e io stavolta sono riuscito ad entrare solo perché mi ha fisicamente infilato dentro lui. Sono il suo assistente. Bene, stavolta Massimo ha fatto il più bel discorso che gli ho sentito fare dai tempi del TED Global di Edinburgo. Ha parlato dell’Internet delle cose, di quante stupidità si dicano e scrivano al riguardo, di quanti prodotti inutili siano stati lanciati. E ha annunciato il progetto di una casa connessa a Torino, una casa piena di oggetti connessi a Internet, realizzata assieme a Bruce Sterling, e messa in affitto su AirBnb in modo che tutti possano viverla davvero la tecnologia e che i prodotti vengano testati e modificati in base agli input degli utenti. Utenti veri, non statistiche. Un applauso scrosciante ha chiuso il suo talk.

Ora tocca a noi, tocca alla Maker Faire di Roma. E finché non la metti in scena non sai come andrà. Ma sì, dopo aver visto New York non ho dubbi: gli ingredienti li abbiamo tutti. La terza rivoluzione industriale la stiamo facendo davvero.

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