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De Benedetti ha cambiato idea su Google?

Quando il nemico non puoi sconfiggerlo, devi allearti con lui. È forse questo che ha spinto Carlo De Benedetti, il presidente del gruppo Espresso, da sempre in prima linea per rivendicare i diritti degli editori e criticare bigG, a venire a patti (commerciali) con Google.

LA COLLABORAZIONE

L’accordo siglato oggi tra Manzoni & C. SpA, concessionaria pubblicitaria del Gruppo Espresso, e Google riguarda la gestione della pubblicità digitale. Ecco in cosa consiste: “A partire da settembre 2015, Manzoni adotterà la piattaforma Doubleclick for Publishers di Google, strumento evoluto per la gestione, l’ottimizzazione e l’erogazione della pubblicità tradizionale e video online”, si legge in una nota ufficiale.

Manzoni utilizzerà la piattaforma Doubleclick Ad Exchange di Google inoltre per vendere in modalità programmatica alcuni spazi dei prodotti digitali Desktop, Mobile e Tablet non gestiti dalla propria rete commerciale. In altri termini – spiega un addetto ai lavori – la concessionaria del gruppo Espresso userà le piattaforme di Google per gestire i suoi spazi pubblicitari. Google verrà remunerata per l’utilizzo delle piattaforme con un fee che viene concordato con il partner e che non è pubblico.

L’accordo ufficializzato oggi segue quello annunciato a ottobre 2014 da Condé Nast per l’utilizzo della piattaforma Doubleclick ed altri della stessa tipologia con società minori di cui però non ci sono comunicazioni pubbliche.

LE STOCCATE DI DE BENEDETTI

De Benedetti si è sempre detto pronto a collaborare con Google ma la sua posizione nei confronti della società è stata molto critica finora. “Abbiamo tutti paura di Google. Anche io”: è l’11 giugno 2014 quando il presidente del Gruppo Espresso ammette di non essere in grado di fare concorrenza a Google e invita l’Ue ad imporre a Big G “le regole che si applicano a tutti gli altri”. Quali? De Benedetti preferisce parlare di “equity tax”, una tassa dell’equità,  per mettere fine ai trucchetti messi in atto dagli “over the top” per sfuggire al fisco.

La posizione dell’Ing. sulla cosiddetta Google tax è sempre stata chiara. Ad un neo eletto segretario del Pd Matteo Renzi, che dal palco chiedeva “al governo Letta, al presidente del Consiglio di eliminare ogni riferimento alla web tax e porre il tema dopo una riflessione sistematica nel semestre europeo”, il patron del gruppo Espresso rispondeva: “Google è un’azienda che ha portato molto beneficio e innovazione nell’ambito della navigazione su internet e in genere della conoscenza, ma non vedo per quale ragione debba essere esentata dal pagare le imposte quando ha un’organizzazione stabile in Italia, con la quale realizza fatturati e utili imponenti. Come le paghiamo tutti le imposte – prosegue – non si capisce perché non le paghi Google”.

IL DIALOGO TRA GOOGLE E GLI EDITORI

La querelle che vede contrapposti gli editori, decisi a chiedere una remunerazione per la divulgazione, anche parziale, dei contenuti delle pubblicazioni, dura da anni. Le richieste da parte dei Paesi europei hanno riguardato il rispetto del diritto d’autore e del principio di “proprietà del cliente”, lo stop all’elusione fiscale e una maggiore chiarezza sull’algoritmo che genera la classifica delle news.

L’INTESA

Ma a testimonianza che una forma di collaborazione tra bigG e gli editori è possibile, e lo sarà sempre più secondo molti addetti ai lavori, a fine aprile scorso è stata annunciata un’intesa tra Google e otto dei principali editori europei. L’iniziativa, che ha coinvolto i giornali Les Echos (Francia), FAZ (Germania), The Financial Times (Regno Unito), The Guardian (Regno Unito), NRC Media (Paesi Bassi), El Pais (Spagna), La Stampa (Italia) e Die Zeit (Germania), insieme con altre importanti organizzazioni che si occupano di giornalismo tra cui lo European Journalism Centre (EJC), il Global Editors Network (GEN), l’International News Media Association (INMA), ha preso il nome di “Digital News Initiative (DNI)”. L’obiettivo? Sostenere il giornalismo di qualità in Europa attraverso tecnologia e innovazione.

“E’ solo l’inizio del percorso e invitiamo altri a unirsi a no”, ha dichiarato presentando l’iniziativa Carlo D’Asaro Biondo, presidente Strategic Relationships di Google in Europa.

IL BOTTA E RISPOSTA TRA GOOGLE E LA FIEG

Ma in Italia il dialogo tra Google e gli editori si è spostato recentemente proprio sulla stampa, dove si sono alternate le richieste dal presidente della Fieg Maurizio Costa e le ragioni di Google.
In un’intervista rilasciata a La Stampa il presidente della Fieg ha invitato il colosso di Internet a sedersi a un tavolo per trattare i diritti degli editori, chiedendo anche che Google “paghi i nostri prodotti editoriali che immette nel suo sistema”.
“Pagarli? La nostra è solo promozione”, ha risposto Carlo D’Asaro Biondo. “Diciamo le cose come stanno. Google non ruba i contenuti a nessuno. Siamo stati e siamo sempre disponibili a trattare con gli editori, in Italia come in altri Paesi”.

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