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Il delitto Nemtsov non fa il gioco di Putin (anzi)

Grazie all’autorizzazione del gruppo Class editori e dell’autore pubblichiamo l’articolo di Edoardo Narduzzi apparso su Italia Oggi, il quotidiano diretto da Pierluigi Magnaschi

Il delitto è di quelli che costringe a pensare laterale. Non soltanto perché ci sono diverse possibilità per provare a interpretare il delitto moscovita di Boris Nemtsov, il vecchio vice premier ai tempi della presidenza di Boris Eltsin freddato da un killer lungo le rive della Moscova non distante dal Cremlino. Ma perché il quadro della politica russa è molto meno banale di come viene solitamente rappresentato.

Nemtsov era in politica da quasi 25 anni e nei fatti era ormai assai marginale. Era stato importante ai tempi di Eltsin e questo rappresentava un marchio indelebile per la maggior parte dei cittadini russi che ancora ricordano quella stagione come il peggior saccheggio delle risorse nazionali ad opera degli oligarchi vicini al Cremlino. Irragionevole, quindi, pensare che le autorità politiche russe avessero oggi nulla da guadagnare dalla sua eliminazione e che possano aver organizzato il tutto. Nemtsov da morto crea molti più problemi che non da vivo, perché può essere un simbolo da esibire in piazza. Una bandiera di una sorta di Maidan moscovita.

Per provare a capire i veri interessi dietro l’uccisione è necessario accendere la macchina del tempo e tornare indietro di un anno, a Kiev. Nella capitale ucraina inizia la lotta anti Vladimir Putin, perché il presidente russo aveva riguadagnato troppa autonomia di manovra nello scacchiere internazionale. In Siria, in Iran, in Egitto e ovviamente nell’Asia centrale fino alla Cina.

La spallata agli equilibri politici di Mosca parte da Kiev, da una Maidan foraggiata anche dai capitali di alcuni oligarchi russi, quelli che ai tempi di Eltsin hanno fatto facile fortuna. Una lotta strisciante, finora sotterranea, tra il Cremlino e le istituzioni fedeli agli interessi russi, da una parte, e gli oligarchi che sognano di poter mettere le mani sulle materie prime russe, dall’altra. Una lotta senza esclusione di colpi, come nella migliore tradizione delle guerre per il potere vero.

Nemtsov è solo una pedina mangiata in questa peculiare partita a scacchi. Chi vuole approfittare della crisi economica per mettere in un angolo Putin e magari ottenere un cambio al Cremlino sta ora giocando tutte le sue carte. Il crollo del barile, l’inflazione a doppia cifra, il pil in calo del 3%, il rublo svalutato contro l’euro di quasi l’80% negli ultimi due anni sono tutti tasselli di un contesto assai complesso da governare.

Alcuni sognano una nuova fase russa alla Eltsin: con un presidente alcolizzato e lucido per poche ore al giorno e totalmente nelle mani degli interessi degli oligarchi. Putin, con tutti i suoi limiti, incarna gli interessi della Russia e la sua popolarità lo certifica. Ma uno zar è sempre uno zar e qualcuno pronto a combatterlo sempre esisterà.

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