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Tutti i mugugni dei dirigenti statali su pensioni e blocco dei contratti

Il 23 giugno la Corte Costituzionale giudicherà sulla legittimità del blocco della contrattazione collettiva nel pubblico impiego, confermato da tutti i governi che si sono avvicendati negli ultimi anni.

“Un futuro incerto per la Pa”

Tema che resta al centro dell’iniziativa delle associazioni rappresentative di manager dell’apparato statale. Tra cui la Confederazione autonoma dirigenti, quadri e direttivi della Pubblica amministrazione, promotrice – presso il Circolo Ufficiali dell’Aeronautica Militare a Roma – del convegno “Rinnovi contrattuali e previdenza” moderato dal giornalista Antonio Signorini.

L’esigenza dell’iniziativa è illustrata dal segretario generale della Confedir Stefano Biasioli: “Viviamo in un paese strano, che prima ha puntato sulla privatizzazione dei rapporti di lavoro pubblico e poi è tornata indietro trasformando i contratti pattizi in leggi e decreti dai contorni vaghi”. Altrettanto nebuloso a suo avviso è il futuro dei ruoli dirigenziali nella Pa, “alla luce della riforma intrapresa dal governo”.

La riduzione dell’autonomia contrattuale

Il grave errore del ceto politico, ha rimarcato l’ex presidente di Federmanager Giorgio Ambrogioni, è nel non concepire le classi dirigenti pubbliche e private come leva fondamentale per rilanciare la competitività dell’Italia. Per tale ragione “è necessario evitare lotte di retroguardia e far incontrare mondi divenuti bersaglio di legittimazione crescente”.

Tuttavia, ha affermato la responsabile della Direzione del comparto Contrattazione dell’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran), Elvira Gentile, la nuova stagione negoziale è ricca di rischi e incognite: “A fronte di una molteplicità di categorie lavorative coinvolte, vengono ridotte le materie toccate dalla contrattazione collettiva”.

La ragione del fenomeno va ricondotta al ruolo forte che il legislatore ha riacquistato rispetto all’autonomia delle parti sociali. Centralità di intervento provocata dalla crisi economica, dall’esigenza di revisione della spesa pubblica, dalla presenza di spinte corporative registrate nelle trattative per il rinnovo degli accordi: “Fattori che hanno concorso a introdurre elementi di rigidità come il blocco del turn-over e criteri severi di valutazione professionale”.

“Nessuno ha toccato i privilegi dei giudici”

Riflessione che trova risonanza nelle parole di Massimo Blasi, segretario confederale dell’organizzazione sindacale autonoma Cisal: “È sbagliato tagliare le varie tipologie di accordi per giungere a un unico contratto comprensivo di gruppi professionali molto diversi. E lo è il blocco della componente economica nel rinnovo degli accordi. A riprova che nel settore pubblico non si riescono a fornire le tutele più elementari per i lavoratori”.

Ciò nonostante, ha rilevato l’esponente sindacale, in altri comparti della Pa il “governo autoritario” di Matteo Renzi non ha mostrato coraggio innovatore. “Perché non ha intaccato lo speciale regime giuridico e retributivo dei magistrati: funzionari pubblici per cui non è previsto nessun elemento contrattuale nel rapporto di lavoro né parametri rigorosi di giudizio sulle performance professionali”.

“Fallita la privatizzazione del pubblico impiego”

Carenze e contraddizioni che presentano un’origine molto chiara per l’avvocato esperto di ricorsi per concorsi pubblici Domenico Tomassetti: “La privatizzazione del rapporto di lavoro nella Pa e il passaggio di competenze giurisdizionali dai Tribunali amministrativi regionali al Tribunale del Lavoro realizzati negli anni Novanta hanno tradito le attese”.

Spesso i giudici, evidenzia il legale, hanno mostrato di capire poco di un mondo del tutto differente rispetto alla realtà dirigenziale privata. “Perché le finalità dell’apparato statale e locale riguardano un prevalente interesse pubblico, e non commerciale”.

L’esito di un simile processo – osserva – è un calo di garanzie e tutele per i lavoratori dipendenti, a fronte di prestazioni qualitative non brillanti: “E così la politica ha prevalso nelle scelte dei responsabili degli uffici, con effetti nocivi per l’imparzialità della burocrazia”.

“Offensiva giudiziaria contro il decreto legge sulle pensioni”

Altro tasto dolente nelle rivendicazioni dei manager pubblici riguarda il capitolo previdenziale. Terreno di nuovi progetti di riforma all’indomani della sentenza della Corte Costituzionale che ha bocciato il blocco della rivalutazione delle pensioni superiori tre volte il livello minimo.

Decisione, ha detto l’ex Procuratore della Repubblica di Rovigo Dario Curtarello, che ha trovato “una risposta vergognosa da parte del governo”. Per questo motivo, se il decreto legge approntato dall’esecutivo per rimborsare una parte delle somme dovute verrà confermato dal Parlamento, il magistrato è pronto a promuovere una serie di ricorsi al giudice del lavoro e alla Corte dei Conti. Per approdare in ultima istanza alla Consulta stessa.

E non è esclusa un’istanza alla Corte europea dei diritti dell’uomo, per sanzionare una grave lesione del diritto di proprietà dei pensionati: “Le cui risorse vengono utilizzate in modo illegittimo per scopi assistenziali”.

“Colpire i veri privilegi”

Le rappresentanze dei manager pubblici sono pronte a una lunga battaglia giurisdizionale contro Palazzo Chigi. Gli stessi che – ha ricordato il giornalista del quotidiano il Giornale Antonio Signorini – vengono ritenuti un ostacolo per i progetti di cambiamento del governo Renzi, ma che esercitano un ruolo prezioso per portare a compimento quei percorsi.

La dirigenza della Pa, ha affermato il segretario della Dirstat Arcangelo D’Ambrosio, non può restare prigioniera di un quadro ibrido: “Vogliamo sapere se siamo soggetti pubblici o privati. Ma se dobbiamo venire ricompresi nella logica privatistica, allora rivendichiamo tutte le garanzie lavorative, contrattuali, previdenziali”.

Anziché “penalizzare i pensionati che hanno versato una vita di contributi frutto di lavoro”, l’esponente sindacale richiama l’esigenza di tagli rigorosi dei privilegi reddituali del ceto politico, dei grandi manager pubblici e privati di aziende fallite, dei pensionati baby.

“L’ambiguità del governo sui fondi pensione”

L’iniziativa legale prospettata dai responsabili dell’apparato statale e locale non resterà isolata. Analoghi ricorsi contro i rimborsi governativi vengono preannunciati da Michele Poerio, presidente di Federspev-Federazione medici, veterinari e farmacisti.

Ai suoi occhi peraltro, l’esecutivo è artefice di una misura altamente contraddittoria: “Da un lato reputa essenziale puntare sulla previdenza integrativa per irrobustire il futuro pensionistico dei giovani lavoratori. Dall’altro la penalizza inasprendo il prelievo fiscale sui fondi complementari e sulle casse autonome”. È un comportamento del genere, ha spiegato, che “ruba il destino alle nuove generazioni assieme alla precarietà economico-sociale”.

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