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Privacy, perché l’Europa avverte gli Stati Uniti e Google

Il futuro commissario Ue al Mercato Unico Digitale Andrus Ansip è pronto a usare il pugno di ferro sulla privacy: se gli Stati Uniti non rispetteranno le regole europee, l’accordo di Safe Harbor potrebbe essere a rischio. Ansip ha parlato delle sue future strategie in un’udienza al Parlamento europeo che precede l’eventuale conferma della sua nomina (che dovrebbe però essere scontata). Ansip ha detto che la privacy è la priorità delle sue politiche per il digitale in Europa e sarebbe pronto a sospendere gli accordi di data sharing con gli Stati Uniti se i politici americani non si daranno da fare per proteggere meglio i dati dei cittadini europei.

POTERSI FIDARE SU INTERNET: UN MUST

“Safe Harbor non ci dà sicurezze oggi”, ha detto Ansip, ex premier estone. “Gli americani devono dimostrare agli europei che possono fidarsi di loro. Quando si tratta di proteggere i dati, si devono applicare regole e protezioni simili a tutte le aziende, ovunque abbiano sede”. Per ripetere il motto di Ansip, “Trust is a must”.

“Gli americani devono dimostrare ai cittadini europei che di loro possono fidarsi”, ha ribadito Ansip; gli Stati Uniti devono ancora convincere i politici europei di aver adottato un approccio più severo verso la protezione dei dati.

Per questo l’accordo di Safe Harbor tra Europa e Stati Uniti, che permette alle tech companies americane di spostare i dati degli europei in America purché osservino le stesse regole sulla privacy, potrebbe essere a rischio: “Se non avremo risposte precise, la sospensione sarà una possibilità che considereremo”, ha detto Ansip.

IL SAFE HARBOR E LA FRATTURA DEL DATAGATE

In base alle regole Ue sulla protezione dei dati, le aziende multinazionali possono trasferire i dati degli utenti europei fuori dal blocco dei 28 Stati se il Paese dove quei dati sono trasferiti è considerato rispettoso della privacy quanto l’Europa. Solo una manciata di Paesi al mondo soddisfa i severi requisiti europei e gli Stati Uniti non sono tra questi; perciò la Commissione Ue ha adottato l’accordo Safe Harbour nel 2000 in base al quale le aziende Usa certificano di aderire agli standard europei sulla protezione dei dati.

Lo scandalo del Datagate ha cambiato però la situazione. I parlamentari europei hanno chiesto ripetutamente alla Commissione di annullare l’accordo visti i massicci programmi di spionaggio americani che hanno coinvolto anche cittadini dell’Ue.

Lo scorso novembre dunque l’esecutivo Ue ha deciso di riesaminare i termini del Safe Harbor e ha mandato a Washington una lista di 13 temi chiave da affrontare prima di redigere un nuovo accordo. Tra le richieste principali della Commissione c’è la garanzia che il governo americano usi il diritto di accesso ai dati degli europei per motivi di sicurezza nazionale solo quando strettamente necessario e in risposta a una specifica minaccia.

Questo appare il nodo principale: il Safe Harbor richiede alle aziende americane di adeguarsi ai severi standard europei sulla protezione dei dati ma ciò che preoccupa Ansip e, a sua detta, i cittadini europei è l’eccezione creata dai motivi di sicurezza nazionale, che permettono alle autorità americane di prelevare i dati degli europei andando oltre le regole: Ansip ha detto che gli Stati Uniti dovrebbero fornire termini più specifici per la clausola che permette loro di eludere i diritti alla privacy.

LINEA DURA NELLA NUOVA COMMISSIONE UE

Ansip non è solo nella sua posizione. Anche la commissiaria entrante alla Giustizia Vera Jourova ha definito la sospensione degli accordi commerciali di data sharing tra Unione europea e Stati Uniti “un’opzione”.

La commissaria ceca ha detto ai parlamentari dell’Ue che il Safe Harbor potrebbe essere sospeso se i negoziati tra Bruxelles e Washington sull’accesso dei servizi di sicurezza ai dati personali si dimostreranno infruttuosi, anche se, ha aggiunto, Nsa e Safe Harbor sono tematiche estremamente complesse.

La Jourova, che si occuperebbe di rivedere il testo del Safe Harbor dal primo novembre se fosse confermata come commissario alla Giustizia, dovrà quindi chiarire come sostituire, eventualmente, questo accordo. A settembre dell’anno scorso ben 3.246 aziende erano certificate in base al Safe Harbor, tra cui colossi come Google e Facebook. Se l’accordo fosse stralciato, occorrerebbero meccanismi alternativi per il trasferimento dei dati, più complessi e più onerosi.

BACCHETTATA A GOOGLE

La sospensione dell’accordo avrebbe implicazioni importanti per le aziende tecnologiche americane come Google, Facebook e Microsoft, che processano negli Usa i dati forniti dai cittadini europei nelle loro attività online. Ma per Google in particolare i problemi potrebbero essere parecchi, se Ansip guiderà l’agenda digitale europea.

“In alcuni casi è assolutamente impossibile avere visibilità nei motori di ricerca”, ha detto Ansip riferendosi neanche troppo velatamente all’indagine antitrust aperta contro Google. “Nessuno ha il diritto di abusare della posizione dominante sul mercato, nemmeno i motori di ricerca”, ha aggiunto. Questo potrebbe voler dire per Google una risoluzione meno veloce dell’inchiesta in corso.

NET NEUTRALITY E OBLIO

Davanti al Parlamento europeo Ansip ha messo in risalto il tema della protezione dei dati online delle persone, definendolo il suo obiettivo principale. Come possibile futura guida delle politiche digitali europee, Ansip dovrà occuparsi delle riforme delle norme sulla privacy in Europa e costruire una collaborazione digitale tra i 28 Paesi dell’unione. Ma dovrà anche completare la riforma Connected Continent per creare un mercato digitale unico. Ansip si è detto anche favorevole alla creazione di una carta dei diritti di Internet come documento legalmente vincolante che indicherebbe quali sono le libertà e i diritti sul web, sulla falsariga della carta varata in Brasile.

Ansip ha detto che darebbe sostegno alle norme per la net neutrality, basate sul principio che tutti debbano avere accesso uguale al contenuto online. Non è mancata tuttavia una leggera apertura verso gli operatori della banda larga e delle Tlc europei: Ansip ha detto che queste aziende potrebbero offrire diversi servizi, purché non venga colpito l’accesso base a Internet. “Prezzi più alti per velocità maggiori sono accettabili, ma questo non deve ledere i diritti di nessuno”. Il politico estone ha invece dato un no secco al geo-blocking, definendolo “inaccettabile”: è la pratica che impedisce agli utenti di Internet di accedere a contenuti digitali fuori da una certa area geografica: “Se posso vedere le partite di calcio in Estonia ma non a Bruxelles, non è giusto”.

Infine, sul diritto all’oblio, Ansip ha detto che deve esistere “come eccezione”: è più importante che le informazioni pubbliche restino tali, in nome del diritto all’informazione.

DIGITAL PIONEER DELL’ESTONIA

Il nuovo presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker ha scelto Ansip per il ruolo di guida alle politiche digitali europee non senza motivo: dal 2005 al 2014, Ansip è stato primo ministro dell’Estonia, Paese che si è imposto in Europa come leader nella digitalizzazione. Negli anni della premiership di Ansip è stato implementato l’e-government, digitalizzando la pubblica amministrazione; per esempio in Estonia le firme digitali sono usate regolarmente come equivalente delle firme su carta. Ora Ansip vuole replicare in Europa il “miracolo” estone, ma considerando l’Europa come un mercato unico: l’obiettivo è il singolo mercato digitale che spezzerà le barriere agli scambi commerciali, armonizzerà il quadro legale e potrebbe creare, secondo i calcoli della Commissione europea, 900.000 nuovi posti di lavoro entro il 2020, aggiungendo un +1,7% annuo alla crescita economica europea.

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